Classifiche

Berlusconi e Salvini tra i libri più venduti

Francesco Specchia

Ma che ci faccio io qui? Come il Bruce Chat win in visita da Ernst Jünger, alla ricerca dello Yeti o in Africa mentre si scatena un colpo di Stato, Matteo Salvini, dal calderone della campagna elettorale si ritrova catapultato sulla vetta della classifica dei libri più venduti. Ohibò. «Che ci faccio io qui?» – si chiede, chatwiniano, Salvi ni - piazzatosi appena dopo il fenomeno postumo di Michela Murgia e il fenomeno contemporaneo Joël Dicker; issato da improvvisa fama lì sopra, assieme agli amabili resti letterari dell’immortale Berlusconi, a guardare dall’alto i blasonatissimi avversari Roberto Saviano e Antonio Scurati? Che ci faccio io qui? S’arrovella il leader leghista, compulsando una ad una le 16.622 copie vendute del suo Controvento- L’Italia che non si arrende (7.522 certificate più 9.100 vendute direttamente dall’editore Piemme, «che però non sono conteggiabili», pignoleggia il sito Pagella politica). E riflette, Matteo, sul fatto che la sua Weltanschauung, la personale visione del mondo di un politico che – per quanto carismatico - dovrebbe essere cosa per pochi intimi elettori, be’, ora si trova al limite del caso editoriale.

Ad un’analisi superficiale, e a lettura di eminenti critici, il libro di Matteo starebbe nel mazzo. Né bello né brutto, è scritto con sintassi parlata, racchiude la filosofia politica della Lega di governo, riempie la pagine di aneddoti, di rivelazioni e di buoni propositi. E affronta temi disparati, come cita la sinossi del libro: «Dall’autonomia al Ponte sullo Stretto, al rapporto con Mario Draghi in clima d’emergenza nazionale, dalle differenze di vedute con l’ex presidente della Banca centrale europea alle pressioni ricevute da Berlino e Parigi per evitare la caduta dell’esecutivo e dunque il ritorno alle urne», fino all’estenuante processo politico/mediatico sulle Ong. La sua essenza di politica avventurosa si condensa in una frase che Salvini pronuncia davvero alla Chatwin: «Se avessi voluto una vita comoda, mi sarei iscritto al Pd. Ho scelto diversamente, senza rimpianti». E sta bene. Ritratto di un leader familiare in un interno, insomma. Nulla di nuovo. Eppure, appena uscito, Salvini era primo in classifica. Primo.

 

 

AL TOP DELLA HIT
E lo stesso concetto vale per il sentito racconto che Paolo Del Debbio fa del Cavaliere nel suo In nome della libertà. La forza delle idee di Silvio Berlusconi vergato per Piemme, sull’eredità politica del Berlusca. Trattasi d’un pamphlet corredato dall’ultimo scritto inedito – sul letto d’ospedale - dall’ex premier, e dalla commossa prefazione della di lui figlia Marina. Anche qui, come nel caso di Salvini, la sensazione, di prim’acchitto, era quella di un bel racconto, denso, sì, di cuore e nostalgia; ma a cui, onestamente in pochi avrebbero preconizzato il top della hit libraria. Io pochi, compreso il sottoscritto. E invece. Invece Salvini, attualmente, nell’irreprensibile classifica del Sole 24Ore, si trova al 5° posto. E Berlusconi all’8°. Prima di loro, la solita Michela Murgia con Ricordatemi come vi pare. In memoria di me (Mondadori), storia d’una ragazza di provincia, addestrata a leggere il Vangelo e ad accontentarsi di sopravvivere, «che s’è messa in testa di cambiare il mondo affidandosi a un’irriducibile aspirazione alla felicità perseguita solo in parte prima di lasciarci». E, dopo la Murgia, affiora Un animale selvaggio (La Nave di Teseo) romanzo poliziesco «della svolta» in cui Dicker è anche l’editore di sé stesso (il suo primo bestellerissimo fu Il caso Alaska Sanders, uscito in Italia sempre per la Nave di Teseo nel marzo 2022). Dopodiché, svettano lo straordinario idolo dei ragazzini Pera Toons con Che spasso (Tunuè), e la sorpresa poliziesca La donna che fugge di Felicia Giménez-Bartlett (Sellerio). Molto dopo, a completare la top ten, si registrano i titoli di Ferzan Ozpetek, Gianrico Carofiglio e la novità Enrico Galiano.
Salvini quinto e Silvio ottavo: il succo sta tutto qui. E già questa sarebbe una classifica generale spiazzante. Ma la vera sorpresa sta nelle classifica particolare dei libri di saggistica.
Laddove, dopo l’inarrivabile Murgia, Salvini risulta al secondo posto; e Berlusconi raccontato da Del Debbio al terzo. Dopo di loro – molto dopo - a ruota, ecco apparire, appunto, Roberto Saviano quarto con Noi due ci apparteniamo - Sesso amore violenza nella vita dei boss, edito Fuoriscena; e, quinto, l’ubiquo Scurati con Fascismo e populismo, Mussolini oggi, Bompiani. Dal che, la domanda che affiora è di tipo esistenziale: com’è possibile che due titoli su dei leader politici (vieppiù con la repulsione che la gente dovrebbe avere verso la politica specie di destra, secondo la vulgata a sinistra) vendano più dei due grandi bestselleristi professionisti supportati, specie nelle ultime settimane, da battage ideologico, farcito di eterna, spossante, evocazione della censura “fascistoide”? Qualche collega mi cita l’“effetto passaparola” che lanciò nel panorama letterario L’ombra del vento, di Zafòn, Limonov di Carrere, Va dove ti porta il cuore della Tamaro. Forse è una spiegazione un tantino ardita.


ENTRARE IN EMPATIA
Probabilmente la ratio di questo exploit salvinian-berlusconiano è un’altra. È che, magari, le menti semplici, cioè quelle «non attrezzate ad affrontare le sovrastrutture dell’ideologia e della strategia elettorale«, i low brow (come dicevano dei miei amici liberal della Ztl milanese convinti che la Moratti fosse la Thatcher); be’, costoro, tendono, alla fine, ad entrare in empatia con i loro riferimenti politico-sociali di tutti i giorni. Sarà un effetto pop, molto pop, poppissimo. Ma gli elettori di destra tendono voracemente a conoscere l’intimità dei propri referenti. Sono a volte critici, ma in fondo si fidano. È già accaduto con il libro di Giorgia Meloni, Io sono Giorgia, per mesi inchiodato alle hit: 100mila copie in dieci giorni, cinque ristampe in sei settimane, poi vinse le elezioni. Non è accaduto con i libri di Enrico Letta, di Elly Schlein, perfino di Saviano e Scurati. I quali, per una volta, osservano i barbari dal basso. E ancora sono lì che non capiscono perché...