FdI picchia duro

Michele Emiliano, compagni e sofà: i fratelli vincono il bando per gli arredi in Puglia

Annarita Digiorgio

Quarantunomila euro per quattro tavolini rotondi, due divani da due posti similpelle, tredici sedie, due tavolini d’attesa, un forno a microonde, un frigo da incasso a due porte, un mobile di servizio su misura, quattro divanetti con struttura in legno e rivestimento in ecopelle, quattro poltrone con strutture in legno e due tavolini. È l’arredamento che la Emiliano srl, ditta di proprietà dei fratelli del governatore della regione Puglia, ha consegnato all’ente pubblico perla sala d’attesa della biblioteca del Consiglio regionale pugliese. A insaputa del governatore. Ma non dei suoi due fratelli, Simonetta ed Alessandro, che, ignorando ogni principio di opportunità, hanno partecipato alla chiamata diretta del Consiglio regionale, senza avvisare il fratello grande. Un bando su invito, rivolto inizialmente a tre ditte. Due delle quali non hanno partecipato. Ha presentato l’offerta, e si è quindi aggiudicata l’appalto, solo la ditta dei fratelli del governatore dem, Simonetta e Alessandro. Con un ribasso dell’1%.

Michele, precisa, non ne sapeva niente. Come non sapeva niente della tangente presa da Mario Lerario (l’uomo che aveva nominato a capo della protezione civile regionale e della gestione covid), per le strutture contro il rischio idrogeologico. Come non sapeva nulla dell’ospedale Covid in Fiera del Levante, passato in procedura d’emergenza da 9 a 25 milioni di euro, più altri 5 per essere smantellato.

 

 

Come non sapeva di Sannicandro, Pisicchio, Borzillo, Maurodinoia, e tutti i suoi fedelissimi ora inseguiti dalla Procura. Il fiuto del pm lo ha perso da tempo, e lui non sa ciò che accade nei suoi uffici. Ragion per cui tra tutti gli scandali che riguardano appalti e nomine intorno alla regione Puglia, lui non risulta indagato. Emiliano decide, crea alleanze, tesse rapporti, sceglie candidati, liste, assessori in ogni comune della Puglia da Santa Maria di Leuca a Margherita di Savoia, ma non sa cosa avviene nella sala d’attesa della biblioteca del Consiglio regionale.

E non sa dove lavorano i fratelli. E non lo sapeva neanche la povera funzionaria che ha firmato la determina, Rosamaria Falcone, che all’Adnkronos si dice dispiaciuta di questa bolla mediatica: «Quell’azienda è leader nel settore. Ma non sapevo che fosse dei fratelli del governatore». In effetti l’azienda si chiama Emiliano srl, ma come poteva pensare a una parentela anziché omonimia? «Dal punto di vista della legittimità dell’atto, non c’è stato nessun veto» si difende la funzionaria, «ho usato tutte le accortezze e fatto tutte le verifiche del caso». Tranne aprire il sito emilianoarredamenti.it dove si legge: «Fondata nel 1969 da Giovanni Emiliano». Ma la signora Falcone è calabrese, e quindi, a differenza di tutti i pugliesi, non ha mai sentito il governatore Michele parlare del suo papà Giovanni e della sua azienda di mobili e frigoriferi. La funzionaria, dopo aver invitato a partecipare alla gara la Emiliano srl, tra migliaia di aziende di mobili, spiega che «una volta disposto l’atto è passato al servizio segreteria...».

E anche qui a nessuno è venuto in mente che non potesse trattarsi di semplice omonimia. Il primo a contestare la vicenda è stato il consigliere regionale di Fdl Tommaso Scatigna: «È una vicenda quasi surreale perché evidenzia il livello di onnipotenza di Emiliano. Le regole basilari di rispetto dell’opportunità vengono meno». «Ma è mai possibile che tutti scendano dal pero?» si chiedono dal gruppo Fratelli d’Italia in Regione. «Nessuno sapeva che si era fatta una ricerca di mercato chiamando a partecipare l’azienda di famiglia del governatore, tenuto conto che la società si chiama proprio Emiliano srl? Ed è mai possibile che due aziende non rispondano e risponda solo la Emiliano srl proponendo un ribasso dell’1%?».

«Emiliano tiene famiglia» dice il senatore Ignazio Zullo (Fdi), «e non fa altro che occuparsene, così dopo aver sistemato nel 2015 la sua compagna all’interno della Regione, anche i fratelli possono godere della vittoria di un appalto. Il presidente ha usato la più classica delle scuse, “non sapevo nulla”, e non capiamo se, dopo aver gestito la Regione come un padre padrone, ci prenda in giro o se non si renda conto che non sapere come vengono spesi i soldi dei contribuenti sia grave allo stesso modo. Dalla sinistra ovviamente arriva solo un silenzio assordante, sempre tanto solerti a puntare il dito e denunciare quando gli avversari fanno qualcosa che non li convince, quanto servizievoli quando questi scandali sono i loro compagni di partito a compierli».