Due pesi, due misure

Quei silenzi progressisti quando le vittime sono di destra

Alessandro Gonzato

Indignazione a targhe alterne. “Pd”: non è Padova, ma Partito democratico. Se l’aggredito è di sinistra ecco che è tornato il fascismo: «È colpa del clima instaurato dal governo Meloni», hanno tuonato i progressisti dopo la recente aggressione ad Andrea Joly, il cronista de La Stampa preso di mira da un gruppo di CasaPound, a Torino.

Quando poi il mese scorso, alla Camera, il deputato leghista Igor Iezzi s’è fatto sotto al grillino Leonardo Donno non si capisce ancora se colpendolo o meno- gesto sbagliato a prescindere, ma lo Iezzi è stramazzato a terra in differita – le ex camicie verdi sono diventate nere, «si è superato ogni limite» hanno tuonato i democratici. «Un fatto senza precedenti» hanno rilanciato i 5Stelle. E il dem Fiano che nel 2018 ha lanciato il testo della legge Finanziaria contro l’allora ministro leghista Garavaglia? Compagni che dimenticano. E a livello nazionale si sono scordati anche di solidarizzare in queste ore col capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Massa, Filippo Frugoli, il quale – ha denunciato – è stato preso per il collo da un collega del Pd, Stefano Alberti.

Poco prima era scoppiata una bomba carta nella sede che a Cadorago (nel Comasco) ospita la lista civica che all’interno ha Fratelli d’Italia e Forza Italia, e pure stavolta a sinistra non una parola. Un altro ordigno rudimentale che ha fatto rumore, ma che non ha destato le anime belle, è scoppiato a ottobre 2018 nella sede della Lega ad Ala, in provincia di Trento: Matteo Salvini era da poco ministro dell’Interno.

Di nuovo anarchici (siamo a gennaio 2024), di nuovo una sede della Lega, a Settimo Torinese, edificio vandalizzato e firma d’autore: “Fuori i fasci dal mondo”. Attenzione, c’è un’eccezione: settembre 2022, ultimi giorni di campagna elettorale prima dell’insediamento del governo di centrodestra, e a Milano altre zucche vuote (ma incappucciate) attaccano un gazebo di Fdi. Al sindaco Giuseppe Sala tocca dire che «è stato un atto inaccettabile perla città». C’è da dire che non ha fatto molti proseliti. All’elenco dei gazebi di centrodestra vandalizzati e dei successivi silenzi indecenti del centrosinistra aggiungiamo quello di maggio a Firenze, poche settimane prima del voto per il rinnovo del municipio.

E cosa dire di fronte ai dem che scatenano la furia cieca quando dall’altra parte mettono in discussione (a parole) piazze che celebrano icone comuniste? Basta dire “Verona”, amministrazione arcobaleno guidata – si fa per dire – dall’ex calciatore Damiano Tommasi. Verona è stata “de-fascistizzata” da due anni e per due anni su due è stata infangata la targa che ricorda Nicola Pasetto, deputato di Alleanza Nazionale morto a 35 anni in un incidente stradale. Prima la targa è stata ricoperta dalla scritta “Carlo Giuliani”; poi il presidente del Circolo Pink, tal Gianni Zardini, ha scagliato la corona di fiori nell’Adige autocelebrandosi su Facebook: è successo che l’assessore dem Jacopo Buffolo ha messo un “like” al post, è stato travolto dalle critiche dei cittadini, ma successivamente ha spiegato che il “like” non era per il lancio della corona, ma per solidarietà alle intimidazioni subite dal lanciatore. Ah, ecco. Quasi dimenticavamo (ma perché è una cosa da nulla): «Inginocchiati o ti sparo», gridava Albino Ruberti, l’allora capo di gabinetto del sindaco dem di Roma Roberto Gualtieri. «Devono venire a chiede scusa per quello che mi hanno chiesto... A me non me dicono “io me te compro”».

Ci sarebbe inoltre il militante bolognese di Fdi preso a pugni in autogrill mentre il 2 giugno tornava dal comizio di partito a Roma, alla vigilia delle Europee. A sinistra erano di nuovo giù di voce: l’aria condizionata è micidiale.