L'intervista
Liguria, Marco Bucci: "Darò tutto me stesso per fermare l'avanzata dei signori del 'No'"
«Darò tutto me stesso per sostenere il candidato del centrodestra in questi due mesi di campagna elettorale. Sarò al suo fianco, mi spenderò, parteciperò con lui a innumerevoli occasioni».
Ma chi sarà il prescelto, sindaco?
«I nomi sul tavolo sono noti. Tempo quattro-cinque giorni e la decisione sarà presa, comunque entro la fine della prossima settimana».
I nomi sono quelli del suo vicesindaco, Pietro Piciocchi, e di Ilaria Cavo, l’ex assessore regionale di Giovanni Toti alla Cultura, oggi in Parlamento con Noi Moderati?
«Questi due, sì. Ma nessuno in politica può escludere sorprese dell’ultima ora, io stesso lo fui la prima volta come candidato sindaco nel 2017».
Indiscrezioni giornalistiche riportano che lei avrebbe una preferenza per Piciocchi...
«Normalmente smentisco i giornalisti, e lo faccio anche stavolta. Non ho preferenze: mi preme solo che sia una scelta condivisa e che porti al risultato».
Se non fosse convinto del candidato lo direbbe?
«Nel giro di tre secondi».
I sostenitori della Cavo sostengono che abbia il vantaggio della notorietà, in una campagna elettorale così breve. Che ne pensa?
«È vero, ma quando io vinsi la prima volta nessuno mi conosceva. Sono molteplici i fattori che devono orientare una scelta».
Lei comunque è al tavolo delle trattative o fa da spettatore?
«Qui in Liguria sono tra i protagonisti delle trattative. D’altronde, il prossimo presidente della Regione dovrà collaborare strettamente con me, con tutte le cose che ci sono da fare. Per questo mi sento molto coinvolto da queste elezioni: il Liguria Dream non va fermato».
È vero che hanno insistito molto perché si candidasse lei?
«Molti cittadini me l’hanno chiesto, e lo hanno fatto anche i partiti. Mi sarebbe piaciuto ma ho subito risposto di no per due ragioni: ho preso un impegno con i genovesi fino al 2027 e sarebbe un tradimento non rispettarlo e poi non godo di ottima salute e non potrei garantire il mio impegno assoluto per i prossimi cinque anni. Candidarsi pertanto avrebbe significato prendere in giro gli elettori».
Marco Bucci, il sindaco di Genova, l’uomo che con l’ex presidente Giovanni Toti ha preso per mano la città e la Liguria e ha cambiato faccia a entrambe, «progettando il futuro», come dice lui, ha una sola preoccupazione: che la Regione cambi guida, e quindi filosofia, che arrivi qualcuno senza visione, che fermi lo sviluppo del territorio proprio sul più bello.
«Dopo trent’anni di decrescita, Genova è tornata a risalire anche come numero di abitanti» spiega. «Siamo diventati 566mila, ma se contiamo quelli che per lavoro dormono qui almeno 4-5 notti, saliamo a 652mila. In sette anni abbiamo creato 40mila nuovi posti di lavoro, non solo ingegneri e portuali, grazie ai cantieri, ma anche operai specializzati, medici, infermieri, perfino fornai. Dicono che la sanità ligure sia un problema: abbiamo creato poli d’eccellenza». Anche il prodotto interno lordo è salito molto: il 7% in sette anni. Certo, merito delle opere pubbliche, delle navi, ma anche del turismo. «Ad agosto sono rimasto a Genova» racconta il sindaco. «La città non si è svuotata, i genovesi erano in vacanza ma era pieno di turisti, molti negozi sono rimasti aperti. E poi, i cantieri non si sono mai fermati».
Sindaco, ha detto che non si è candidato in Regione per problemi di salute e la sua operazione, prima delle ferie, ha fatto preoccupare i genovesi. Come sta adesso?
«La prossima settimana ho le ultime due sedute di radioterapia, la ventinovesima e la trentesima. Nessuna nuova, buone nuove, recita il detto. Compatibilmente con il quadro generale, sto bene, grazie. Procede tutto come da programma».
Quanto la preoccupano le elezioni imminenti?
«La situazione della città e della Regione sono evidenti a tutti. Abbiamo ricevuto una pioggia di investimenti dopo la ricostruzione del Ponte Morandi, dove l’aiuto di Toti è stato importantissimo, anche sulla base della fiducia che ci siamo guadagnati sul campo. In percentuale siamo il territorio maggiormente beneficiato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbiamo progetti in opere pubbliche per 11 miliardi. Il lavoro va portato a termine nei prossimi anni, la mia preoccupazione è che in Regione arrivi qualcuno che non è in grado di farlo, che non condivida la visione e non abbia l’energia politica che si sono respirate a Genova e in Liguria negli ultimi nove anni. Lancio un appello: non fermiamo il sogno Genova, che è già realtà».
Ha visto Giovanni Toti dopo il suo rilascio?
«Sì, certo. Lo sento regolarmente, come sento tutti gli esponenti della maggioranza che mi sostiene. L’ho trovato molto carico. Il nostro gruppo di lavoro è legato da un sentimento comune e dalla volontà di fornire risultati positivi ai liguri».
La sensazione che si ha in città è che gli elettori, anche quelli della sinistra non estrema, non abbiano gradito il modo in cui è stato trattato il presidente, agli arresti fino a che non si è dimesso e costretto a lasciare per tornare in libertà. Anche lei la pensa così?
«Sa che io non commento mai l’operato dei magistrati, nei quali ripongo la massima fiducia. Certamente la vicenda Toti non può aver lasciato indifferenti i cittadini. Tutti si sono fatti delle domande. Confido che le risposte che si sono date saranno positive per il centrodestra nelle urne».
E la sua posizione giudiziaria qual è?
«Strana domanda. Non ne so nulla».
Però lei lavorava a contatto con Toti, il presidente la chiamava dal telefono intercettato, l’ha sostenuta in campagna elettorale...
«Al momento non sono neppure stato chiamato come testimone. Mantengo una posizione all’americana nei confronti della magistratura: sono a completa disposizione, ho fiducia nella sua azione, non commento quello che fa».
Farà una lista civica per sostenere il candidato del centrodestra?
«In Liguria la componente civica è fondamentale per vincere. Ultimamente valeva circa il 20%. Ci sono due opzioni sul tavolo. O faremo due liste civiche, quella del candidato alla presidenza della Regione e quella che riunisce tutti gli amministratori civici della Liguria, nella quale ci saranno anche gli esponenti di Toti. Oppure ci sarà un listone unico. Dipende anche da chi sarà il candidato scelto».
Non teme che la Liguria rientri nel risiko dei partiti del centrodestra sulle candidature alle Regioni?
«Non sto assistendo e non mi aspetto una battaglia. È in corso una discussione positiva».
La sensazione è che la scelta possa finire per essere condizionata da logiche di bottega, da equilibri da misurare con il bilancino...
«Non sono a Roma e non posso commentare queste cose. Se qualche partito vorrà imporsi, poi se ne dovrà assumere le responsabilità, anche rispetto al listone civico, che storicamente qui ha il suo peso».
Quali sono le caratteristiche che deve avere il futuro governatore della Liguria?
«Dev’essere un leader, portare avanti la nostra visione di futuro su Genova e sulla Regione ed essere capace di fare e far fare le cose. E soprattutto, non dev’essere un signore del no: molti politici, per paura di fare scelte forti e di scontentare nessuno, alla fine non decidono e condannano i loro territori al declino».
I signori del nodi cui teme l’avvento sono quelli del campo largo?
«Nel campo largo, non si sa ancora quanto, vedo tanti signori del no e tante contraddizioni. Ciascuno pensa in modo opposto all’altro. Non credo che possano mai arrivare a una sintesi, essere capaci di decidere. C’è chi vuol portare avanti le opere pubbliche, chi vuole fermarle per partito preso e chi vuole cambiarle ma spesso non sa neppure di cosa sta parlando».
Come non sa di cosa sta parlando?
«A sinistra c’è chi confonde la Gronda, che va a Voltri, con l’autostrada A7, che è la Milano-Genova. Dicono che la Diga Foranea è in ritardo quando le carte dimostrano che siamo tre anni avanti rispetto ai tempi previsti. Sostengono che non abbiamo fatto gare d’appalto e non abbiamo ottenuto i pareri di competenza, ignorando, o fingendo di ignorare, che abbiamo tutti i documenti in regola».
È la campagna elettorale, sindaco...
«Secondo me è che o parli di cose di cui non sai, oppure fai attacchi falsi in modo strumentale. In ogni caso, è un comportamento inaccettabile».
Italia Viva la sostiene in Comune ma in Regione sosterrà il candidato del campo largo...
«Se M5S darà il via libera...».
Non è a disagio a farsi appoggiare dai renziani?
«Il problema non è mio. Se una parte della sinistra mi sostiene è un segnale importante, significa che la mia giunta è trasversale, che il mio lavoro è condiviso anche da altri all’infuori del centrodestra».
Lei è soddisfatto di Mauro Avvenente, il suo assessore di Italia Viva?
«Soddisfattissimo. Sono contento che abbia già detto che, in ogni caso, resterà in giunta».
E se i due consiglieri comunali renziani che reggono la sua maggioranza si staccassero dalla sua lista per fondare un gruppo autonomo, come la prenderebbe?
«Dubito che succederà. Nel caso, sarebbe un cambiamento importante, che andrebbe gestito politicamente».