Caso rovente

Piero Fassino, i vigilantes lo accusano: "Ci ha detto 'Non sapete chi sono io'"

Antonio Castro

Il più classico dei «lei non sa chi sono io» sarebbe rimbalzato nell’area commerciale A dello scalo internazionale di Fiumicino a metà aprile. E se (e sottolineo: “se”) fosse vero ci sarebbe già da sganasciarsi dalle risate. La guardia giurata che era di turno lo scorso 15 aprile al controllo passeggeri in transito del free shop romano sapeva benissimo (pare) chi fosse quel signore magro magro magro, indaffarato, frettoloso e tutto preso in una concitata conversazione telefonica. Poi la boccetta di Chanel, il trolley trascinato, il telefono da attaccare, la richiesta di chiarimenti sul contenuto della giacca del giaccone si è trasformata in uno show. 

Secondo le indiscrezioni che circolano oggi la Procura di Civitavecchia dovrebbe ascoltare i dipendenti delle società di gestione dei duty free di Fiumicino presenti nei giorni e negli orari in cui l’esponente di primo piano della Direzione Pd, Piero Fassino, è transitato nell’area commerciale dello scalo internazionale romano. Non si tratterà di veri e propri interrogatori ma, si mormora nelle aule giudiziarie di Civitavecchia, di «assunzioni sommarie di informazioni» visto che scorrendo le riprese delle telecamere di sicurezza dello scalo è «saltato fuori il fondato sospetto» che il caso della bottiglietta di Chanel non fosse una semplice distrazione.

 



Distrazione? È andata così? Troppe cose per le mani (cellulare, giaccone, la maniglia del trolley, la boccetta di profumo per una gentile signora)? La testa che frulla tra gli impegni della Direzione Pd, le trasferte a raffica a Strasburgo, gli impegni nello storico collegio elettorale piemontese alla vigilia delle imminenti elezioni elettorali europee dell’8 e 9 giugno. Passano le ore e l’ex segretario dei Ds (Democratici di sinistra, correva l’anno domini 2001, una vita fa), viene bombardato sui social da meme, vignette e battuttacce da caserma quando ancora non c’è neppure una contestazione di reato. Tutti sanno, o fanno finta di sapere, cosa sia successo nell’area aeroportuale commerciale 1 di Fiumicino. Declinato in romano verace suona così: «C’era un amico, damme retta, mi cugina, mi zia, mi nonna». È tutto un rincorrersi di «so tutto io».

È mai possibile? Fassino non è di primo pelo. È un parlamentare che siede nella Direzione Pd da quando gli attuali reggenti avevano i calzoni corti. Può vantare una grandinata di legislature sulle spalle (è dal 1994, XII legislatura), che ciondola tra Camera e Senato con incarichi anche europei oltre che puntellare come ministro o sottosegretario di “peso” la bellezza di quattro o cinque governi diversi. Possibile che un uomo politico tanto navigato vada a sbattere in un incidente del genere? Le ricostruzioni giornalistiche si avventurano nel racconto di ben tre episodi simili. L’allarme antitaccheggio suona spesso a Fiumicino e con milioni di passeggeri che pascolano in attesa della chiamata per l’imbarco e del gate dove precipitarsi c’è da farsi venire il mal di testa. L’unica certezza è che i sistemi di controllo biometrici attivi in aeroporto per prevenire atti ben più gravi secondo le direttive dell’antiterrorismo (non per una bottiglietta di Chanel) non hanno angoli ciechi. Neanche dietro ad una colonna si può sfuggire agli occhi elettronici installati ovunque. E saranno le immagini- che la Polaria conserva ben oltre il limiti imposti nei negozi ordinari per la tutela della privacy- a svelare se la bottiglia di profumo è precipitata per caso, per una distrazione per un impiccio di mani. O per un atto volontario. Certo un omone come Fassino, alto, magro come un chiodo, che stava in televisione a giorni alterni non passa inosservato. Gli uomini della sicurezza sono addestrati. Ai commessi- che rischiano di rimetterci in proprio con parte dello stipendio se non fanno attenzione - basta un’alzata di spalle per allertare i colleghi.