Il colloquio
Toti, Paola De Micheli: "Resto garantista, non sono io a dover giudicare"
Paolo Emilio Signorini? Sembrava così una brava persona. Il grande corrotto, stando alla tesi dell’accusa dell’inchiesta di Genova, era un uomo al di sopra di ogni sospetto. Anche agli occhi di chi lo aveva nominato alla presidenza dell’Autorità del Porto. «Io per la verità l’ho riconfermato», sostiene Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture ai tempi del governo giallorosso (Conte 2), «Si era insediato con il ministro Delrio e l’ho riconfermato».
Nessun sospetto mai sulla sua vita allegra?
«Parliamo del 2020 e ai tempi non c’era nessuna evidenza di quanto risultato poi dalle intercettazioni. Io sono garantista, continuo a esserlo, e non faccio processi. Se vuole proprio saperlo, le dico che quanto ho letto mi turba, tuttavia è innegabile che, al momento della nomina e della sua conferma, Signorini avesse una storia manageriale importante e adatta al ruolo».
Onorevole, lei ha anche approvato la Diga Foranea, contro la quale si sta scatenando, specie da sinistra, una mezza campagna di sabotaggio, perché la vuole Matteo Salvini, che era a Genova venerdì per la posa in acqua del primo cassone, e perché Giovanni Toti ha dichiarato che la si faceva per Aldo Spinelli...
«La fermo subito: ritengo la Diga Foranea un’opera importante, un lavoro al servizio di tutto il porto e del sistema commerciale italiano. Dico di più: è essenziale per lo sviluppo del porto di Genova, come tutte le altre opere infrastrutturali a essa collegata, dalla Gronda Autostradale alla alta velocità».
Perché non lo spiega al Partito Democratico?
«Il Partito Democratico lo sa benissimo, tant’è che molti lavori li abbiamo progettati noi e finanziati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
A Genova molti cittadini, più che arrabbiati con Toti, sembrano preoccupati che, se torna al governo la sinistra, tutto si ferma e addio Rinascimento ligure...
«Non confondiamo la richiesta di trasparenza, che giustamente il Pd sta portando avanti, con la volontà di bloccare i lavori. Anche io che sono di sinistra sono convinta che sarebbe sbagliato fermarsi, ma serve trasparenza e condivisione».
Si corre il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca?
«Vediamo intanto quanto è sporca l’acqua. Io mi permetto di suggerire alla maggioranza, in Regione e a Roma, una maggiore condivisione con la comunità locale, piuttosto spaesata».
Cinque Stelle, vostro potenziale alleato, sta speculando politicamente sulla vicenda...
«Non guardiamo all’oggi. Quando parliamo del porto di Genova bisogna riuscire a immaginare cosa vogliamo che sia la portualità italiana tra dieci anni».
Nello specifico, la Diga a cosa serve?
«A fare attraccare le navi più grandi, che attualmente non possono. Navi più grandi significa più lavoro, più commercio, più entrate fiscali da quello che, con oltre 5 miliardi l’anno, è già il principale contribuente italiano; ovverosia il porto».
La Diga però costa molto; non troppo?
«È un lavoro imponente e molto complesso per le particolarità del mare davanti a Genova. Costerà un miliardo e trecento milioni, sempre che non aumenti il prezzo, visto che le materie prime ora costano di più rispetto ai tempi del progetto. Però nel medio periodo si ripagherà. Soprattutto, se non si dovesse realizzare, il porto non rimarrà quello attuale, ma regredirà il suo ruolo nel panorama mondiale».
Ci sono dei tecnici che sostengono sia pericolosa...
«Mi fido dei medici e degli scienziati quando c’è il Covid e mi fidoi degli ingegneri quando mi occupo di opere pubbliche. Il progetto è stato sottoposto al vaglio del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che ha dato il suo via libera. I problemi sono emersi nell’aggiudicazione della gara e segnalati dall’Anac recentemente. Il via libera finale al progetto è avvenuto con il governo Draghi, un altro esecutivo che ha ritenuto l’opera strategica».
E delle accuse che hanno travolto Giovanni Toti, cosa pensa?
«Anche qui, resto garantista e non sono io a dover giudicare. Io con Toti ho sempre avuto buoni rapporti istituzionali, pur giudicando negativamente il suo operato politico».
Ma, sembra voler aggiungere?
«Ho percepito in lui una grande ansia di apparire l’uomo del fare».
Tutto bene, quindi?
«Dopo il crollo del Ponte Morandi, il governo di cui facevo parte ha cantierizzato tutta l’autostrada ligure per i gravissimi problemi rilevati su ponti e gallerie. La Regione ci attaccò senza pietà per le code del 2020. Avrebbe dovuto essere solidale con la nostra radicale scelta di sicurezza».
Il Ponte Morandi è stato il capolavoro di Toti e Bucci?
«Ottimo lavoro, soprattutto delle imprese e degli operai, ma lo schema è irripetibile. Innanzitutto perché il progetto è stato donato, da Renzo Piano, e poi perché si trattava di una ricostruzione. Con le grandi opere da realizzare ora, queste accelerazioni sono piu complicate perché si comincia da zero. inoltre il clima politico del momento mi ha consentito un accordo fondamentale con i sindacati per lavorare ventiquattr’ore al giorno e fare uno scatto in avanti sulla sicurezza: ecco, questo è stato realizzato anche in altri cantieri».