Il caso Barbera

Premierato, se il giurista dice sì è da ripudiare

Corrado Ocone

Proprio non va giù ai Cinque Stelle, e quasi sicuramente a tutta la sinistra, che si possa restare coerenti con sé stessi e non cambiare idea a seconda della maggioranza che governa. Un trasformismo che non si addice né ai politici seri, né agli studiosi raffinati, né tantomeno agli uomini chiamati a svolgere funzioni apicali nelle istituzioni. Augusto Barbera è tutte queste cose insieme e, da galantuomo qual è, non se l’è sentita di stare zitto o peggio contraddire tutto ciò che ha sempre sostenuto in passato sulle riforme istituzionali.

Intervistato da Il Sole 24 ore, il presidente della Corte Costituzionale ha ribadito che «la forma di governo non solo può essere messa in discussione», ma anzi lo deve essere perché, rispetto a quando fu stesa la nostra Carta, sono cambiate radicalmente le coordinate storiche e politiche. Come è adesso, essa è «un sistema ereditato dalla Guerra fredda, fatto apposta per non permettere ai vincitori delle elezioni di governare». In effetti, si temeva un «possibile tiranno», che «era per i comunisti quello clericale, per i democristiani quello socialcomunista. Da ciò discendono tutte le cose che non funzionano del sistema italiano». Poche ed essenziali parole che, in un sol colpo, mettono in scacco sia la retorica della Costituzione come dogma, e quindi immodificabile, sia quello del “premierato” come deriva autoritaria e antidemocratica, nostalgia “parafascista” dell’“uomo solo al comando”. In verità, Barbera, come sottolineato, non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto affermato in passato in diverse vesti: come politico del Partito Comunista prima e del Partito Democratico poi; come studioso (professore emerito di Diritto Costituzionale a Bologna, è autore di un’ampia bibliografia sul tema); come membro di commissioni e istituzioni pubbliche di vario tipo.

Ma tutto ciò evidentemente non è bastato ai componenti del Movimento Cinque Stelle nelle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato che hanno dettato alle agenzie una dichiarazione in cui hanno definito l’intervista rilasciata da Barbera «irrituale e inopportuna», quasi che un giudice costituzionale non possa esprimersi in punto di Costituzione, come è suo dovere.

 

ONESTÀ INTELLETTUALE

Ovviamente, essendo il diritto una scienza umana, quindi non equiparabile alle scienze esatte, altri costituzionalisti possono legittimamente dare degli stessi fatti interpretazioni diverse in perfetta buona fede. Anche se, ad intuito, temiamo che in pochi abbiano questa onestà intellettuale e in molti adattino la scienza ai loro interessi politici. Suona perciò un po’ fatua l’affermazione ulteriore dei deputati grillini, i quali sottolineano come molte delle affermazioni di Barbera «siano in contrasto con quanto osservato da decine di altri autorevoli costituzionalisti che abbiamo ascoltato nelle audizioni».

In verità, quel che non sta bene alla sinistra faziosa e manichea che ci ritroviamo è che a contraddire le sue tesi, palesemente strumentali, sia un costituzionalista di così elevata esperienza ed autorevolezza. D’altronde, secondo il ben noto dispositivo politico del doppiopesismo, se gli uomini delle istituzioni si esprimono in modo non pregiudiziale su una riforma del governo, essi non hanno diritto di parola; se fanno il contrario, diventano “eroi della resistenza” alla “nuova barbarie” e vanno elogiati e celebrati in ogni luogo.
ANALISI TEORICA E STORICA Non è poi irrilevante il fatto che l’intervista di Barbera faccia fare un salto al dibattito, che praticamente finora non c’è stato per volontà soprattutto di una sinistra arroccata nei suoi slogan e ferma ai suoi preconcetti. Nel suo intervento, il presidente della Corte non solo ha affrontato un po’ tutti i principali aspetti del tema, ma ha saputo unire in maniera superlativa l’analisi teorica e dottrinaria a quella storica. Ripercorrendo tutti i tentativi di riforma finora compiuti, dalla Commissione Bozzi al fallito referendum di Renzi, egli ha mostrato come tutte le forze politiche, sia di destra sia di sinistra, abbiano sempre avvertito negli ultimi decenni come improcastinabile l’esigenza di una solida riforma tesa a superare quella instabilità e incapacità di decidere dei governi che è uno dei fattori principali che frenano il nostro Paese.
Una vicenda storica che si tenta di occultare proprio perché mostra come sia sostanzialmente poco seria e credibile la conversione attuale della sinistra ad un’osservanza acritica della Costituzione. Fra l’altro, imbalsamare la Carta è l’esatto contrario di quello spirito “evolutivo” che per essa auspicarono gli stessi Padri costituenti.