Intervista

Roberto Formigoni svela il suo piano: "Torno in campo ma non vado a Bruxelles"

Fabio Rubini

Roberto Formigoni non correrà per un seggio all’Europarlamento. Le voci su una sua possibile ridiscesa in campo si sono rincorse per mesi, ma alla fine l’ex governatore di Regione Lombardia ha declinato tutti gli inviti. «Il mio però non è un addio alla politica attiva. Il rientro è solo rimandato di due o tre anni».

Ci spiega perché ha scelto di non correre?
«Ci sono due motivi che mi hanno fatto propendere per la non candidatura e sono entrambe legate a progetti in essere cui tengo molto: una scuola politica e un docu-film».

Partiamo dalla scuola politica. In cosa consiste?
«Da un paio d’anni sto portando avanti questo progetto teso alla formazione politica e culturale delle nuove classi dirigenti. Ho trovato tanti ragazzi di venti e trenta anni che hanno voglia di capire che cosa è davvero la politica».

E cos’è la politica per Formigoni?
«Dico loro che per fare politica serve avere anche una base culturale umanistica, scientifica e aggiungo io cristiano-liberale. Questo progetto, le dicevo, per me è molto importante e non solo lo voglio portare a termine, ma lo vorrei anche implementare arrivando a creare, magari, una vera e propria scuola politica».

 

 

Cosa che in questo Paese sembra mancare terribilmente...
«Il problema maggiore dell’attuale classe politica è la mancanza di formazione. Una volta c’erano le sezioni, i circoli, financo gli oratori, dove si poteva discutere e confrontarsi, perché questo è la politica: un esercizio di critica. Oggi, invece, la dote che conta di più è la fedeltà cieca al capo di turno».

Siamo curiosi... davvero sta girando un film?
«Ne sono il primo sceneggiatore e anche protagonista».

Di cosa parlerà?
«Nel “miracolo-Milano” degli ultimi 20 anni. In quel periodo la città si è aperta e si è trasformata: i grattacieli, la piazza Gae Aulenti, City Life, lo spostamento della Fiera e naturalmente Palazzo Lombardia. Ma la città non ha vissuto solo un cambiamento strutturale che ne ha ridisegnato lo skyline, ma anche un rivolgimento culturale molto importante. Noi che l’abbiamo determinato, però, non siamo stati bravi a raccontarlo. Ecco con questo docufilm vorrei colmare questa mancanza. Nella pellicola parleranno i protagonisti di quel miracolo: politici e architetti, senza distinzione di colore politico. Non sarà un film ideologico. E mi piacerebbe portarlo in giro nelle sale e proiettarlo anche nelle scuole e all’estero».

 



 

Torniamo alla politica. Le europee di giugno potrebbero ridisegnare l’Europa. Lei che idea si è fatto?
«Io mi auguro che il voto cambi la maggioranza che governa l’Europa. Spero in un’affermazione del Ppe e poi nell’aggiunta dei Conservatori e di altri partiti che sappiano cambiare politiche a questa Europa».

Cosa non le piace in particolare?
«L’Ue ha un problema relativo ai suoi valori fondanti. Deve recuperare identità. A partire dalle radici cristiane che con un errore storico madornale ha rinnegato. E poi deve essere meno ideologica. Il cambiamento climatico va combattuto, questo è certo, ma non distruggendo il tessuto produttivo delle nazioni».