Commissione Segre

Pd, l'antisemitismo rosso che la sinistra non vede

Daniele Dell'Orco

A leggere la notizia, un occhio poco attento potrebbe quasi pensare che a forza di ululare alla luna la sinistra sia stata presa sul serio: la Commissione Segre ha deciso di acquisire i video di Fanpage sui giovani di Fratelli d’Italia. Non poteva essere altrimenti, visto che quel girato clandestino pieno di freddure antisemite ha inorridito tutti. Poi però, dietro i titoloni, si vanno a leggere le postille. L’esigenza di portare l’inchiesta sulla scrivania della Commissione istituita (con voto unanime) per combattere l’odio razziale, è stata condivisa dai gruppi parlamentari nella loro interezza, compreso Fdi. La querelle certifica quindi che la destra sa fare autocritica e tracciare un circoletto rosso sugli errori.

Siamo sicuri che la sinistra sappia fare altrettanto? «Non ci può essere un antisemitismo a doppia valutazione: va bene se è di sinistra, è gravemente negativo se è di destra. Fanno schifo tutti e due», dice il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti. Per fugare ogni dubbio, la Commissione Segre potrebbe provare a vagliare, dopo il dossier Fanpage, anche il dossier Libero, nel quale raccogliamo le più eclatanti dimostrazioni della connessione tra odio anti-Israele e ambienti della sinistra radicale. A questo filo, rigorosamente rosso, è legata una buona fetta dell’attività di contrasto all’antisemitismo e alle discriminazioni razziali che stando ai dati del Ministero dell’Interno ha prodotto 22 denunce nel primo semestre del 2024. Dieci di queste relative al corteo milanese del 25 aprile, dopo l’accoltellamento di un componente della Brigata ebraica (a Roma, nello stesso giorno, venne presa a sassate). Spartiacque notevole, chiaramente, l’attacco di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno, a seguito del quale le dimostrazioni di un odio che per schivare l’etichetta anti-semita viene definito “anti-sionista”. 

Per non sbagliare, il Wall Street Journal notava tempo fa come l’escamotage lessicale sia furbetto e si sia sostanzialmente solo passati “dallo Judenfrei (nazista) allo Zionistfrei (antisionista)”. Comunque, partiamo dalle scuole. Cioè dai coetanei dei militanti di Gioventù nazionale. Nelle ore immediatamente successive al 7 ottobre, mentre i predoni di Hamas ancora dilagavano nel Sud di Israele, sui social si moltiplicavano messaggi di giubilo. Tra questi, quelli del Collettivo A112 dell’Educandato Statale Emanuela Setti Carraro dalla Chiesa di Milano, che su Instagram rilanciavano un post dei Giovani Palestinesi Italiani con scritto “La Palestina vive! La Resistenza vive!”, e del gruppo antagonista Kurva Manzoni Antifa del Liceo Manzoni meneghino, che, spingendosi oltre, postava la foto di un tank israeliano sequestrato dai miliziani palestinesi e la scritta: «Quant’è bello quando brucia Tel Aviv». 

 

I collettivi rossi, da quel giorno, hanno assaltato atenei di mezza Italia, occupato rettorati, impedito di parlare a David Parenzo e Maurizio Molinari, ospitato sermoni di imam integralisti. I giovani, assistiti dai vecchi compagni Folagra, sono sempre accompagnati nelle varie sfilate di piazza dalle sigle più improbabili della sinistra estrema, come i Proletari comunisti che il 10 ottobre sfoggiavano sempre a Milano lo striscione «con la resistenza armata palestinese, contro lo stato nazi-sionista di Israele». Un mese dopo, ancora nel capoluogo lombardo, diede spettacolo il Partito marxista-leninista italiano, col banner solidale verso Hamas e le brigate Qassam. Il 18 novembre, stavolta a Firenze, i Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo diffondevano un volantino che vantava il pogrom di Hamas come un’azione capace di infliggere «il più duro colpo all’occupante sionista della storia».

In tutte queste manifestazioni non è mai mancata la presenza di politici di Alleanza Verdi-Sinistra, del M5S e del Pd. Gli astri nascenti dem si fecero notare già negli anni scorsi, quando candidarono alle politiche 2022 il lucano Raffaele La Regina, che dovette ritirare la candidatura perché sui social scriveva «gli alieni e lo Stato d’Israele hanno un punto in comune: non esistono», e la trevigiana Rachele Scarpa, che in Parlamento ci è finita davvero nonostante definisse Israele «regime di apartheid» e parlasse di «atti di guerra e di repressione nei confronti dei civili da parte del governo israeliano».

 

Dopo il 7 ottobre di compagni anti-Tel Aviv nelle istituzioni (e figuriamoci quindi fuori) ne sono comparsi vari: c’è Onorio Rosati, consigliere regionale Avs, che spiega di lottare «per i diritti del popolo palestinese, senza il timore di essere accusato di essere pro Hamas», o come i due punti di riferimento dei dem milanesi Lorenzo Pacini e Ludovico Manzoni, che il 27 gennaio, Giornata della Memoria, violarono il divieto di manifestazioni pro-Gaza e sfilarono nei cortei non autorizzati con l’Associazione Palestinesi d’Italia. Pacini pochi giorni dopo avrebbe dovuto presendere parte ad una conferenza (poi annullata) organizzata dai giovani Pd con Alae Al Said, scrittrice palestinese che il 7 ottobre celebrava la «rinascita palestinese» con Gaza che «rompe le mura della prigione» e Ibrahim Youssef, altro intellettuale palestinese che per lo scorso Capodanno invitava a sparare petardi «solo sullo Stato illegittimo di Israele». A Bologna, a febbraio 2024, Gianni Cuperlo (Pd) pensò invece di portare dal sindaco Matteo Lepore (Pd) un altro relatore d’eccezione, Omar Barghouti, cofondatore del movimento “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni” nei confronti di Israele.

Del Comitato nazionale del movimento “non violento” fa parte anche il “Consiglio delle forze nazionali e islamiche per la Palestina”, composto, fra gli altri, da Hamas e da altri gruppi terroristici come Jihad islamica e Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Capace di non scontentare nessuno dei progressisti è sempre stato Mohammad Hannoun, presidente della onlus “Abspp”, da anni accusata dai servizi israeliani di raccogliere fondi per finanziare Hamas. Nel corso del tempo ha interagito tanto con Marco Furfaro e Laura Boldrini (Pd), quanto con Nicola Fratoianni (Avs), Stefania Ascari (M5S) e mille altri. Al contrario di quanto succede in politica, quando si tratta di federare odiatori di Israele per la sinistra è un gioco da ragazzi.