Timori rossi

Bracciante morto, la sinistra nasconde Soumahoro: meglio non farsi vedere in pubblico

Daniele Dell'Orco

In piazza della Libertà, nel centro di Latina, esponenti sindacali, politici locali e nazionali, lavoratori e braccianti stranieri, hanno manifestato contro il caporalato per omaggiare la memoria di Satnam Singh, il 31enne indiano morto dopo esser stato abbandonato davanti casa dal proprietario dell’azienda agricola Lovato, sui cui campi aveva perso il braccio destro amputato da un macchinario avvolgiplastica.
Alla manifestazione, organizzata dalla Cgil di Roma e Lazio, la Flai Cgil di Roma e Lazio, la Camera del Lavoro di Frosinone e Latina e la Flai Cgil di Frosinone e Latina, era presente lo Stato maggiore di Pd, M5s e Alleanza Verdi-Sinistra, nell’evidente tentativo non solo di strumentalizzare l’accaduto, ma anche di dribblare il silenzio elettorale alla vigilia di diversi importanti ballottaggi delle elezioni comunali. Il primo a fare campagna elettorale sfrontata è stato Nicola Fratoianni (Avs): «Non è accaduta una disgrazia ma un vero e proprio omicidio sul lavoro», dice.

Satnam Singh per Fratoianni sarebbe «l’ennesima vittima di un sistema che mortifica la dignità del lavoro. In questo paese è in atto una guerra civile contro il lavoro». Poi l’affondo contro il governo: «Secondo Lollobrigida non bisogna criminalizzare le imprese agricole? Io non vorrei che si volessero criminalizzare i morti sul lavoro». Poi è la volta di Elly Schlein. La segretaria dem, che nel capouogo pontino schiera una quindicina tra parlamentari, eurodeputati e consiglieri regionali, dice: «Non ci sono lavoratori di serie A e di serie B, questo vuol dire che chiunque ha a cuore la democrazia, la nostra Costituzione deve fare la sua parte. Noi del Partito democratico siamo qui per farlo, per dire che servono altre leggi contro lo sfruttamento e il caporalato e che tutta la parte di prevenzione ancora non è stata attuata. Bisogna responsabilizzare le aziende, non è possibile che solo poche si pongano il problema. Il caporalato è anche una questione di concorrenza sleale verso le aziende sane che non decidono di fare la cresta sulla pelle dei lavoratori». La ricetta che propone è la stessa già avanzata da un altro che si preoccupa dei lavoratori solo quando c’è un riflettore gigante acceso sopra, Angelo Bonelli: «Nei prossimi giorni presenteremo la nostra proposta per abolire la Bossi-Fini e riscriverla integralmente, perché è una legge che da 20 anni provoca irregolarità e ricattabilità. E Satnam Singh è stato vittima anche di quella ricattabilità».

 

Del resto, è bene ricordare che mercoledì 19 giugno, al momento dell’arrivo della tragica notizia della morte di Satnam Singh, a Montecitorio era in corso di svolgimento un question time che vedeva impegnato, tra gli altri, il Ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone (che ieri ha ribadito il raddoppio degli ispettori sul lavoro rispetto allo scorso anno, la mappatura di quanto avviene nei campi e il rinnovo della la cassa integrazione ai lavoratori agricoli nel caso di emergenza “caldo). Nei vari botta e risposta, il Ministro ha espresso cordoglio per la vicenda del bracciante indiano. Cosa che non ha assolutamente raccolto nessuno degli esponenti dell’opposizione, ignari, conogni probabilità, dell’intera vicenda. Quando poi è pubblicamente esplosa, poche ore dopo, si sono subito precipitati all’attacco dell’esecutivo.

Tanto per far capire meglio che aria tirava anche nella piazza di ieri, è stato fischiato e insultato il sindaco di Latina, Matilde Celentano, colpevole di essere stato eletto tra le fila di Fratelli d’Italia. Durante il suo intervento dal palco ha rifiutato «la patente di terra di caporali»: «Non vogliamo essere additati per quello che non siamo. Questa è una terra di migranti, di gente che è venuta a cercare una condizione migliore, come accade oggi con nordafricani e indiani. Quella contro il caporalato è una guerra di civiltà da combattere tutti insieme». In risposta, dalla piazza hanno urlato: «Troppo facile così. Fascisti, siete complici».

 

Tristissima la rimostranza “da remoto” di Aboubakar Soumahoro, ex paladino dei “restiamoumanisti” eletto a Montecitorio con Avs e poi scaricato al Misto dopo la brutta vicenda giudiziaria che coinvolge moglie, suocera e cognati a processo, proprio a Latina, per utilizzo fraudolento dei fondi destinati alla cooperativa che gestivano per l’accoglienza di migranti e minori non accompagnati. Ciò non gli ha impedito di esporre all’Adnkronos la necessità di «regolarizzazione di tutti gli invisibili che raccolgono frutta e verdura in giro per il Paese». Ma nell’Agro pontino, saggiamente, ha pensato non fosse il caso di farsi vedere.