La nave spagnola
Open Arms, Matteo Salvini smonta il caso: ecco tutto quello che non torna
Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo l’aggiornamento di due capitoli del libro di Matteo Salvini “Controvento” pubblicato per Piemme da Mondadori Libri SpA nel 2024. L’aggiornamento, “Processo a un italiano”, ripercorre la vicenda della nave ong Open Arms. Questo dopo la richiesta del pubblico ministero di sei anni di reclusione per il vicepremier, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno. Il leader della Lega è accusato di sequestro di persona e di rifiuto d’atti d’ufficio. Il caso risale ad agosto 2019 (governo Cinquestelle-Lega, “Conte uno”): l’imbarcazione, dopo aver caricato a bordo 147 migranti in tre diversi interventi di fronte alle coste libiche, voleva sbarcarli tutti a Lampedusa. Il governo italiano si era opposto applicando il “decreto sicurezza bis”, vietandol’ingresso in acque territoriali. Sulla nave erano scattate proteste, la sinistra aveva tuonato contro il vicepremier ed era intervenuta la procura di Agrigento. Open Arms ha sbarcato gli stranieri a Lampedusa dopo 19 giorni.
Una nave spagnola di una Ong spagnola si dirige verso un punto preciso del Mediterraneo, davanti alle coste libiche, per intercettare un barcone carico di immigrati. L’operazione viene filmata casualmente da un sottomarino della Marina Italiana, che documenta come non ci fosse pericolo imminente. Eppure gli spagnoli agiscono di tutta fretta e si allontanano, senza aspettare le autorità, dicendo “no” a tutte le opzioni di sbarco. Dalla Tunisia a Malta, fino alla Spagna.
No, no, no. Portano a bordo altre persone, restano giorni in navigazione pur di far rotta verso la Sicilia, rifiutano l’aiuto di Madrid e de La Valletta. Vogliono l’Italia, solo l’Italia, fortissimamente l’Italia. Ecco la storia del processo a mio carico. All’epoca ero Vicepremier e Ministro dell’Interno. Dal primo agosto 2017 al 31 luglio 2018, con Marco Minniti del Pd al Viminale, gli sbarchi furono 42.700. Dal primo agosto 2018 al 31 luglio 2019, con me al Viminale, gli sbarchi furono 8.691. Dal primo agosto 2019 al 31 luglio 2020, con Luciana Lamorgese al Viminale (prefetto gradito al Pd) gli sbarchi furono 21.618. Ricapitolando. 42.700 sbarchi; 8.691 sbarchi; 21.618 sbarchi. Ovviamente, meno sbarchi significano anche meno morti e meno dispersi nel Mediterraneo. Con me al Viminale, rispettivamente -95% e -55% rispetto all’era Minniti.
Numeri che mi rendono orgoglioso. Da italiano, da politico e da padre di famiglia. Eppure, sono finito alla sbarra.
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Vi racconto questa storia incredibile. Il processo è iniziato per il voto del Parlamento. Dopo la crisi di governo che aveva provocato la rottura della Lega con il Movimento 5 Stelle, proprio M5S si era unito alla sinistra (Renzi compreso) per darmi in pasto alla magistratura. Un ministro alla sbarra, non per aver rubato, ma per aver rispettato il programma elettorale. È il 14 agosto 2019 quando la nave della Ong Open Arms, con 164 migranti a bordo, si posiziona davanti al porto di Lampedusa dopo aver bruciato intere giornate nel Mediterraneo, rifiutando ogni soluzione alternativa. Niente Tunisia, no a Malta, mai in Spagna. Solo in Italia!
Inizia il braccio di ferro con l’Ue e con l’allora premier Conte, a cui proprio negli stessi giorni la Lega aveva revocato la fiducia per le gravi inadempienze nell’agenda economica e di sviluppo infrastrutturale.
Mi pare doveroso ricordare quanto successo nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, quando il mio avvocato Giulia Bongiorno ha formulato domande a Marc Reig Creus, comandante di Open Arms che all’epoca dello scontro con il governo era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (ne uscì pulito).
Ecco la storia. Il 29 luglio 2019 Open Arms parte da Siracusa, salvo poi cancellare dal diario di bordo la destinazione dirigendosi al largo della Libia senza annunciarlo. «Perché?», domanda l’avvocato Bongiorno. «Perché così ci aveva ordinato l’armatore», risponde il comandante. Poco dopo viene intercettato proprio in quella zona un barchino in difficoltà. Un caso o un appuntamento? Il comandante assicura di aver voluto seguire le regole: eppure il primo agosto il governo italiano gli aveva notificato un divieto di ingresso nelle acque territoriali. Open Arms rifiuta di fare rotta verso la Libia, non chiede un porto sicuro al suo Stato di bandiera, ignora l’invito della Spagna a rivolgersi alla Tunisia, non accetta di far sbarcare i migranti a Malta.
Resta per 14 giorni nel cuore del Mediterraneo. Tanto che La Valletta la accuserà di «bighellonare». La penisola iberica sarebbe stata raggiunta – secondo Creus – in 60 ore. «Cercavamo il porto sicuro più vicino», insiste il comandante nell’aula bunker. Ma le norme sul soccorso in mare non prevedono che il porto sicuro sia quello più vicino, gli ricorda la difesa. E ancora. Il 9 agosto, quando Open Arms ha già a bordo i migranti intercettati in due diversi interventi – oltre alle 19 persone di equipaggio (tra cui due giornalisti) – viene fatto salire a bordo anche Richard Gere. Anche su questo punto il comandante non rileva stranezze, nonostante l’Ong lamentasse – proprio in quelle ore – condizioni estremamente difficili, a partire dal sovraffollamento.
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Attenzione alle date. Il primo intervento della Open Arms è del primo agosto; la nave resterà nel Mediterraneo fino al 20, e nei giorni precedenti aveva rifiutato di aiutare un’altra Ong che chiedeva di poter trasferire a bordo della nave spagnola alcuni immigrati. Strano concetto di solidarietà. «Il comandante non può decidere la destinazione», risponde Creus. Riassumendo: il primo agosto c’è il primo intervento in acque Sar (Search and Rescue) libiche. Madrid suggerisce di contattare la Tunisia. Open Arms non accetta. Il 2 agosto Open Arms prende a bordo altre 69 persone tra acque libiche e maltesi. Ma il porto sicuro (in gergo tecnico, il Pos, Place of safety) lo chiede all’Italia, che già le aveva vietato l’ingresso. Il 4 agosto resta in mare senza dirigersi verso la Spagna. Idem il 5 agosto, il 6 agosto, il 7 agosto, l’8 agosto, il 9 agosto. Ma in quest’ultima data fa capolino la star internazionale Gere con tanto di telecamere e fotografi al seguito.
Il 10 agosto, dopo un ulteriore intervento, Open Arms prende a bordo altri 39 migranti. Malta si offre di accoglierli, ma il comandante rifiuta di farli scendere per paura di scontri a bordo – così racconta – e si avvicina invece a Lamepusa. Ci rimane il 10 agosto. E anche l’11, il 12, il 13. Dal 14 agosto, nonostante nel frattempo Madrid maturi la decisione di dare un porto sicuro, scatta l’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per Salvini. Lo sbarco avviene solo il 20 agosto. Ovviamente in Italia. Nonostante non fosse loro competenza, le autorità italiane hanno assicurato in tutti questi giorni la massima assistenza alla nave, occupandosi di evacuare i migranti bisognosi di cure. Nessuna delle altre persone abordo dovrà ricevere particolare assistenza medica dopo lo sbarco; gli esperti hanno detto a processo chele condizioni generali erano discrete, anche perché i casi più gravi erano già stati soccorsi. Aggiungo: in caso di problemi medici o sanitari, sono altre autorità a poter concedere lo sbarco e non più il Viminale.
Detto brutalmente, in caso di problemi di salute il ministero dell’Interno non avrebbe potuto evitare lo sbarco nemmeno se avesse voluto (per chiarire: mai e poi mai avremmo sottovalutato problemi di salute). Nelle stesse ore in cui il comandante rilasciava imbarazzanti dichiarazioni nell’aula siciliana, Medici Senza Frontiere denunciava: «In 113 ancora su Geo Barents dopo 12 giorni». Dodici giorni. Più di quelli contestati a me.
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Non risulta che il ministro dell’Interno dell’epoca, Luciana Lamorgese, sia stata denunciata. Voglio essere specifico, elencando episodi che non risulta abbiano fatto scattare qualche procura: 1. Caso Ocean Viking: sbarco a Lampedusa il 14 settembre 2019, dopo 4 giorni dalla prima richiesta di Pos inoltrata all’Italia. Non mi risulta siano stati aperti procedimenti penali per reati ministeriali (formula ripetuta al termine di ogni punto, ndr); 2. Caso Ocean Viking: sbarco a Messina il 24 settembre 2019; 3. Caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo il 30 ottobre 2019; 4. Caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo l’11 agosto 2021; 5. Caso Ocean Viking: sbarco a Pozzallo il 6 maggio 2022; 6. Caso Sea Watch 4: sbarco ad Augusta il 17 maggio 2022; 7. Caso Geo Barents: sbarco ad Augusta il 19 maggio 2022; 8. Caso Geo Barents: sbarco a Taranto il 6 agosto 2022; 9. Caso Open Arms 1: sbarco a Messina il 27 agosto 2022; 10. Caso Geo Barents: sbarco a Taranto l’8 settembre 2022; 11. Caso Humanity 1: sbarco a Taranto il 22 settembre 2022; 12. Caso Geo Barents: sbarco a Taranto il 30 settembre 2022; 13. Caso Ocean Viking: sbarco a Tolone (Francia) l’11 novembre 2022.
Tornando alla Open Arms: se avesse avuto come obiettivo primario la salvezza degli immigrati, in ogni caso avrebbe dovuto rispettare le istruzioni di Malta e consentire lo sbarco dei 39 migranti del terzo evento del 9 agosto 2019, anziché rifiutarne lo sbarco a terra; anche in questo caso avrebbe potuto finalmente raggiungere la Spagna in seguito al terzo evento, entro due giorni di navigazione con le condizioni meteo marine favorevoli, piuttosto che girare intorno a quello specchio d’acqua tanto da essere censurata per iscritto da Malta (...).
Ci sarebbe da sorridere, se non fossero emersi altri elementi che avvicinano il mio processo a certe pagine, perlomeno opache, della storia del nostro Paese. In particolare, nell’udienza del dicembre 2022 è emerso un fatto completamente nuovo. Si scopre che le procure siciliane, la procura di Roma e quella militare sapevano che Open Arms era riuscita a intercettare il barcone di immigrati in acque libiche grazie a una soffiata. Un’informazione di chi? Un soggetto ignoto. Un soggetto ignoto in grado di suggerire l’esatta posizione del barcone? Curioso... Era uno scafista? Il dubbio è lecito e i dati oggettivi fanno rabbrividire. Perché con 3 annidi ritardo siamo venuti a conoscenza che esistevano foto, video e registrazioni della Ong, immortalata da un sottomarino della Marina italiana.
La sua esistenza era emersa in un’udienza del processo Open Arms grazie alle dichiarazioni del dirigente del Viminale Fabrizio Mancini. Egli aveva confermato la presenza del sommergibile Venuti della Marina. Il primo agosto 2019 l’unità subacquea aveva ripreso, fotografato e registrato Open Arms e il barcone carico di 50 migranti. Parole – quelle di Mancini – che avevano fatto attivare la procura, con tanto di richiesta ufficiale alla Marina: esiste un’informativa? Se sì, perché non è stata trasmessa?
Risposta: esiste ed è stata trasmessa. Una rivelazione fondamentale. Significa che in quell’agosto 2019 c’erano dei sospetti sull’attività della Ong, informazione che però non era arrivata sul tavolo del Tar che poco dopo aveva deciso di bocciare il provvedimento che vietava l’ingresso della nave in acque territoriali italiane. Il Tar aveva ritenuto non ci fossero ombre sulla condotta della Ong. Invece l’informativa avrebbe potuto riscrivere la vicenda: emerge che due persone, di cui una «probabilmente a bordo» della Open Arms, parlavano in spagnolo e che verosimilmente si trovavano a poca distanza l’una dall’altra. Fatto sta, si legge, che dopo questo dialogo Open Arms aveva cambiato rotta senza motivo apparente: guarda caso, si era avvicinata al punto esatto dove era presente un barchino con dei migranti. È lecito pensare che il materiale potrebbe provare la presenza di scafisti e di comunicazioni rilevanti con la Ong.
Il fascicolo è rimasto chiuso in qualche cassetto nonostante fosse stato segnalato alle procure di Catania, Siracusa, Ragusa, Messina, Palermo, Agrigento, Sciacca e Roma. Eppure né il Tar, né la mia difesa, né il Gup, né il Parlamento – che poi decise di mandarmi a processo! – hanno potuto visionare un materiale così rilevante e che può riscrivere la storia di un processo. Un episodio gravissimo che in un Paese normale provocherebbe ondate di indignazione. Il tutto senza dimenticare gli intendimenti di alcuni importanti magistrati italiani: mi riferisco a quanto emerso e riportato dai media con riferimento al procedimento pendente a Perugia a carico del dottor Luca Palamara, ex componente toagato del Consiglio Superiore della Magistratura e leader dell’Anm. Cito la conversazione che riguardava proprio le iniziative che stava assumendo nei miei confronti la procura di Agrigento da cui è nato il processo che oggi si sta celebrando. Paolo Auriemma: «Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la procura di Agrigento.
Questo dal punto di vista tecnico al di là del lato politico. Tienilo per te, ma sbaglio?». Palamara: «No, hai ragione. Ma ora bisogna attaccarlo». Tra le realtà più attive nel campo dell’accoglienza c’è l’Ong Mediterranea di Luca Casarini. Parliamo di un noto esponente dei centri sociali del Nord-Est e odiatore delle forze dell’ordine. Recentemente ha confessato di aver scoperto il suo essere cristiano. Ma tu pensa! Lo ha riferito al quotidiano Avvenire, che ha pubblicato un’intervista da cui si evince che il Papa in persona lo aveva invitato all’assemblea dei vescovi. Ignoro se un simile onore abbia indotto l’estremista a stappare un’ottima bottiglia, come prometteva in alcune intercettazioni in cui sosteneva: «Domani a quest’ora potremmo essere con lo champagne in mano a festeggiare perché arriva la risposta dei danesi. Abbiamo svoltato e possiamo pagare stipendi e debiti». Queste frasi erano riportate in alcune registrazioni finite nell’inchiesta della procura di Ragusa sulla Ong Mediterranea e la sua nave Mare Jonio. Conversando con Alessandro Metz, armatore insieme a Casarini della Mediterranea, l’ex tuta bianca gongolava per il cospicuo finanziamento da parte della Maersk, la compagnia proprietaria della nave che aveva salvato un gruppo di 27 naufraghi per poi trasferirli sulla Mare Jonio. La procura ha acceso i riflettori su un bonifico da 125mila euro, ma al di là di quanto emergerà ho ragione di credere che le fonti di finanziamento a favore delle realtà come quella di Casarini siano numerose (...).
Di amici le Ong ne hanno molti. In Germania hanno dato vita aun fondo che ha raccolto donazioni anche per finanziare la difesa di Carola Rackete. Parliamo della tedesca, attuale europarlamentare, che entrò in un porto italiano con la sua Sea Watch 3 speronando una nave della Guardia di finanza. Parlavamo del fondo creato a Berlino per sostenere le Ong: dal 2020 sarebbero transitati quasi 2 milioni. Il tutto senza dimenticare provvedimenti come quello di novembre 2022: Berlino ha concesso un finanziamento triennale di 6 milioni per alcune Ong (...).
Berlino non brilla per collaborazione nei confronti del nostro Paese sul fronte dei ricollocamenti. (...) Facendo un salto indietro, solo nel 2014 le navi mercantili avevano soccorso 42mila persone sulle 170mila portate in salvo nel Mediterraneo. Era successo dopo la conclusione dell’operazione Mare Nostrum. Ecco perché le società erano immediatamente corse ai ripari, mettendo mano al portafogli e facendo ricche le Ong, tanto che nel 2015 le persone soccorse dei mercantili erano state 15mila su quasi 154mila soccorsi complessivi (...). All’appello dei finanziatori delle Ong non mancano altre realtà: il comune di Barcellona si è costituito parte civile nel processo di Palermo contro di me, perché è uno dei finanziatori della Open Arms.
Le Ong contano perfino su alcuni piccoli aerei privati per il pattugliamento dei mari davanti alla Libia. Peraltro, come già visto per alcune imbarcazioni, anche questi velivoli ometterebbero di indicare la zona di effettivo sorvolo, così da evitare la potenziale mancata autorizzazione al decollo. Aggiungo che molte delle navi Ong non sono omologate per le operazioni di salvataggio (...).
In questo quadro il governo italiano si trova a dover operare anche in un clima interno tutt’altro che semplice. Non mi riferisco solo all’impostazione molto faziosa di gran parte di stampa e tivù, roccaforti del Pd, ma anche alle posizioni di alcuni magistrati (caso Palamara, ndr). (...) Nelle stesse ore una toga scendeva in piazza per attaccarmi. Molo di Catania. Al largo delle coste siciliane galleggiava la nave Diciotti con alcuni immigrati a bordo. I centri sociali si erano mobilitati per insultare la polizia. Tra loro il giudice Iolanda Apostolico, diventata famosa nel 2023 per aver bocciato il decreto Cutro con l’effetto di rimettere in circolazione alcuni clandestini che il governo Meloni aveva deciso di trattenere nei centri per le espulsioni.
Sono certo che a Palermo i giudici saranno certamente più equilibrati. D’altronde, per un caso analogo a quello Open Arms, sono già stato assolto a Catania. “Non luogo a procedere” per aver rallentato lo sbarco di alcuni immigrati dalla nave Gregoretti. Per il gup “il fatto non sussiste”. Perfino i pm avevano chiesto il non luogo a procedere. Era il maggio 2021. Io amo ricordare l’articolo 52 della Costituzione. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. L’ho fatto e lo rifarei.