Un gesto clamoroso

Decreto flussi, "una pratica può rendere 15mila euro": ecco il meccanismo criminale

Fausto Carioti

Alle 11 di ieri mattina Giorgia Meloni ha fatto un gesto clamoroso anche per un capo del governo fuori dagli schemi come lei. È entrata nell’ufficio di Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia, e gli ha consegnato un esposto sui flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari avvenuti negli ultimi anni. Una denuncia contro la mafia dell’immigrazione: non l’immigrazione clandestina, ma quella presuntivamente regolare, che approfitta degli ingressi garantiti dai cosiddetti “decreti flussi”.

Il meccanismo funziona così. Nel giorno e nell’ora stabiliti (il “click day”) i datori di lavoro presentano le richieste di nulla osta per l’ingresso di manodopera extracomunitaria, con le generalità dei lavoratori che intendono assumere. Costoro, se rientrano nelle quote, potranno chiedere il visto per entrare in Italia e, una volta qui, ottenere il permesso di soggiorno per lavoro. Gli imprenditori, insomma, hanno il potere di decidere chi può entrare legalmente. E leggendo i dati del Viminale la premier si è convinta che alcuni siano in combutta con organizzazioni criminali ramificate in Italia e all’estero, che si fanno pagare per garantire l’entrata a immigrati che, una volta qui, tutto faranno tranne che lavorare per chi li chiamati.

 

 

Parlando in consiglio dei ministri, Meloni ha ricordato che nel settembre del 2023 il governo decise di monitorare il funzionamento del meccanismo dei flussi. E proprio questo controllo, concluso a maggio, ha portato alla luce il verminaio.

«Dati allarmanti», avverte la premier. Di due tipi. Il primo riguarda il click day: da alcune regioni è partito un numero di richieste sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro. Cita il caso della Campania: nel 2023, su 282.000 domande presentate in Italia per l’assunzione di stranieri per lavori stagionali, 157.000 (il 56%) arrivavano da questa regione. Che però ha solo il 6% delle aziende agricole nazionali: qualcosa non torna.

L’altra anomalia, più grave, riguarda la percentuale di extracomunitari che vengono davvero contrattualizzati. «In Campania», scandisce il capo del governo, «meno del 3% di chi entra con un nulla osta sottoscrive poi un contratto di lavoro». 

È il caso più clamoroso, ma non l’unico. Sein Liguria, Trentino- Alto Adige e Friuli- Venezia Giulia i contratti stipulati sono più dell’80% rispetto ai visti d’ingresso, in Calabria la quota è inferiore al 20% e in Basilicata, Puglia, Sicilia e Molise non arriva al 30%. «Numeri spaventosi», dice la premier.

Spaventano anche la conclusioni che ne trae. «La criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle domande e i “decreti flussi” sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro». Quanto? «Secondo alcune fonti», dice, «fino a 15.000 euro per “pratica”».

 

 

L’ipotesi è confermata dal fatto che la grande maggioranza degli stranieri entrati così negli ultimi anni «proviene da un unico Stato, il Bangladesh, dove le autorità diplomatiche parlano di fenomeni di compravendita dei visti per motivi di lavoro». E i bengalesi, ricorda, «sono anche la prima nazionalità di immigrazione illegale». Significa che c’è «un collegamento forte tra organizzazioni criminali che operano nel Paese di partenza e organizzazioni criminali che operano nel Paese di arrivo». Non manca un affondo contro i governi precedenti: «Abbiamo fatto una ricognizione sui due decreti flussi varati da noi», dice la premier, «ma è ragionevole ritenere che le stesse degenerazioni si trascinassero da anni e mi stupisce che nessuno se ne sia reso conto».

Molte cose, quindi, dovranno cambiare. A partire dalla verifica delle domande di nulla osta e dai criteri con cui le quote sono definite. Dovrebbero essere responsabilizzati gli imprenditori, anche coinvolgendo le associazioni di categoria.

Il governo valuta di creare la “black list” di quelli che assumono una quota troppo piccola degli immigrati richiesti, ai quali sarà impedito di fare nuove domande, e la “white list” di coloro che fanno le cose nel modo giusto. È possibile che cambi pure il meccanismo del click day. «Un evento unico nazionale che mette tutti sullo stesso piano e consente a certe organizzazioni bene attrezzate di presentare moltissime domande è lo strumento migliore? Lecito dubitarne», spiega chi ha studiato la questione.
In uno dei primi consigli dei ministri dopo il G7, quindi entro giugno, Meloni promette di presentare «un articolato ampio e dettagliato» che risolva il problema. Vuole tornare al principio originario della legge Bossi-Fini: «Consentire l’ingresso in Italia solo a chi è titolare di un contratto di lavoro».