Non molla
Liguria, Toti non molla e vede i fedelissimi: "Votate no alla sfiducia"
Al venticinquesimo giorno agli arresti domiciliari, a Giovanni Toti è scappato un sorriso. È stato quando ha potuto alzare la testa dalle carte processuali, che sta compulsando senza sosta, ed è tornato per poche ore a dedicarsi alla Liguria. Dalle 11.30 alle 15 di ieri infatti, nella casa di Ameglia dove sta trascorrendo gli arresti domiciliari, neanche 5mila anime nello Spezzino, montagna che guarda il mare, autorizzata dalla Procura, si è tenuta una ristretta riunione di giunta. Il presidente, alla presenza del suo avvocato, Stefano Savi, ha ricevuto l’assessore alla Protezione Civile, nonché amico di famiglia e compagno di partito, Giacomo Giampedrone, e ha studiato con lui alcuni dossier, preparando la giunta regionale che si terrà martedì prossimo a Genova. Programma di ordinaria amministrazione, quattro milioni di euro da sbloccare per la manutenzione di alcune strade e poi la messa in sicurezza del Bisagno, fiume che può rivelarsi improvvisamente impetuoso e traditore, proprio come il Natisone, in Friuli. La Regione aspetta ora il via libera del ministro dell’Ambiente, il forzista Gilberto Pichetto Fratin, perché Giampedrone, a cui Toti ha rilasciato le deleghe in materia, possa firmare gli atti ufficiali.
PROGETTI DA REALIZZARE
E poi c’era da preparare politicamente l’appuntamento di martedì, quando l’opposizione ripresenterà la mozione di sfiducia, un atto telefonato e formale, che la sinistra non ha i numeri per far passare. «Dal lungo confronto sono emerse con forza l’intenzione di andare avanti in modo compatto con la maggioranza di centrodestra, per difendere i risultati raggiunti nei nove anni di mandato e l’intenzione di respingere con fermezza la mozione di sfiducia», recita la nota dell’avvocato Savi. «La giunta continuerà a lavorare per la realizzazione dei progetti di mandato affidatigli dagli elettori, essendo pienamente operativa con il vice facente funzioni, il leghista Alessandro Piana», conclude il comunicato. L’ennesima conferma che l’inchiesta ha compattato la maggioranza e i partiti che la compongono, in oggettiva fibrillazione prima dell’arresto del presidente.
La nota affidata al suo legale è la risposta del governatore a quanti sostengono che, innocente o colpevole che sia, dovrebbe dimettersi per il bene della Regione, altrimenti paralizzata, per il semplice fatto di essere agli arresti. È un punto di vista che Toti rifiuta totalmente. Nella sua testa, finché non sarà libero, neppure si porrà il problema se lasciare o no. Ritirarsi ora per lui sarebbe come cedere a un ricatto. Le dimissioni da indagato agli arresti significherebbero infatti per il presidente certificare la supremazia della Procura sulla politica, per cui basta un semplice provvedimento dei pm, neppure troppo giustificato, per sciogliere una maggioranza e portare una Regione al voto anticipato, troncando anni di lavoro e progetti. È una questione giuridica e di principio: se la presunzione di innocenza vige non solo nelle chiacchiere dei salotti televisivi ma anche nella vita reale della politica, allora un eletto indagato, e finanche agli arresti, ha diritto a restare dov’è e governare fino alla condanna.
È rispettando questo spirito che la Procura ieri, pur essendo ferocemente colpevolista, ha autorizzato tra Toti e il suo fedelissimo - pare che le madri dei due siano addirittura vicine di casa- un incontro lungo e con piena libertà di affrontare qualsiasi tema. Sempre nell’ottica di non andare al braccio di ferro con la Procura, l’avvocato Savi ha deciso di soprassedere ancora un po’ prima di presentare l’istanza di revoca degli arresti domiciliari per il suo assistito. Finora i pm si sono dimostrati in grado di condizionare pesantemente le decisioni del giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni, la quale nel negare tutte le attenuazioni delle misure di interdizione che le sono state chieste non si è mai discostata dalle indicazioni dei pm.
OSTACOLI POLITICI
Con Toti però, se si avrà la pazienza di presentare l’istanza tra qualche settimana, le cose potrebbero cambiare. Nell’ordinanza d’arresto il giudice per le indagini preliminari ha scritto che la detenzione del governatore era dovuta al pericolo che si protraesse il reato di corruzione elettorale. Il prossimo fine settimana si vota e pertanto probabilmente si dovrà aspettare almeno fino ad allora prima che l’avvocato presenti istanza di scarcerazione; ma una volta scavallata quella data, dovrebbero emergere novità rilevanti dall’inchiesta per giustificare il mantenimento del presidente agli arresti.
L’ostacolo alla liberazione resta sopratutto politico, come forse fin dall’inizio è stato tale il motivo dell’arresto. Non più ai domiciliari infatti, Toti riprenderebbe in prima persona la propria attività amministrativa, allontanando lo spettro del voto anticipato e mandando a vuoto la spallata della sinistra al suo governo. C’è da dire che, negli ambienti vicini alla maggioranza regionale, è stato interpretato come un segnale positivo il sì al vertice tra il presidente e Giampietro; come pure il fatto che il procuratore Nicola Piacente abbia annunciato nei giorni scorsi che l’inchiesta si chiuderà probabilmente dopo l’estate è ora letto come un elemento a favore della fine degli arresti, che altrimenti si protrarrebbero per un tempo insensato rispetto ai reati contestati e alle prove che supportano l’accusa.