Viminale

Piantedosi, pugno di ferro su chi vuol far festa il 7 ottobre: come ferma chi vuole sfilare

Enrico Paoli

Nell’arsenale dei pro Pal, determinati comunque a marciare su Roma il prossimo 5 ottobre, nonostante il divieto di questura e prefettura, c’è un po’ di tutto. Dai cortei improvvisati, agli striscioni contro gli ebrei, passando per gli insulti a Israele e il governo Meloni. E chi non riuscirà ad arrivare a Roma, perché fermato ai caselli stradali o alle stazioni ferroviarie, dovrà bloccare le strade o le linee ferroviarie. La protesta del 5 ottobre, per i pro Pal, deve essere una sorta di intifada a casa nostra. Ragione più che sufficiente per preoccuparsi. Perché il rischio di azioni eclatanti, con l’avvicinarsi della data del 7 ottobre e la situazione di guerra aperta su più fronti in Medio Oriente, è quanto mai concreto. Non a caso gli apparati di sicurezza, dal ministero dell’Interno ai servizi d’intelligence, stanno ulteriormente innalzando le misure di protezione sui 205 siti sensibili presenti sul territorio italiano: luoghi di culto, scuole, sedi diplomatiche e di compagnie aree, esercizi commerciali. Dalle comunità è partito un grido di allarme dettato dalla «caccia all’ebreo» e da possibili atti contro «le istituzioni ebraiche».

L’intelligence italiana segue con attenzione l’evolversi della crisi mediorientale per i riverberi che potrebbero aversi anche sulla sicurezza nazionale. Ragione per la quale c’è un monitoraggio attento sugli ambienti a rischio estremismo ed anche sui social. Il tema sarà sul tavolo della riunione del G7 dei ministri dell’Interno in programma a Mirabella Eclano (Avellino) dal 2 al 4 ottobre. La prima sessione dei lavori, giovedì, sarà dedicata al tema della «sicurezza in relazione agli scenari internazionali in continua evoluzione».

 

 

E se tutto ciò può sembrare un ragionamento sui massimi sistemi, in realtà c’è una stretta connessione con l’annunciata protesta del 5 ottobre da parte dei palestinesi e dei loro fiancheggiatori. Il sentimento anti-israeliano è cavalcato dai gruppi antagonisti e dalle associazioni palestinesi e nelle manifestazioni degli ultimi giorni - in particolare a Milano, dove sono apparsi cartelli contro Liliana Segre ed il ministro della Difesa, Guido Crosetto - c'è stata un’intensificazione delle rimostranze che non sono tuttavia sfociate in scontri di piazza. Per la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, «è preoccupante che nelle città più importanti d’Italia si possa liberamente inneggiare al terrore e ai massacri». Il cordone di sicurezza sui siti sensibili è stato così potenziato. Gli occhi, ora, sono puntati sul corteo nazionale promosso da alcune associazioni palestinesi a Roma, sabato prossimo, per “celebrare” la ricorrenza del 7 ottobre («la data di una rivoluzione», scrivono nel lancio). La posizione del governo è chiara: non verrà offerta una “vetrina” a possibili atti violenti.

 

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