Vizietto progressista

Repubblica e Molinari: quando la bufala è rossa, negare diventa inutile

Sandro Iacometti

«Addio all’assegno unico». Parola di Repubblica. Neanche il tempo di mettere in guardia i lettori e la trappola è già scattata. Manco a farlo apposta solo ieri sulle pagine di Libero invitavamo alla cautela sulle fandonie che circolano sulla manovra, di cui tutti parlano (male) anche se ancora non c’è. Mai avvertimento è stato più provvidenziale e tempestivo. Sulla prima pagina di Repubblica, a caratteri cubitali, è comparsa l’agghiacciante notizia: pur di fare cassa il governo sarebbe disposto a togliere i soldi alle famiglie, a lasciare senza sostegno chi ha figli, a mettersi in tasca i soldi (circa 20 miliardi) destinati ai nostri ragazzi.

Possibile? A sinistra nessuno ha dubbi. La pioggia di accuse e indignazioni parte in un lampo. L’hashtag #melonivergogna sui social diventa virale fin dalle prime ore del mattino. A seguire dichiarazioni schifate e infuriate di tutte le opposizioni. Possibile? Passa qualche ora e arriva la smentita ufficiale del Mef («Ipotesi fantasiosa e senza alcun fondamento»), ne passa un’altra e arriva quella di Eugenia Roccella, titolare del ministero della Famiglia che starebbe studiando il terrificante scippo («La notizia è come lo sbarco dei marziani sulla terra»). Nel pomeriggio Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti diffondono addirittura un videoselfie: «Il governo non abolirà l’assegno unico. Diffidate dalle fantasiose ricostruzioni».

 

 

 

Pratica chiusa? Macché. Per tutto il giorno sui social e sulle agenzie di stampa è proseguita la surreale e paradossale ondata di esecrazione. E la stessa Repubblica fino a sera inoltrata (le 21 circa) ha lasciato la notizia in bella vista sull’home page del sito, senza alcun riferimento alle smentite. Unico commento, quello di Elly Schlein: «Gravissimo lo stop».

Non è la prima volta. Non sarà, purtroppo, l’ultima. Da sempre impegnato con forza, insieme al popolo della sinistra italiana e mondiale, nella lotta alle fake news, alle notizie tarocche, alle terribili bufale spacciate un tanto al chilo dalla fasciosfera e dai suoi potenti megafoni, come Donald Trump o Elon Musk, il quotidiano controllato dagli Agnelli-Elkann (la Exor è proprietaria del gruppo editoriale Gedi) continua a sfornare colossali panzane come fossero verità rivelate. E a nulla serve smentire, perché quando la bufala è rossa ogni contestazione serve solo a confermare che si è colto nel segno.

 

 

 

L’elenco dei precedenti sarebbe lungo, ma bastano alcuni casi eclatanti per rendere l’idea. Il 2 aprile del 2023 il giornale diretto da Maurizio Molinari dà la notizia di diversi incontri tra Sergio Mattarella, Mario Draghi e Paolo Gentiloni per risolvere il nodo delle tensioni tra il governo e l’Europa. Replica del Colle: «Al Quirinale si registra un divertito stupore per una ricostruzione decisamente fantasiosa (l’aggettivo ricorre, ndr) fatta da diversi quotidiani sugli incontri del Presidente della Repubblica nei giorni scorsi». Un ceffone istituzionale non indifferente.

Può bastare? Tutt’altro. Il 12 agosto del 2023 Repubblica rivela le preoccupazioni del capo dello Stato per la gestione da parte del governo del dossier Tim. Bisogna evitare tensioni con i francesi di Vivendi e con l’Eliseo. Uno scoop? «Notizia totalmente infondata», spiega senza troppi fronzoli l’ufficio stampa del Colle. Non è finita. Il 2 ottobre in un evento pubblico Mattarella spiega che «il sistema sanitario è un patrimonio prezioso da difendere».

Traduzione del quotidiano: «Un avvertimento che arriva nei giorni in cui il governo è a caccia di soldi per far quadrare una manovra complicata». Altro lavoro per il portavoce del Quirinale costretto ancora una volta ad esprimere «stupore» per «l’interpretazione» data alle parole del presidente della Repubblica che non ha riscontro nella realtà. Il 7 dicembre è Draghi a finire nel mirino. Il giornale degli Elkann svela un piano di Emmanuel Macron per piazzarlo alla Commissione europea per fregare la Meloni. Una fonte vicina all’ex capo della Bce fa sapere che il retroscena è inventato e che l’ex premier non è affatto interessato.

 

 

 

Il 12 febbraio di quest’anno la notizia è ghiotta. A Roma sono arrivati gli ispettori della Ue per mettere l’Italia, spiega Repubblica, «sotto esame» sullo Stato di diritto. Replica di Bruxelles in tempo reale: «Non c’è nessuna indagine o ispezione in Italia, ma solo un incontro virtuale con le nostre controparti dato che siamo nella fase in cui prepariamo il rapporto annuale sullo Stato di diritto in tutti i 27 Paesi dell’Ue».


Il 2 giugno scorso l’ennesimo scoop degli inchiestisti del quotidiano: Giorgetti è stufo e vuole andare in Europa a fare il commissario. Passano poche ore e il ministro fa sapere che «continuerà a fare il suo lavoro al Mef». Una valanga di bufale? Nulla di tutto questo. In serata il quotidiano si appella nientemeno al rasoio di Occam per spiegare che non si tratta di una fake news, ma di una ipotesi confermata, udite udite, dalla smentita della Meloni. Come volevasi dimostrare.