Come la mettiamo?
Da Zaki a Pipierno, sono tutti tornati a casa: i successi del centrodestra
Non solo Ilaria Salis. La diplomazia italiana è quotidianamente impegnata su vari fronti, seppur molto meno mediatici, per cercare di risolvere almeno alcuni degli oltre 2mila casi di cittadini italiani detenuti all’estero, di cui la maggior parte in Germania. Per alcuni i tentativi di estradizione o scarcerazione hanno rappresentato delle vere e proprie odissee. Basti pensare al caso di Chico Forti, il 65enne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike. Il suo dossier ha diviso per molto tempo l’opinione pubblica italiana e internazionale, con la sua pena che è stata oggetto di numerose mobilitazioni innocentiste.
Nel 2020 ci fu il primo tentativo di riportarlo in Italia da parte dell’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Forti si appellò alla “Convenzione Europea perla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali“, documento però mai sottoscritto dal governatore della Florida Ron De Santis. Lo scorso marzo a riuscire nell’impresa di rimpatriarlo dopo 25 anni è stato il governo Meloni, che ha ottenuto il trasferimento dagli Stati Uniti all’Italia dove finirà di scontare la sua pena. Proprio ieri Forti è comparso davanti al giudice americano e ha firmato il proprio assenso al trasferimento in Italia. Più politico e meno giuridico il caso di Alessia Piperno, 32enne blogger romana arrestata nel 2022 in Iran dov’era arrivata via Pakistan in occasione del suo compleanno. Il 28 settembre venne fermata e rinchiusa in una cella con altre donne, senza nemmeno sapere il perché. L’avevano confinata nella sezione 209 di Evin, destinata agli oppositori politici. In quei giorni le strade della capitale iraniana si erano riempite di proteste per la morte di Mahsa Amini, la 22enne uccisa dalla polizia morale perché non indossava correttamente l’hijab. Dopo 45 giorni di detenzione il governo Meloni appena insediato ottenne la sua scarcerazione grazie ad una intensa attività anche di intelligence che bisogna precisare però essere iniziata già alla fine del governo Draghi.
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Fiore all’occhiello degli ultimi anni dell’attività diplomatica italiana, e dell’esecutivo Meloni, è però senza dubbio il ritorno in Italia di Patrick Zaki. Lo studente egiziano dell’università di Bologna, era stato condannato a tre anni di carcere per aver denunciato la discriminazione dei cristiani, un verdetto che aveva spinto diversi esponenti dei diritti umani ad abbandonare il “dialogo nazionale” lanciato dal governo egiziano per dare voce a tutti. Avrebbe dovuto scontare 14 mesi dei tre anni di pena (22 mesi già passati in carcere in attesa del verdetto). La sentenza di condanna a Zaki, emessa dopo un’infinita serie di rinvii, non era appellabile e l’attivista era stato subito trattenuto dalle autorità e portato via dall'aula: si erano levati appelli per la sua grazia sia dal governo italiano che da quello statunitense. Solo nell’estate del 2023 il presidente egiziano al-Sisi gli ha concesso la grazia, liberandolo e consentendo il suo ritorno in Italia. La decisione di al-Sisi, però, fu il frutto del lungo pressing politico e diplomatico della Farnesina.