Banchi di prova

Pd, Stefano Bonaccini flirta con Matteo Renzi: il "primo appuntamento"

Elisa Calessi

 Il “banco di prova”, come lo ha definito ieri Chiara Braga, capogruppo del Pd alla Camera dei deputati e molto vicina a Dario Franceschini, saranno le prossime “amministrative”. Leggi le elezioni regionali in Umbria, Emilia Romagna e forse Umbria. «Un'alternativa possibile c'è», ha spiegato la capogruppo dem a Skytg24, «ed è l'unione di chi si ritrova intorno a temi fondamentali come sanità, lavoro, casa, giustizia sociale. Le prossime amministrative saranno il banco di prova della possibilità di mettere insieme tutte quelle forze che come noi sono preoccupate per il progressivo abbandono di politiche sociali, accanto a quelle di sviluppo e industriali, che garantiscono la tenuta del paese». Lì si capirà, è il ragionamento che si fa nel Pd, se la “conversione” di Matteo Renzi è sincera o no.

Se davvero è disponibile ad allearsi con tutte le forze alternative al centrodestra, compreso M5S e Avs, o no. Ed è la stessa riflessione che fa Stefano Bonaccini, europarlamentare del Pd, ma con il pensiero della sua Emilia Romagna, che andrà al voto l’anno prossimo o forse persino prima, dal momento che con la sua elezione è senza presidente. Si riuscirà a mettere insieme Renzi, Conte, Bonelli e Fratoianni? Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e candidato a succedere a Bonaccini, potrebbe essere riuscire nel miracolo. Ma si farà davvero? E in Umbria? Questo è il grande interrogativo. Il suggerimento di Bonaccini è di legarsi su pochi punti, ma chiari. «Le alleanze», ha detto l’ex governatore emiliano in una intervista al Corriere della Sera, «vanno fatte sui programmi e non per convenienza elettorale. Pochi punti chiari, dichiarati agli italiani, sui quali convergere». Detto questo, ha affermato di aver «apprezzato le parole di Renzi. Se le opposizioni non vogliono regalare il Paese a Meloni per i prossimi dieci anni devono provare a costruire un centrosinistra unito, con una piattaforma progressista e riformista alternativa a quella della destra. Superando i veti e i personalismi del passato».

 

 

 

Quanto alle ruggini che ci sono nel Pd nei confronti di Renzi (sia nella base, sia nei gruppi dirigenti), «archiviamo personalismi e pregiudiziali. E si riparta dal rispetto e dal confronto, se si vuole essere credibili. Vale per tutti, naturalmente». Quindi si è detto certo che alle prossime regionali, in autunno, con il voto in Umbria ed Emilia-Romagna, «sperimenteremo il nuovo centrosinistra e sarà la dimostrazione che si può fare e si può vincere insieme». Umbria, Emilia Romagna e (forse) Liguria. Sono questi, dice il Pd, i test per sperimentare la possibilità di un centrosinistra largo, ovvero le buone intenzioni di tutti. Prove tutte da costruire. In Umbria, alle ultime elezioni Italia Viva non era in coalizione con il Pd e il M5S. In Emilia Romagna, al contrario, Iv fa parte della maggioranza che sostiene la giunta, ma il M5S è all’opposizione. In Liguria, alle ultime amministrative, Italia Viva non ha sostenuto il candidato del centrosinistra. Cosa accadrà se si tornerà a votare? Renzi accetterà di allearsi anche con il M5S? E il M5S accetterà Renzi? Se il leader di Italia Viva sembra aver superato questo veto, da parte di Conte qualche problema in più c’è.

Ma nel Pd si confida sul fatto che le scadenza elettorali obbligheranno a superare i pregiudizi. Intanto il leader di Italia Viva, in occasione della rassegna Ponza D’Autore, ha confermato la svolta verso il centrosinistra: «Piaccia o non piaccia», ha detto, nell’ambito della rassegna culturale curata da Gianluigi Nuzzi e Valentina Fontana, «ilbipolarismo che io volevo rimettere in discussione, non si rimette in discussione. Alle prossime elezioni o votate la destra o votate la sinistra, e siccome bisogna scegliere preferisco andare a fare l'ala moderata del centrosinistra che inseguire un ipotetico terzo polo che, purtroppo, per responsabilità varie, a cominciare da Ca.