La fabbrica dei martiri

I telefrignoni per restare sotto i riflettori gridano alla censura che non c'è

No, da noi di Libero non verrà una sola parola di attacco personale diretto contro Serena Bortone. Non le faremo il regalo, da molti a sinistra segretamente ritenuto prezioso e in qualche caso perfino vivamente auspicato, di una stroncatura da parte di questo giornale, di qualcosa che possa diventare virale sui social per certificare “la rozzezza delle destre”, “il bullismo sovranista”, e via piagnucolando.

In altre parole, non collaboreremo al meccanismo – che quest’anno è risultato perfettamente oliato – per cui i titolari di trasmissioni televisive dall’audience traballante o qualche scrittore finito nel cono d’ombra – oplà – giocano la carta della “vittima del regime” (inesistente) e si ritrovano magicamente al centro del palco, con i faretti delle luci a illuminarli a giorno. Segue a ruota un copione sempre uguale a se stesso: l’eroe (o l’eroina) è portato in processione come una madonna (laica) pellegrina, è premiato dall’Anpi, è ospitato da Fabio Fazio, e infine – dopo tutte queste sofferenze – firma nuovi e sontuosi contratti televisivi. Ovviamente continuando a frignare.

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