L'estate calda di Elly

Elly Schlein è sparita: "In vacanza", e il campo largo si sfalda

Pietro Senaldi

Elly Schlein? È in ferie però lavora tutto il giorno al telefono, fanno sapere dal quartier generale dem, con messaggini che si interrompono a mezzanotte e ripartono alle 7,30 del mattino. Pare aver sciolto l’annoso dilemma di Nanni Moretti: la si nota di più se non c’è. Meno parla, meno si fa vedere, più rafforza la propria leadership e meno corre il rischio di dire cose che poi non si avverano, enunciazioni di principio che non hanno portato ancora a un solo risultato concreto. Per agosto perciò solo interviste concordate riga per riga a professionisti fidati.

Il gioco però non può durare ancora a lungo. Già questa settimana la vedremo ricomparire a sorpresa a qualche festa dell’Unità. È vero che prima di partire la segretaria ha sistemato la questione della candidature in Emilia Romagna e Umbria. Tocca al sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, con Vincenzo Colla, il factotum del presidente uscente, lo sconfitto alle primarie Stefano Bonaccini, convinto a fare il passo indietro e candidarsi come vice. Però a Bologna è da sempre facile per idem, giocano in casa. E anche a Perugia la matassa non era complessa da dipanare: M5S aveva dato più volte il via libera alla dem Stefania Proietti, attuale sindaco di Assisi. Dove veramente sarebbe necessario l’intervento della segretaria è a Genova.

 

 

 

In Liguria la sinistra si è sgonfiata nel giorno delle dimissioni di Giovanni Toti, all’indomani della manifestazione che ha visto in piazza De Ferraris tutti insieme proprio Elly, Conte, Bonelli, Fratoianni e il candidato in pectore, Andrea Orlando, spezzino ed ex ministro di pregio dem.

 

 

 

Quest’ultimo, che già aveva fatto sapere che avrebbe corso non troppo volentieri, pare essere sempre più scocciato della mancata investitura ufficiale. Dalle manovre di Conte, che gli oppone il senatore Luca Pirondini, dai giochi di Grillo, che flirta con la lista che presenta l’ex parlamentare pentastellato Nicola Morra, e dall’imprevedibile intemperanza di Ferruccio Sansa, il governatore del campo largo sconfitto cinque anni fa, che vorrebbe far sentire il suo peso, ma fatica a farsi ascoltare. Se la situazione non si sbroglierà in un pugno di giorni, al massimo ai primi di settembre, Orlando saluterà la compagnia e lascerà nei guai la Schlein, con la quale i rapporti non è che siano sempre idilliaci.

Un altro abbandonato dalla segretaria è il sindaco di Bari, Vito Leccese, pupillo del neo parlamentare a Bruxelles Antonio Decaro, che alle Europee, pur candidandosi in un solo collegio, ha preso trecentomila preferenze più di Elly. Sarà forse per ripicca che lei non dà una mano al primo cittadino a risolvere la commedia del decimo assessore cittadino, dopo che due si sono dimessi in tre giorni: la prima, Carlotta Nonnis Marzano, indicata da Verdi e Sinistra, costretta al passo indietro per i messaggi di odio a Papa, Trump, Berlusconi, Salvini, l’ultimo, il grillino Raffaele Diomede, perché sfiduciato dai due consiglieri suoi compagni di partito, delusi per non essere stati promossi malgrado abbiano preso molti voti.

Questioni locali, che riflettono però il caos del fronte progressista. La segretaria è in ferie, perché al suo ritorno deve tirare le orecchie a Conte. Il leader grillino ieri a Repubblica ha sparato tre siluri che ne basterebbe uno solo per affondare ogni ipotesi di alleanza. Eccoli: se vince Trump, non è un disastro ma è democrazia e l’Italia deve saper dialogare con chiunque, con Renzi non ci vado perché porta pochi voti, mi fa scappare tutti gli elettori e poi ha la natura dello scorpione, e il campo largo è una formula che non significa nulla e comunque certo non vuol dire che, in caso di vittoria, a Palazzo Chigi andrà il capo del partito che avrà preso più voti. Il guaio è che è difficile dargli torto.

 

 

Se si volta a guardare dall’altra parte, alla Schlein non va meglio. Renzi mercoledì sarà alla festa dell’Unità a Pesaro a spargere sale sulle ferite. Prima delle ferie, si è fatto immortalare mentre l’abbracciava su un campo di calcio alla Partita del Cuore: Matteo fa il passaggio, Elly segna, scatta l’abbraccio, ma l’arbitro annulla il goal. Segnale da non sottovalutare.

Gli assist di Renzi non portano gloria e la sua mano tesa è sempre un affare a tempo. Il popolo Pd non si fida dell’ex rottamatore, un’alleanza si può fare solo sui temi, ma la narrazione della segretaria è tutto l’opposto di quanto fatto dal leader fiorentino quando governava. E allora Elly deve, ma da queste vacanze non vorrebbe proprio tornare. Ha lasciato la scena dopo che il suo campo largo ha perso (Bersani direbbe pareggiato) le Europee, con il centrodestra che ha guadagnato voti in percentuale rispetto alle Politiche del 2022, Fdi che ha preso tre punti e la Meloni che ha ottenuto due milioni e centomila preferenze più di lei.

Però, potenza della narrazione, sembra aver vinto lei, per il balzo fatto fare al partito (24%) sulle ceneri di quello che aveva lasciato Enrico Letta, anche se nelle urne Bonaccini l’ha doppiata e l’hanno sopravanzata nei consensi perfino Lucia Annunziata, Cecilia Strada, Giorgio Gori e Alessandro Zan. Ora però non si può più vivere di rendita e il silenzio, se troppo prolungato, da messaggio di forza finisce in un attimo per trasformarsi in segnale di debolezza.

Il problema è che non si sa cosa dire. Vuoi vedere che ricomincerà la litania del salvare l’Italia dal fascismo, dei diritti civili, che nessuno al governo intende toccare visto che gli omosessuali si sposano e le donne abortiscono esattamente come prima? Per ora a tenere occupato l’immaginario progressista c’è Kamala Harris, che però, anche prima delle dichiarazioni di Conte, era l’antitesi del campo largo, come da tradizione statunitense. A proposito, il campo largo vero, quello francese, che Elly e i suoi esaltavano il mese scorso come esempio da seguire, è fallito prima di iniziare. Emmanuel Macron le sta provando tutte per far fuori la France Insoumise, una sorta di mix tra Fratoianni e Conte, dal nuovo governo, dopo averla cooptata per sbarrare la strada a Marine Le Pen. Ma anche di questo, per il momento, la segretaria preferisce non parlare.