La ricorrenza della Repubblica

La sinistra è allergica alla festa del 2 giugno

Corrado Ocone

Il referendum che il 2 giugno 1946 scelse per l’Italia la forma repubblicana fu divisivo. Lo fu per la frattura geografica che segnò fra il Sud, in maggioranza monarchico, e il Nord; per il margine risicato con cui la Repubblica prevalse; per le accuse di brogli, spesso documentate. Né storicamente può dirsi che la Repubblica fu figlia della Resistenza: sia perché nella lotta partigiana erano presenti formazioni monarchiche, sia perché numerosi leader del nuovo Stato avevano votato monarchia. Significativo fu il caso di Luigi Einaudi, autore su l’Opinione di un articolo in cui illustrava le ragioni del suo voto per la monarchia. Ciò non gli avrebbe impedito di diventare, due anni dopo, il primo Presidente della Repubblica italiana. Nemmeno è da sottovalurare il fatto che l’assemblea costituente andò a delineare la figura di un Presidente della Repubblica che si poneva come una sorta di monarca costituzionale, seppur elettivo e temporaneo.

La stessa scelta del Quirinale, già sede del re, avvalorò in molti l’impressione di una continuità, che di fatto era tutta nel ruolo del capo dello Stato: incarnare simbolicamente, come ebbe a dire il Presidente della Commissione dei 75 che redasse la Costituzione, Meuccio Ruini, «l’unità e la continuità nazionale, la forza dello Stato, al di sopra delle fuggevoli maggioranze». La figura di “monarca repubblicano” avrebbe dovuto assomigliare a quella del re inglese. Chiunque potrà esprimere un suo giudizio sulla misura in cui i vari Presidenti siano riusciti a rappresentare l’unità della nazione al di là delle legittime, ed anzi vitali, divisioni che la lotta politica comporta in democratico. E forse è da questo angolo che andrebbero giudicate le riforme di questo governo, dal premierato all’autonomia.

 

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Oggi la lotta politica ha assunto un carattere così radicale, per volontà della sinistra, che la coesione della nazione sembra essere messa in discussione. È questo il vero vulnus che si appalesa per le sorti del capo dello Stato e della stessa Repubblica. Per la sinistra non esistono avversari politici ma solo nemici da odiare. Non è perciò da minimizzare il fatto che oggi né Conte né la Schlein saranno presenti alla parata del 2 giugno, né che la seconda abbia addirittura concepito una contro-manifestazione, poi ridotta a mobilitazione di quartiere al Testaccio proprio, a quanto sembra, per non irritare il Colle. Cosa avrebbero detto o pensato i Padri?

 

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