Una grana per Meloni

Tajani e Salvini, lo scontro su Ursula: "Voi come Schlein", "E voi come Salis"

Daniele Dell'Orco

Dopo il varo dell’Ursula-bis la Presidente della Commissione Ue ha subito rivendicato il suo diritto a ferie e relax. Dietro di sé, però, la discussa rielezione ha lasciato più di un malumore nei vari Paesi europei. Italia compresa. Lega e Forza Italia, ad esempio, non hanno ancora superato le diversità di vedute. Anzi. Le nuove alleanze a Strasburgo stanno facendo discutere animatamente la compagine di governo.

Antonio Tajani, segretario forzista e Ministro degli Esteri, ha rivendicato con orgoglio l’appoggio a Von der Leyen nonostante l’apertura ai Verdi e la conferma di buona parte del programma che il centrodestra italiano (compresa FI) non ha mancato di criticare. Per giorni, Tajani ha provato a portare dalla sua parte anche Giorgia Meloni, perla verità senza troppo successo. Adesso, da unico partito della maggioranza ad essere al governo anche in Europa, Forza Italia si aspetta di capitalizzare quelli che ritiene di poter vantare come importanti successi politici, anche agli occhi degli elettori. E lo stesso Tajani, all’evento Anuman2024, che si sta tenendo a Tolfa a Roma (fino al 14 settembre), ritiene che sulla scia della conferma di Ursula, presto il partito potrà tornare in alto anche nei consensi: «Un sondaggio fatto dopo il voto dice che Forza Italia è l’unica forza del centrodestra che cresce - afferma il vicepremier -, per gli italiani abbiamo imboccato la strada giusta». E quindi spazio alle ambizioni: «Stiamo perseguendo l’obiettivo di allargare i nostri consensi per arrivare al 20% alle elezioni politiche».

 

 

 

Poi Tajani rivendica «la forza tranquilla» a cui affida la propria condotta politica: «Non sono abituato a frasi roboanti ma se fisso un obiettivo lo raggiungo». Così, il segretario ha annunciato «la nuova stagione congressuale» che comincerà dopo l’estate. La strategia di base, oltre all’aggregazione dei giovani, sarà il lancio dell’Opa politica sugli elettori moderati e centristi. Quelli, per intenderci, che al crepuscolo del berlusconismo si sono abbandonati alle sirene di Carlo Calenda e Matteo Renzi.

A destra, in effetti, grande margine di manovra non ci sarebbe. Pur volendo. E Tajani non vuole: «Un’altra maggioranza in Ue ha eletto i vicepresidenti di Metsola, sono stati eletti vice dei conservatori e, senza polemica, non ne sono stati eletti dei Patrioti che ancora una volta si dimostrano ininfluenti».

 

 

 

Nel gruppo fondato da Viktor Orbán, però, c'è anche la Lega di Matteo Salvini, fatalmente ricompreso nella stoccata che, quindi, le promesse di tranquillità un po’ le tradisce: «Anche i patrioti italiani rischiano di essere ininfluenti all’interno dei patrioti europei», dice ancora Tajani, evocando un ruolo per Fi in cabina di regia europea. La Lega non gradisce il cambio di registro, e dal Carroccio ribattono: «Votare con la Schlein per una poltrona è imbarazzante: meglio senza vicepresidenti che con Verdi e sinistre». Tajani, presa visione dei lanci d’agenzia con gli strali lanciati dai leghisti, ha controreplicato intingendo le parole nel veleno: «Qualcuno dice che abbiamo votato come Schlein e i Verdi, potrei dire che chi ha votato no ha votato come Salis e Conte». «Ma - aggiunge il segretario di Forza Italia - sarebbe una risposta puerile. Von der Leyen è stata eletta da un congresso, abbiamo sempre detto che avremmo votato per lei».

E quindi ha rincarato la dose su chi conterà davvero a Bruxelles e chi no: «Il programma di Ursula, del Ppe e di Fi sono praticamente sovrapponibili». Da un punto di vista fattuale hanno tutti ragione. Ed è anche il motivo per cui una maggioranza così granitica al governo del Paese si posiziona in modi così diversi fuori dai confini nazionali. È come se in Ue le carte venissero rimescolate di continuo. Non fa eccezione Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni capace di andare a braccetto con Von der Leyen sui dossier migratori, ma di fronte al discorso programmatico di quest’ultima spostato verso sinistra non ha potuto fare a meno di negarle il supporto. Ora il premier avrà anche un’altra grana: mediare tra i suoi alleati.