L'intervista

Giovanna Giolitti: "Io in FdI? Come rispondo alle critiche dei miei parenti"

Brunella Bolloli

Il sito di Giovanna Giolitti è ricco di citazioni in latino e di titoli nobiliari, come si addice a una pronipote del cinque volte presidente del Consiglio dei ministri, dopo Cavour l’uomo politico più importante dell’Italia liberale, nonché «leader controverso», secondo la definizione che ne diede lo storico Massimo Salvadori. A Giovanni Giolitti (1842-1928) si devono incontestabili successi in campo economico e sociale - con l’età giolittiana decollò la rivoluzione industriale italiana - e varie riforme a favore dei lavoratori; non tutto gli riuscì alla perfezione, come l’accordo sfumato tra socialisti e radicali, ma è fuori di dubbio che si tratti di uno statista, ed è così che lo chiama la pronipote, nobildonna in quanto discendente diretta del bisnonno Collare della Santissima Annunziata. Avvocato civilista, Giovanna Giolitti parla quattro lingue e dopo avere fatto l’assessore al comune di Cavour, ha detto sì alla candidatura europea con Fratelli d’Italia.

Peccato che la sua discesa in campo al fianco di Giorgia Meloni non sia piaciuta all’altro ramo della famiglia, quello che ieri sulla prima pagina de La Stampa ha manifestato il proprio disappunto con un articolo dal titolo “Giolitti antifascista: No a patti con Fdi”. Alcuni congiunti dell’illustre presidente non hanno gradito la mossa di Giovanna perché sia Giovanni Giolitti che suo nipote Antonio «si sono distinti», scrivono, «per la loro scelta antifascista». Di Giovanni ricordano l’avversità nei confronti di Benito Mussolini, di Antonio la militanza nel Pci e l’avere partecipato «in prima persona alla Resistenza». Insomma, «non nel mio nome», sentenziano “gli eredi Giolitti”. Ma la pronipote, proprietaria della casa nota come Villa Plochiù- Giolitti dove ha vissuto lo statista, non si scompone e qui spiega perché.

 

 



La sua candidatura con Fratelli d’Italia ha scatenato più tensioni in famiglia che tra le opposizioni. “Giù le mani dal presidente Giolitti”, hanno scritto sulla Stampa. Se lo aspettava? Cosa risponde?
«Rispondo che ognuno di noi gestisce il proprio nome ed è responsabile per le proprie scelte. Alcuno dei discendenti è depositario esclusivo dell’interpretazione delle tradizioni di famiglia e pertanto in base al proprio sentire ognuno di noi può effettuare esternazioni che poi possono essere condivise o meno».

Perché ha scelto proprio Fratelli d’Italia?
«Per il sentire comune con determinati valori, come il forte senso per le istituzioni, il valore di far parte di una comunità, e la consapevolezza del valore delle capacità di noi italiani, la condivisione dei precetti cattolici che fanno parte della nostra tradizione».

Come scrivono “gli eredi Giolitti” (sia di Giovanni che di Antonio) la storia della vostra famiglia “è incompatibile con i valori di Fdi”?
«Più che eredi, direi discendenti. Vede, i valori sono molto relativi, sono suscettibili di interpretazione, ma leggendo lo statuto di Fratelli d’Italia, in particolare l’articolo 1 dove si parla di una politica basata su libertà, democrazia e giustizia, ecco non credo siano valori lontani da quelli voluti dal mio bisnonno».

È libero professionista, fa l’avvocato e ha già avuto esperienze politiche nel suo territorio. Cosa la spinge a tentare la strada dell’Europarlamento?
«Mi sono resa conto nell’esercizio della professione di quanto le normative siano spesso difficili da applicare, come molto spesso la loro armonizzazione non trovi un corretto svolgersi. L’Europa può essere una grande risorsa, politica economica ma deve riuscire ad essere più vicina alle esigenze dei suoi cittadini. Voglio mettere a disposizione le mie competenze per contribuire a questa necessaria evoluzione e soprattutto desidero essere un riferimento per le persone del mio territorio».

Di Fratelli d’Italia chi le ha fatto la proposta della candidatura?
«Non è importante da chi sia arrivata l’offerta. Conta il fatto che ho dato la mia disponibilità al partito, il quale ha accolto favorevolmente la mia candidatura».

Ha parlato con Giorgia Meloni?
«No, non ho mai parlato con Giorgia Meloni, ma ho avuto modo di incontrare deputati e senatori di Fratelli d’Italia».

Fdi fa parte di Ecr, il partito dei conservatori europei che venerdì si riunisce a Madrid in un grande evento elettorale. Giorgia Meloni, che è leader di Ecr, da sempre dice no a un’altra maggioranza Ursula per guidare la Commissione europea. Pensa che alla fine scenderà a patti con il Partito Popolare europeo?
«Gli equilibri politici molto spesso portano ad effettuare scelte al fine di poter governare e portare avanti dei progetti sul lungo termine. A mio modo di vedere, comunque, occorrerà attendere gli esiti delle elezioni europee».

A livello nazionale, invece, la politica sembra essere caratterizzata dallo scontro tra “fascismo” e “antifascismo”. Ha ancora senso dividersi su questo?
«Non ha alcun senso parlare di fascismo e antifascismo, soprattutto fossilizzarsi su etichette di eventi storici che non sono assolutamente ipotizzabili oggi. Allo stato attuale rende sterile la discussione politica, che invece dovrebbe essere incentrata sul perseguimento degli interessi dei cittadini. Occorre lasciare discorsi altamente divisivi e connotanti pregiudizio».

 

 

 

I suoi avversari le chiederanno di sicuro se lei è antifascista. Cosa risponde?
«Dico che sono una liberale moderata di destra e che non sto vivendo in una società governata da alcun regime, ma in una Repubblica nella quale il Presidente del Consiglio dei Ministri e i suoi ministri hanno giurato sulla Costituzione».

I manifesti di Atreju, i giovani di Fdi, stanno facendo discutere. Sono troppo irriverenti o la sinistra non sa più scherzare?
«La sinistra mi pare sia piuttosto tagliente quando decide di prendere parola o far satira sulla destra, ma se la prende a male quando viene toccata.
Avere visibilità espone anche ad una crudele sagacia, mi vengono in mente certe caricature sul mio bisnonno che di sicuro non erano per nulla generose».

Da donna di Legge cosa pensa della separazione delle carriere tra magistrati?
«La separazione delle carriere deve avvenire senza alcun dubbio. È fondamentale la scelta all’inizio della carriera, della funzione da parte del magistrato se giudicante o requirente, solo così a mio modo di vedere vi può essere una reale garanzia di terzietà. Vede anche in questo caso il mio bisnonno era moderno: la pensava allo stesso modo».

A giugno non si vota solo per l’Europa, ma anche nella sua regione, il Piemonte.
«Sì, in Piemonte molti comuni dovranno rinnovare il proprio rappresentante contestualmente la regione e poi le politiche con le Europee. Sentendo molti amministratori vi è apprezzamento per l’operato di Alberto Cirio e del consiglio regionale, viene manifestata una maggior capacità di interazione con i consiglieri sul territorio. In effetti solo la collaborazione tra amministratori può rendere efficaci la gestione della regione».