Spinto fuori

Ermini lascia i dem, il Pd si tiene Genova

Certo che ha ragione David Ermini a non dimettersi dall’incarico triennale a presidente del Consiglio d’Amministrazione di Spininvest, la holding di Aldo Spinelli, imprenditore fino a oggi agli arresti con l’accusa di aver corrotto Giovanni Toti. Ha un milione, o comunque almeno ottocentomila buone ragioni, ma non sono solo legate al compenso.

Sì, d’accordo, il neo-manager è stato due volte parlamentare del Pd, e fino a ieri sedeva nella direzione del partito ed è stato anche vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura votato ai tempi in cui i consensi li muoveva tal Luca Palamara, pm e capo delle toghe nazionali, un idolo della sinistra poi caduto in disgrazia. Insomma, come gli ha fatto notare Andrea Orlando, candidato in pectore del campo largo per le Regionali del prossimo autunno, Ermini oggi è un po’ la pietra dello scandalo del partito in Liguria. Come si fa a fare una campagna elettorale contro il sistema Toti e il centrodestra se il garante del supposto grande corruttore, Spinelli, è uno dei tuoi? Per questo Ermini ieri si è dimesso dalla direzione dei dem, dicendosi «amareggiato dalle strumentalizzazioni» ed evitando a Elly Schlein il fastidio di sospenderlo di forza, cosa che avrebbe fatto per salvare la faccia e per non dare ad Orlando l’occasione per sfilarsi dalla corsa (...)

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