Lo strano caso dei salotti
Se la sinistra fulmina chi tocca la cultura
Torino, la mia città. La amo moltissimo, la sua bellezza struggente e misteriosa, la sua proverbiale riservatezza. Ma su questioni culturali è davvero insopportabile e più passa il tempo peggio è. Da vent’anni, forse più, la stessa classe dirigente, impermeabile al nuovo, inscalfibile nelle posizioni apicali, espressioni di un unico credo partitico (nemmeno politico che sarebbe già meglio), ovvero quel Pd che con pochi e anziani consensi continua a gestire il proprio fiore all’occhiello. E, onestamente, anche dove governa il centrodestra la linea resta appiattita sul non intervento, su una neutralità svizzera: inutile prendersi mal di pancia, assurdo aprire contraddittori. Se il mondo del lavoro, dell’industria, dell’imprenditoria muta a seconda delle stagioni, la cultura torinese non cambia e non cambierà, auguri a chi ci prova, incosciente e temerario, guardato con sospetto, etichettato come nemico pubblico. Meno male che l’Italia è lunga, ribatto spesso io, ma c’è chi alla propria origine ci tiene.
LA NOVITÀ
Storia di questi giorni. C’è un assessore della giunta regionale, si chiama Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia, quarantenne, colto, uno che si sforza non di cambiare le regole del gioco ma almeno di proporre uno sguardo alternativo alla vetusta e prevedibile sinistra. Oggi apre, seconda edizione, l’evento Giovani Adulti dedicato ai più giovani che abitano nelle periferie, quartieri sconosciuti dalla gauche.
Un piccolo festival coordinato dal collega Francesco Borgonovo, che ha invitato tra gli altri Beatrice Venezi, Giuseppe Cruciani, don Ambrogio Mazzai, Moni Ovadia, l’ex M5S Dino Giarrusso e Giulio Cavalli. Costa circa 100mila euro ed è cofinanziato dalla Regione Piemonte, un interessante esercizio di democrazia e di spirito alternativo contro cui la sinistra torinese ha tuonato: «Occhieggiano al neofascismo con temi come mens sana in corpore sano», secondo Gianna Pentenero, candidato Pd alla presidenza della Regione e stracciata da Cirio, per non parlare di un’altra pasdaran locale, Chiara Gribaudo, che parla di «nuovi Balilla». Poi ci sono quelli di Avs ma non vale neppure la pena citarli. Poco importa che l’offerta comprenda laboratori e attività ricreative (vi partecipai l’anno scorso con affluenza ed entusiasmo da parte di giovanissimi di culture e provenienze geografiche le più disparate), l’odio della sinistra si manifesta appena qualcuno di area diversa si permette anche solo di sfiorare il loro giocattolo preferito, quello delle prime teatrali, delle inaugurazioni dei musei e dei festival, i tagli di nastri per una mondanità peraltro rigida e ingessata. Di svolgere attività sociale nella suburbia poco importa, meglio però ignorarla piuttosto che lasciarla agli altri.
Su queste basi, dove da una parola in su si è tacciati di fascismo, lavorare diventa difficile, con la differenza che in passato la destra non ci provava nemmeno, mentre da un po’ di tempo si registrano tentativi quantomeno di provarci. La volgarità di certi attacchi, a dare dei fascisti a Ovadia o Cruciani ci vuole coraggio, trova comunque risonanza mediatica, ampliando ulteriormente la forchetta tra chi ha il diritto di occuparsi di cultura, di gestirla, indirizzarla e coloro ai quali tale opzione non è concessa. Per carità, il problema si registra anche altrove, però a Torino va peggio, sorridono sarcastici, soffiano aria di superiorità, snobbano e disprezzano. Chiunque dalla destra alzi la mano per richiedere il diritto alla parola viene messo a tacere, solo che ora non si può più ignorare, dunque tocca affilare le armi e gridare ancora una volta «al fascista, al fascista».
EPPUR SI MUOVE
Chissà cosa diranno nelle prossime settimane quando esordirà al Circolo dei lettori il festival Radici curato dallo scrittore Giuseppe Culicchia, un non allineato che un tempo riscuoteva simpatie anche a sinistra, dove saranno presenti, tra gli altri, Michel Houellebecq, Alain De Benoist, Irvine Welsh e Marco Tarchi. Anche questa iniziativa è targata Marrone, assessore alle politiche sociali, all’emigrazione e alla cooperazione internazionale, autentico animatore della cultura di destra a Torino. Sarà difficile gridare al neofascismo stavolta, anzi i segnali appaiono diversi: persino in Piemonte c’è vita culturale oltre la sinistra, oltre l’ideologia incancrenita e salottiera del rosso pallido. Bisogna osare sempre e non lasciarsi intimidire, nel frattempo un manipolo di ragazzi si sta trasformando in qualcosa di più complesso. La sinistra non ci sta, urla, sbraita e intanto perde posizioni, soprattutto sulle questioni sociali, e allora c’è da crederci e continuare, non è che il vento cambia ma almeno soffia da direzioni diverse.