Il caso

Sara Giudice, la giornalista è indagata per stupro? Incolpa la destra

Francesco Specchia

Premettiamo. Il moralismo peloso non si addice al cronista. Anzi. I menàge a trois con l’animo lieve degli inviati alla Graham Greene, il sesso come elemento pirotecnico e strumento di lavoro, e finanche le partouze di spirito dannunziano sono elementi che innervano da sempre la mitologia del mestiere del giornalista (anche se poi la realtà del grigiore redazionale è ben altra...). Sempre che la mitologia non superi la soglia del diritto penale, ovvio.

Sicché, i valenti colleghi Nello Trocchia del Domani e la di lui compagna Sara Giudice di Piazzapulita a La7 sono sicuramente innocenti rispetto all’accusa del presunto «strupro di gruppo», ovvero di violenza sessuale aggravata nei confronti di un’altra collega che sarebbe stata drogata e molestata –a suo dire- dalla coppia dentro un taxi il 7 febbraio scorso. La Verità ha raccontato la vicenda, non priva di prurigine; la Procura ha chiesto di archiviare il caso per l’insussistenza del fatto; epperò la vittima si è opposta all’archiviazione. Tutti gli elementi per lo storione di fine estate.

 

Ci sono in ballo due grandi studi legali: Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana difendono la coppia, Alessandro Silveri Gentiloni assiste la presunta vittima. C’è una vicenda ora boccaccesca ora drammatica, cucita su due versioni opposte: approcci, baci e effusioni sul retro di un taxi, del tutto consenzienti secondo l’opinione di Trocchia e Giudice; e rincorse, abusi sessuali ottenuti a causa di un ottundimento – diciamo - lisergico a detta dell’accusatrice. Nel mezzo, ecco il tassinaro con l’occhio sullo specchietto retrovisore come in commediola scollacciata, pronto a testimoniare: «Era la storia de una che m’è entrata in macchina, uno che ha cominciato a prova con la moglie, ce provavano tutt’e due co’ questa, se la volevano portà a casa, io l’ho presa e l’ho riportata a casa a lei..». Ora.

In punta di diritto tocca alla presunta vittima dimostrare la colpevolezza dei due colleghi, e non sono loro a dover provare la propria innocenza. La presunzione di non-colpevolezza c’è sempre; l’avviso di garanzia non è mai sentenza di condanna; i “vizi privati” (spesso, tutt’altro che vizi) mai sfuggiti oltre il talamo, sono la base della civiltà giuridica e del nostro mestieraccio. Sì. La coppia aperta, Giudice/Trocchia è innocente. Ma. C’è un ma. Tutto sarebbe potuto rimanere nell’alveo della privacy e della discrezione, dato che c’è un procedimento giudiziario in atto. Se non fosse che in una (efficace) intervista di due paginone sul Fatto Quotidiano a firma Selvaggia Lucarelli, la Giudice non si sia sentita in dovere di propalare la sua impresa. Alcuni stralci: «Nello ci guardava, è una delle persone più rigide che conosca, impacciato con le donne. Poi prende coraggio e chiede se può baciarla. Lei dice: faccio quello che dice Sara.

Io: fate come volete... Lei scende. Mi stupisco. Nello paga il taxi. Ci appoggiamo alla saracinesca sotto casa e continuiamo a baciarci. Avevo la bambina a casa, il giorno dopo dovevo partire, dico a Nello: Giulia va via. Risale in taxi e se ne va». Poi Giudice, per la presunta vittima evoca una «crisi di conformismo». E, dopo i dettagli piccanti, sposta il campo semantico. Elabora una curiosa strategia difensiva secondo al quale la notizia dell’indagine sarebbe uscita su La Verità, giornale di destra, suggerendotrame oscure, e aggiungendo dubbi sulla presenza della droga nel sangue della vittima – «abbiamo pensato a cose più grandi di noi»–. Dopodichè Sara annuncia che nessuno fermerà le inchieste di Trocchia. E ricorda: «Nello, stai, calmo, per la nostra reputazione, per la nostra vita. Sapevo che saremmo stati puniti..».

Cioè, noi pensavamo ad una semplice trombata, invece dietro c’erano i poteri forti che tremano per le potenti inchieste di Trocchia. Ma non è neppure quello il problema su cui s’avvita l’intervista. Il problema è che se sei un giornalista, subìte palata in faccia e figura di palta, be’, rimestare nel torbido è l’ultima cosa da fare. Se sei un giornalista eviti di diventare la notizia.

Non siamo più nell’ottobre del 2012, quando «nel pieno dello scandalo escort, Sara Giudice diventò una sorta di eroina della politica pulita. Giovanissima esponente del Pdl milanese, aveva criticato apertamente l’elezione di Nicole Minetti nel listino bloccato del consiglio regionale della Lombardia (non a torto ndr). Sommersa di critiche dai fedelissimi di Berlusconi, era passata a Fli di Fini, non entrando in Consiglio». Questo scriveva, allora, lo stesso Fatto Quotidiano sottolineando, in merito all’inchiesta che le toccò il padre Vincenzo Giudice, di quando, Sara convocò i giornalisti a Palazzo Marino, sede del Comune, e parlò di un «complotto» organizzato per distruggerla politicamente.

Complotto, pure lì. Anche lì Giudice giudicava tutto e tutti, evocava servizi segreti e cospirazione berlusconiane, lanciava accuse a raffica. Ci è ricascata. Solo che non fa più la politica. «Pensi che l’articolo de La Verità, così come stato scritto, sia legato al tuo lavoro a Piazzapulita?» le chiede Lucarelli. Risposta: «Sì e ne sono orgogliosa». Il sottotesto è: la destra ha ispirato i sicari di Belpietro. Peccato che Sara – magari in virtù di una professionalità riconosciuta perfino dai “fasci”la prossima stagione lavorerà nel nuovo programma di quel sicario destrorso di Antonino Monteleone, sulla meloniana Raidue. Suvvia, Sara. Era davvero necessario tutto questo casino per uno slancio sessuale dal risultato imprevisto?...