L’attacco del “Domani”

Compagni ossessionati. Chi non odia il centrodestra diventa collaborazionista

Francesco Damato

Franco Monaco, della sinistra post -democristiana benedetta dal compianto cardinale Carlo Maria Martini sino a diventare ai suoi tempi presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana, provvisto anche di una esperienza parlamentare fra il 1996 e il 2013 passando per le liste dell’Ulivo e del Pd, ha rimproverato a Giorgia Meloni su Domani, il giornale di Carlo De Benedetti, non solo «il rapporto irrisolto col suo passato», per quanto la premier abbia soltanto 47 anni.

Ma anche di avere «reclutato» nel suo governo «per occuparsi di fisco» Nicola Rossi, «economista in origine dalemiana», già parlamentare pure lui. Che sarebbe solo «l’ultimo caso di aperto collaborazionismo con la destra di esponenti politici forgiati nel Pci e nei suoi epigoni». Come si spiega questo in un centrodestra - ha chiesto Monaco a mezza strada fra l’analista politico e un potenziale pubblico ministero di un processo alla storia - che oltre al “passato” della Meloni ha l’inconveniente del “gene berlusconiano”? Già, dimenticavamo, c’è pure traccia di quel diavolaccio della buonanima di Silvio Berlusconi in questa maggioranza alla quale avrebbero ceduto e starebbero cedendo pezzi, o singoli esponenti, della sinistra proveniente dell’insospettabile Pci anche di Massimo D’Alema. Che, in verità, già il compianto Giampaolo Pansa aveva immaginato culo e camicia - si dice così - con Berlusconi chiamandolo «Dalemoni». Ma Monaco, evidentemente, non se n’era accorto.

 

 

 

L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA

Oltre che con Nicola Rossi - “ultimo caso”, ripeto, di una contaminazione con la destra oggi al governo guidato dalla Meloni - l’editorialista di Domani se l’è presa con quegli esponenti del Pd che praticano lo stesso atlantismo della premier italiana, altri già collaboratori di D’Alema a Palazzo Chigi che oggi dalle colonne del Riformista strizzereberro gli occhi, e non solo quelli, alla prima donna, e di destra, alla guida del governo, e Luciano Violante. Che fu “patrocinatore” già ai tempi in cui era presidente della Camera, della «pacificazione nazionale con la destra postfascista la cui evoluzione incerta e ambigua oggi sotto i nostri occhi suggerirebbe più di qualche ripensamento».

Violante invece, benedett’uomo, deve avere sorpreso, deluso, allarmato Monaco anche o ancor più sul versante della Giustizia, dove il governo Meloni ha avviato una serie di riforme di fronte alle quali lui non si è strappato né i vestiti né i capelli, per quanto o proprio perché pochi rimastigli addosso. Sui magistrati, peraltro suoi ex colleghi, trincerati nella difesa degli spazi conquistati ribaltando agli inizi degli anni Novanta gli equilibri nei rapporti con la politica fissati nella Costituzione del 1947, Violante è di una criticità, anzi spietatezza, che potrebbe invidiargli persino il Guardasigilli in carica Carlo Nordio.

ALTRI “TRADITORI”

Scampati all’osservatorio, o alle batterie di carta di Franco Monaco, mi permetto di segnalare- naturalmente con fini tutt’altro di assalto o di scomunica, forse più incline alla formazione culturale dello stesso Monaco - altri casi, per giunta recenti, di esponenti di sinistra rifiutatisi di scambiare il governo Meloni per l’Inferno. Che persino Papa Francesco da qualche tempo immagina vuoto, o quasi, essendo forse gli inquilini tornati fra di noi ad alimentare e condurre guerre. Proprio su Domani, il giornaleripeto- di Carlo De Benedetti, e in un editoriale posizionato meglio di quello di Monaco, l’ex parlamentare di sinistra e professore emerito di scienza della politica Gianfranco Pasquino ha bocciato in dottrina e azione le opposizioni per l’assalto alle sorelle Meloni in tema di nomine.

Cui la premier e il suo governo ha ricordato Pasquino - possono procedere avvalendosi del parere di chiunque, specie se dirigente del maggiore partito della coalizione, rispondendone nelle sedi opportune, parlamentari o improbabilmente giudiziarie che dovessero essere invocate all’ombra del fumoso e già ridotto reato del traffico d’influenze. Enrico Morando, altro ex parlamentare di sinistra e già vice ministro dell’Economia che non dovrebbe essere ignoto a Monaco, ha invece bocciato, anche lui in dottrina e in azione, i referendum promossi dalle opposizioni contro le autonomie differenziate delle regioni, introdotte peraltro in Costituzione non dalla destra ma dalla sinistra nel 2001.