L'intervista

Dossieraggio, Mauro D'Attis: "C'era una 'rete' di spioni, ormai è evidente"

Brunella Bolloli

A Palazzo San Macuto, sede della commissione parlamentare Antimafia, la parola d'ordine è: aspettare l'udienza del Riesame del 23 settembre, quella che riguarda i due principali indagati per il presunto dossieraggio ai danni del centrodestra, il finanziere Pasquale Striano e l'ex sostituto procuratore Antonio Laudati. «È nostra intenzione andare fino in fondo nella ricerca dei mandanti e del movente», rassicura Mauro D'Attis, deputato azzurro nonché vicepresidente di maggioranza dell'organismo parlamentare guidato da Chiara Colosimo.

Come intendete farlo?
«Noi abbiamo sempre detto che vanno sentiti tutti i protagonisti di questa vicenda. Come Forza Italia infatti abbiamo chiesto di audire Striano e Laudati, senza intralciare il Riesame, e poi siamo tutti d'accordo a risentire il procuratore Cantone che sta indagando e anche il procuratore Melillo».

 



Era prevista l'audizione di Giovanni Russo, attuale capo del Dap, già sostituto procuratore alla Dna. Perché non è stata calendarizzata?
«Sentiremo anche lui, certo. È stata solo posticipata di qualche giorno».

Come commissione Antimafia, però, avete un problema: il suo omologo del centrosinistra, il vicepresidente grillino Federico Cafiero De Raho, è stato a capo della procura nazionale Antimafia e Antiterrorismo, in pratica diretto superiore di Striano. Infatti per il suo collega senatore di Fi, Maurizio Gasparri, si deve dimettere subito.
«La richiesta di Gasparri è coerente. Io stesso ho posto la questione fin dall'inizio per ragioni di opportunità e rispetto istituzionale e poi, come dico sempre, basta vedere nei consigli comunali: lì vige la regola dell'obbligo di astensione dei consiglieri su vicende familiari che riguardano fino al quarto grado di parentela. In questo caso di De Raho siamo proprio al primo grado familiare: cioè a se stesso».

E perché in commissione Antimafia non vige l'obbligo di astensione come nella pubblica amministrazione?
«Siamo in Parlamento e non c'è una regola di questo tipo. Comunque io non ho mai posto una questione di pubblica accusa, cioè nessuno ha mai detto che De Raho non deve stare lì perché è colpevole di qualcosa. Abbiamo sempre detto che è imbarazzante e inopportuno che chi è citato nelle carte dell'inchiesta stia lì e partecipi alle sedute che riguardano questa inchiesta».

Inoltre la commissione non può audire un suo membro, vero?
«Esatto. Abbiamo già chiesto e ci è stato risposto di no. Così è stato deciso dai presidenti delle Camere. Capitò anche quando facemmo le sedute su via D'Amelio e sarebbe stato interessante sentire il senatore ex magistrato Scarpinato, ma non fu possibile. E questo è un problema. Un membro del Parlamento non può essere considerato soggetto esterno e quindi non può essere audito».

Anche se forse avrebbe molto da dire?
«Credo che l'onorevole De Raho, proprio in ragione della sua attività precedente, sappia moltissimo degli accadimenti che stiamo cercando di approfondire».

Cosa emerge da questa inchiesta-verminaio delle Sos?
«Che c'era una rete, un sistema dietro questo spionaggio, perché Striano non ha agito da solo ma in concorso con altri, questo è evidente. Bisogna capire se questo sistema è andato oltre, con quali finalità ha operato. Vanno scoperti i possibili mandanti e il movente».

Il Pd ha detto che la premier deve riferire in Aula se c'è un problema di sicurezza nazionale. Secondo lei?
«La commissione Antimafia è la "stanza" prima dell'Aula del Parlamento e già ci stiamo occupando noi del caso, in più si sta muovendo il Copasir e in parallelo c'è la giustizia. Nulla sarà lasciato al caso. Mi auguro che non sia fatta propaganda politica dall'opposizione perché essere spiati per chiunque non è piacevole, soprattutto per le più alte cariche istituzionali».