L'ex Doge

Giancarlo Galan "senza soldi nel bosco?". Caduto in disgrazia, ma una sentenza può cambiare tutto

Ridotto sul lastrico e con pensieri suicidi, ora Giancarlo Galan può tornare a sperare. Una luce in fondo al tunnel potrebbe infatti accendersi dopo la sentenza che ha riguardato il suo ex assessore Renato Chisso il quale ha ottenuto il dissequestro di circa 332 mila euro di vitalizio.

L'ex Doge, ex ministro ed ex governatore del Veneto è finito in disgrazia dopo essere stato travolto dall'inchiesta sul Mose, la grande opera che oggi permette a Venezia di non finire sott'acqua quando il livello della laguna si alza. In una recente intervista al Corriere Galan ha raccontato di vivere da ormai da eremita in un bosco in una casa prestata dal fratello: "Non ho più nulla, non ho redditi, vivo dell'aiuto degli altri", aveva detto. E ancora, spiegava di essere stato lasciato anche dalla moglie.

Del resto, dopo le condanne gli sono stati sequestrati tutti i suoi beni e prosciugati i conti correnti. "Sono stato condannato dalla Corte dei Conti a pagare 5 milioni per danno d’immagine alla Regione, fino a che non saldo non posso avere carte di credito e conti correnti perché mi tolgono sistematicamente tutto".

 

 

Adesso però potrebbe tornare in possesso di una parte del vitalizio che gli era stato sequestrato. Secondo quanto riporta il Fatto quotidiano, "il Tribunale di Venezia ha infatti accolto il ricorso di Renato Chisso, che era assessore alle infrastrutture nella giunta Galan e che come lui ha patteggiato pena e risarcimento dei danni". Chisso, assistito dall’avvocato Maurizio Paniz, ha infatti ottenuto "il dissequestro di circa 332 mila euro di vitalizio. Lo stesso potrebbe accadere a Galan, che non ha ancora presentato il ricorso, ma si è già rivolto al legale". 

 

 

L'avvocato nel caso di Chisso "ha fatto valere il principio sancito da Corte Costituzionale e Corte di Cassazione secondo cui il limite del pignoramento è fissato (anche per i vitalizi) dall’articolo 545, comma 7, del codice di procedura civile. Esso prevede che 'le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà'".