Nessuna resa

Giovanni Toti, il governatore pronto a resistere a oltranza

Pietro Senaldi

«Il parere negativo alla revoca degli arresti domiciliari è un cortocircuito. Dire che da governatore può reiterare i reati significa attestare che, se si fosse dimesso, sarebbe un uomo libero? Il piano politico viene subordinato a quello giudiziario in una fase di indagini preliminari. Il fatto che il gip ipotizzi un pericolo di reiterazione del reato riferito alle elezioni Regionali del 2025 presuppone una sospensione dell’incarico fino a tale data?». La Lista Toti commenta così la decisione della gip Paola Faggioni, sottolineando come «non possa passare il principio per cui la libertà è subordinata alle dimissioni e all’interruzione di un mandato ricevuto dagli elettori».

La sensazione è quella del muro contro muro. Solo che lo scontro è impari: da una parte non si può uscire di casa, dall’altra si può disporre della sorte dell’avversario. I pochi che sono legittimati a relazionarsi a Giovanni Toti lo descrivono relativamente tranquillo e totalmente determinato. Il presidente della Regione Liguria non vuole dimettersi. Meglio il martirio della resa. Convinto della propria innocenza, la prospettiva è quella di un calvario giudiziario, con ingiustizie patite messe in conto, che lo porterà, preso o tardi non a una riabilitazione ma a una vittoria.

 

 

 

Il presidente della Liguria potrebbe diventare il simbolo di una politica che resiste a un assedio giudiziario che sa di ricatto. Se Toti, malgrado l’indagine e gli arresti, non si dimette, si sfila ai pm il potere di decidere, sulla base di un avviso di garanzia o di un rinvio a giudizio, della sorte di amministratori regolarmente eletti. Sarebbe una vittoria di civiltà giuridica. È probabile, stando a quanto dichiarato dall’avvocato Stefano Savi, che nei prossimi giorni Toti chiederà di poter avere qualche incontro di lavoro, come ha avuto due settimane fa con il suo assessore ai Lavori Pubblici e alla Viabilità, Giacomo Giampedrone, magari anche con rappresentanti della politica nazionale. La giunta si sta radunando regolarmente ma, passate le Europee, per andare avanti ci potrebbe essere bisogno di un segnale forte da Roma.

Naturalmente la sinistra insiste per le dimissioni del presidente. Anche ieri il Pd ligure ha chiesto a Toti di «dimettersi per consentire ai liguri di votare»; al di là delle posizioni di facciata, anche l’opposizione pare però persuasa che la giunta reggerà, con l’avallo del centrodestra nazionale, almeno fino all’autunno e all’approvazione del bilancio regionale. Dimissioni a breve del governatore significherebbe infatti portare la Liguria al voto a ottobre, in contemporanea con Emilia-Romagna e Umbria, che si annunciano consultazioni complicate per la maggioranza di governo. Se proprio si dovrà andare alle urne anzitempo, meglio aspettare e portare Genova al voto con il Veneto.

 

 

 

Nel frattempo, dopo le dimissioni di Paolo Piacenza, presidente dell’Autorità Portuale di Genova dopo Paolo Emilio Signorini e anche lui indagato, il ministero dei Trasporti ieri ha nominato come commissario straordinario aggiunto, in affiancamento all’ammiraglio Massimo Seno, il docente di Diritto Privato Alberto Maria Benedetti. Il giurista, nel 2018, era risultato il più votato sulla piattaforma grillina Rousseau tra i candidati laici per il Consiglio Superiore della Magistratura, nonché sponsor della riforma costituzionale di Matteo Renzi bocciata con il referendum del 2016. A volte tornano, altre non se ne vanno mai.