Carta canta
Silvio Berlusconi, prima indagine post-mortem: una notizia due volte clamorosa
La notizia è due volte clamorosa. Una prima volta, perché il tema “Silvio Berlusconi” è entrato con tutti gli onori in uno studio scientifico-politologico presentato per la prima volta tre giorni fa presso l’Università di Trieste: e dunque lui, il Cav, guardato spesso con sospetto – e con immotivata sufficienza – da parte dell’accademia italiana, si prende oggi una rivincita postuma che certamente gli strapperebbe un sorriso. E una seconda volta, perché il paper (realizzato da Enrico Ubiali, Eugenio Bagnini, Lorenzo Ferri) certifica un caso più unico che raro di “leadership post mortem”.
Il titolo del lavoro è proprio questo, infatti: «Valorizzare la memoria della leadership post mortem di Silvio Berlusconi: il caso della fanpage Instagram più attiva “archiviosilvioberlusconi”». Tutto nasce dal citato account Instagram, ideato e gestito fin dal 2013 da uno dei tre curatori della pubblicazione, Lorenzo Ferri, che raccoglie materiali scritti e audiovideo di eccezionale interesse sulla parabola personale, imprenditoriale, sportiva e naturalmente politica del Cav.
La community che segue la pagina è stata sottoposta a un questionario assai articolato dal quale emergono elementi tutto sommato prevedibili (il fascino e il carisma tuttora esercitati dalla figura del Cav, una dose elevata di rimpianto affettuoso nei suoi confronti, una forza di attrazione sia verso chi – più grande di età – lo ha votato almeno una volta, sia verso i più giovani che non hanno fatto in tempo a farlo) ma anche alcune altre notazioni francamente meno scontate, e cioè il fatto che intorno alla memoria del Cav possa consolidarsi uno spazio politico non solo “commemorativo”, ma dotato di una significativa proiezione nel futuro.
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Del resto, che il Cav abbia continuato a “vincere” anche post mortem è abbastanza chiaro: si pensi al notevolissimo successo dell’importante libro di Paolo Del Debbio della scorsa primavera sul profilo programmatico della Forza Italia del 1994 (e sulla sua attualità), così come al lusinghiero risultato elettorale raccolto da Forza Italia alle Europee del giugno scorso. Naturalmente, su questo secondo piano, nessuno può sapere quale sia l’esatto “dosaggio” tra il consenso alla linea attuale di Fi e un voto – invece – più legato alla tradizione e all’affetto verso la persona di Silvio Berlusconi (che, come ricorderete, era molto presente attraverso immagini e foto nella comunicazione degli azzurri anche nei mesi scorsi). Ad esempio, il campione interpellato nella ricerca è diviso più o meno a metà rispetto all’effettiva continuità programmatica, politica e valoriale di Fi nella fase post-Cav: il 54,5% è convinto che questa continuità ci sia, mentre il 45,5%, decisamente più critico, sostiene esattamente il contrario.
Praticamente la totalità degli interpellati esprime il forte desiderio di una valorizzazione contemporanea della memoria di Berlusconi, in termini istituzionali o attraverso una fondazione o magari una realtà museale a lui dedicata. Ma in ogni caso – inutile girarci intorno – il perdurare di una simile onda di affetto e ammirazione rende interessante anche la prospettiva futura di uno spazio politico propriamente detto. Il vero enigma è come riempirlo, anche perché la lunga parabola berlusconiana offre suggestioni assai differenti tra loro: ci sono state fasi in cui un Berlusconi elettoralmente fortissimo (e ben assistito culturalmente da figure come Antonio Martino e Paolo Del Debbio, e più avanti da pochissime altre) aveva scelto le parole d’ordine della “rivoluzione liberale”.
Ahinoi, poco realizzata, come si sa: ma quei messaggi disponevano comunque di una potenza e di una freschezza che li renderebbero meritevoli di essere testati in una nuova stagione. Penso alla battaglia liberale e liberista contro le tre oppressioni (fiscale, giudiziaria, burocratica), alle campagne anti-tasse, a un forte coraggio e all’assenza di complessi di inferiorità verso il vecchio establishment istituzionale, finanziario e culturale. Mentre ci sono state altre stagioni (in genere, quelle di minor consenso elettorale e di maggiore assalto giudiziario contro di lui) in cui il Cav si adattò a una linea decisamente meno ambiziosa, più interna al perimetro dei palazzi romani, tra sostegno a governi tecnici e di larga coalizione e un meno eccitante moderatismo.
Da cosa ripartire, eventualmente? L’opinione di chi scrive (irrilevante, ovviamente) sarebbe orientata verso la prima ipotesi: il tempo in cui viviamo richiede idee forti più che grigio moderatismo fine a se stesso. E a volte sfugge dove siano questi presunti elettori “moderati” di cui tanto si parla su alcuni giornali: al contrario, sia gli elettori attuali di centrodestra sia molti astenuti – altro che moderati! – sono in cerca di risposte più forti, di cambiamenti profondi, non certo di versioni “light” delle proposte politiche del Pd o della sinistra cosiddetta riformista. In altre parole: servono politiche duramente liberali, non “liberal” (parola che vuol dire: di sinistra).
Ma questo è per definizione il campo delle opinioni e delle valutazioni soggettive, oltre che delle inclinazioni personali e delle preferenze culturali. Certo che – comunque la si pensi – c’è da augurarsi che sui tavoli che contano, a Milano e Roma, sia i familiari del Cav che ne stanno onorando la memoria sia i vertici politici di Forza Italia abbiano il tempo di studiare la bella ricerca di Ubiali, Bagnini e Ferri. Dal tesoro racchiuso in quelle pagine potrà solo venire qualcosa di buono e utile.