Alla frutta
Dossier, i compagni si inventano la faida tra ministri per nascondere lo spionaggio anti-centrodestra
Questa storia dei complotti sta facendo andare ai matti il centrosinistra e neanche a dirlo, la stampa anti-governativa si accoda inventando faide di Palazzo dove non ci sono. Oddio, può anche essere che al ministro Guido Crosetto la tiepida attenzione mostrata, mesi fa, da alcuni colleghi per i suoi timori di essere spiato non sia andata giù. Magari si sarà pure lamentato di essere stato poco ascoltato ai piani, c’è un colloquio avuto nel suo ufficio con il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, titolare dell’inchiesta sul presunto dossieraggio, che è stato spiattellato dal Fatto quotidiano sia in versione cartacea che on line in cui si cita la «mancata cooperazione» del titolare della Difesa con i vertici dell’Aise, il nostro servizio segreto per l’estero.
Ma tutto quello che doveva dire, Crosetto, l’ha detto. Anche parlando direttamente con i capi dell’intelligence dai quali avrebbe gradito, appunto, maggiore cooperazione. Il ministro andrà poi anche a riferire al Copasir, come previsto, per sgombrare il campo da ulteriori polemiche. In modo che il caso Crosetto-Aise sia chiuso una volta per tutte. In realtà, però, il caso non è questo. Non c’è un tema di “scontro istituzionale”, come qualcuno dell’opposizione vuol fare credere, tra Crosetto e i Servizi o tra Crosetto e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che ha la delega ai Servizi. Né c’è una faida per mancate nomine ai vertici della Finanza o delle aziende di Stato che abbia indotto uno dei mega manager delle medesime aziende statali a mettere in atto una macchinazione ai danni di Crosetto il quale, è la convinzione dei super complottisti da salotto, da ministro non ha accontentato tutti coloro che avrebbero voluto mantenere posizioni apicali di prestigio.
Insomma, non c’è una trama da spystory all’interno di Palazzo Chigi da far invidia ai maestri del thriller, ma c’è stato, questo sì, un lavoro di continuo accesso alle banche dati dei sistemi informatici riservati (Sos, Serpico, Siva) almeno da quando Guido Crosetto ha scoperto di esserne vittima e ha fatto un esposto alla procura di Roma. Da lì, l’apertura di un fascicolo, passato poi per competenza a Perugia, e l’emergere di quel «verminaio» di accessi fuorilegge di cui hanno parlato i procuratori Cantone e Melillo nelle loro audizioni in commissione Antimafia.
Visto che il presunto dossieraggio è stato compiuto praticamente solo ai danni di esponenti del centrodestra (oltre a sportivi e vip), per il centrosinistra e per i giornali a loro vicini non se ne parla. Oppure se ne parla poco e male: per paventare una fantomatica «spaccatura» all’interno della maggioranza. In un articolo di ieri Repubblica metteva in mezzo tutti: dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari agli alti dirigenti dell’intelligence, dal caposcorta della presidente Meloni, ai vertici di Aisi e Aise. Un’ammucchiata che vedrebbe complotti ovunque, grida alla cospirazione e che quindi sta «alzando attorno alla premier un muro di difesa». E poi, a un certo punto, viene tirato in ballo anche il generale di corpo d’Armata Luciano Carta, ex direttore dell’Aise, già a Leonardo, il quale ha dato mandato al proprio legale, l’avvocato Giorgio Beni,«di agire, in sede civile e penale, al fine di tutelare la sua immagine e la sua reputazione gravemente lese dal predetto articolo anche nella parte in cui riferisce il contenuto di un presunto apprezzamento fortemente offensivo nei confronti del mio assistito».
In sintesi. Per il centrosinistra c’è una lotta di potere ad altissimo livello alla base degli accessi abusivi compiuti dal finanziere Pasquale Striano, indagato in concorso con l’ex sostituto procuratore Antonio Laudati e altri (tra cui alcuni cronisti). Una vicenda di spie, 007 e vertici della Finanza. Per la procura di Perugia, che invece sta indagando, nonostante gli ostacoli e i tentativi di minimizzare il tutto, c’è stata una costante attività fuorilegge e un’incursione in banche date riservate. Chi l’ha fatto si sa, per conto di chi ancorano. Ma il lavoro degli inquirenti va avanti, così come quello della commissione parlamentare Antimafia, che a breve ascolterà Giovanni Russo e poi gli stessi magistrati che indagano.
Perché non è un film, ma è tutto vero: qualcuno ha spiato. Ora, caccia ai mandanti.