Campi larghi
Sondaggi, Masia e Noto: "Per vincere, Schlein ha bisogno di Renzi"
Matteo Renzi tre mesi fa ha fallito l’obiettivo di farsi eleggere all’Europarlamento ma, siccome è abilissimo, è riuscito a fare in modo che dal giorno dopo non si parli d’altro che del suo ritorno nel centrosinistra. Elly Schlein ha la porta aperta e ha stretto accordi di coalizione con lui per le imminenti elezioni in Emilia-Romagna e Umbria, ma i grillini non lo vogliono e hanno eretto dei muri in Liguria, bloccando a lungo l’investitura del dem Andrea Orlando.
Nello scorso fine settimana la candidatura dell’ex ministro pare decollata, ma ancora sono indefiniti i confini del campo largo chiamato a sostenerla. Di certo ne fanno parte il Pd, M5S, Alleanza Verdi-Sinistra. Anche Azione ha dato il via libera, forse. Carlo Calenda avrebbe forzato la mano e scontentato i suoi autorevoli dirigenti, Enrico Costa e Maria Stella Gelmini, che in nome del garantismo si oppongono ad appoggiare chi in piazza chiedeva le dimissioni di Giovanni Toti.
Poiché sono Regionali, conta il territorio e pare abbiano prevalso i calendiani liguri, peraltro di provenienza dem, anche se il leader di Azione è imprevedibile e nel campo largo nessuno è certo che terrà il punto fino al voto.
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NODO DA SCIOGLIERE
Ma l’uomo che fa notizia è sempre Renzi. Orlando attende che il Pd nazionale concluda l’accordo con Italia Viva. L’ex rottamatore spinge e pare disposto a inconsueti bagni d’umiltà. Si è detto pronto ad abbandonare la maggioranza del sindaco Marco Bucci, a Genova, e ad accettare la condizione, posta da Conte, di rinunciare al proprio simbolo e annegare i suoi candidati nelle liste del campo largo. Nel capoluogo lo sforzo è minimo, perché i renziani non sono decisivi e due su tre non sarebbero disponibili a seguire le indicazioni del partito. Comunque conta il segnale. Ora tocca a Schlein la mossa decisiva.
La partita ligure ha riflessi nazionali perché ripropone a sinistra il tema, sul quale Enrico Letta ha fallito alle Politiche del 2022, riuscendo a dividere in tre il fronte. Il tema è se, viste la totale avversione dei grillini verso Renzi e il forte astio che molti elettori piddini provano tuttora verso di lui, l’ex segretario dem oggi porti voti o ne tolga al campo largo della sinistra. Domanda per sondaggisti. «Renzi copre la parte moderata dell’elettorato progressista, che Schlein non riesce a rappresentare» spiega Fabrizio Masia di Emg Different.
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«Porta quel 2-3% che altrimenti in Liguria, dove è forte il voto civico, se ne andrebbe dall’altra parte e quindi in realtà vale il doppio di quel che pesa». Certo, imbarcarlo può avere un effetto negativo: alcuni elettori di M5S potrebbero scegliere la lista del grillino transfuga Nicola Morra, ma sono elettori che comunque, a differenza di quelli renziani, non andrebbero a destra. «Conte deve scegliere se prendere più voti come partito ma non vincere come coalizione o sacrificarsi per aumentare le possibilità di vittoria del campo largo» conclude Masia. Un dilemma, visto che, causa le tensioni tra il leader e Beppe Grillo, M5S è a rischio spaccatura e quel che è accaduto a Genova potrebbe poi succedere a livello nazionale.
Per Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi, la candidatura di Morra è invece più che altro «una provocazione, un segnale che Grillo vuol dare a Conte, per fargli capire che ogni volta che si allea con il Pd perde voti». Il sondaggista è persuaso che «l’avversione a Renzi è la sola cosa che unisce Beppe a Giuseppe» e che «lo zoccolo duro dell’elettorato dem non si fida del suo ex segretario», ma attribuisce al fu rottamatore «un consenso personale, non ideologico, di almeno il 2,5%» di elettori che lo votano ovunque si collochi. È il dato da cui partire per risolvere l’algoritmo del miglior assetto possibile per la sinistra in Liguria.
L’EFFETTO TOTI
Certamente l’apertura a Renzi darebbe una patina di novità alla candidatura di Orlando, il cui difetto principale è quello di riproporre in Liguria una sinistra vecchio stile, quando invece la maggioranza degli elettori, pur gradendo un segnali di discontinuità, ha un giudizio positivo sul nuovo ruolo che il governo Toti ha dato alla Regione. Ed è proprio sul concetto di discontinuità che nel centrodestra si sta giocando la partita per individuare il candidato che sfiderà Orlando. Fratelli d’Italia e il mondo vicino a Toti spingono per Ilaria Cavo, già assessore del presidente e ora in Parlamento con Noi Moderati, ma la Lega e Forza Italia ritengono sia necessaria una figura più distante dal governatore uscente. E così l’indicazione del prescelto si allontana...
Ma guai a sottovalutare l’effetto Toti. «In Liguria per la prima volta un indagato ha alzato la voce e questo ha trasformato la vicenda da giudiziaria a politica, riducendo l’effetto negativo nell’urna dell’inchiesta» spiega Noto. «Molti» aggiunge Masia «ritengono che con gli arresti prolungati di Toti si sia calcata la mano e questo annulla la portata negativa sul centrodestra di un voto anticipato per cause giudiziarie».