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Bergamo, pure al cimitero serve la patente antifascista

Marco Cimmino
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Ricordo che, quando ero in quarta ginnasio, rimasi colpito da una grottesca consuetudine, invalsa tra gli studenti del mio liceo, secondo cui, prima di parlare in assemblea, si richiedeva all’oratore di dichiarare ad alta voce il proprio antifascismo: discriminante antifascista si chiamava questo grottesco siparietto, a metà fra il surreale e lo staliniano. D’altronde, questa era la Bergamo degli anni Settanta: una sonnacchiosa città di provincia, in cui, sotto sotto, maturavano le reclute di Prima Linea.

Per certi versi, la Bergamo di oggi non pare granché cambiata, perlomeno a certe latitudini politiche, visto che il consiglio comunale del capoluogo orobico, qualche giorno fa ha approvato un emendamento al regolamento cimiteriale, in cui si impone, se si vuole svolgere una qualche celebrazione al cimitero Monumentale, la compilazione di un modello telematico, in cui si dichiari di essere antifascisti: altrimenti, niet. Per la verità, questa condizione era già stata posta nel caso di utilizzo di sale comunali: adesso, però, la probante dichiarazione viene richiesta anche per manifestazioni funebri.

 

 

A parte che questa bella trovata ci proietta indietro nel tempo, fino agli anni formidabili delle P38 e delle Hazet, a me, al di là di qualunque altra considerazione, sembra una sciocchezza fatta e finita. Non sto a scomodare il mio mestiere di storico evi risparmio il pistolotto sui tempi che cambiano: mi limito a dire che questa discriminante mi pare una fesseria. Capisco che, avvicinandosi le elezioni, a Bergamo si senta la necessità di ribadire alcuni concetti che, per quanto vieti, hanno sempre un certo appeal sulle masse: i proclami altisonanti, specialmente in chiave antiqualcosa, riscuotono un certo favore appo la folla. E, in fondo, la lotta alla minaccia fascista costa molto meno dell’asfaltare le strade o completare i cantieri.

Tuttavia, l’implicita vanità del provvedimento credo salti all’occhio. Nato dall’intenzione di impedire rigurgiti nostalgici e imbarazzanti celebrazioni del Ventennio, l’emendamento è mencio all’origine, giacchè anche il più fascista dei fascisti, ammesso che se ne trovino ancora in giro, non deve fare altro che compilare l’apposito modulo, inoltrarlo per via telematica, rassicurando i solerti difensori della democrazia di palazzo Frizzoni e, poi, andarsene bel bello al cimitero, a fascisteggiare quanto gli pare, protetto dalla sua dichiarazione, per quanto mendace. E che ci vuole?

Sei antifascista? Certamente: antifascistissimo! E, una volta gabbate le sentinelle della rivoluzione con una piccola, innocente, bugia, ecco il nostro truce repubblichino perpetrare, impunemente, i suoi loschi rituali, entro il sacro recinto cimiteriale. Ma a voi sembra una cosa intelligente? Ricorda quei questionari che ti distribuivano in aereo, quando andavi negli Stati Uniti (magari li distribuiscono ancora, data la proverbiale sagacia degli Yankee), in cui ti chiedevano se avessi mai militato nel Partito Nazionalsocialista Tedesco, se avessi mai fatto parte di gruppi terroristici e dove ti trovavi, tra il 1939 e il 1945. Naturalmente, un qualunque militante di Hamas o un ex aguzzino di Auschwitz non avrebbe esitato un secondo, prima di rispondere: sì, è vero, sono un criminale!

 

 

Ecco, mi pare di poter dire che questo emendamento vada nella medesima direzione ed esprima la medesima acutezza. Ed è la riprova, casomai ce ne fosse stato bisogno, di quanto la sicinnide antifascista manchi di solide basi razionali, nell’Italia del ventunesimo secolo. Anziché combattere le piaghe vere della nostra società, che sono la corruzione, l’ignoranza, il diffondersi del potere malavitoso, si preferisce correre dietro ai fantasmi, con modelli telematici antifascisti. Modelli che, più che contro il fascismo mi sembrano combattere attivamente contro il buon senso.

Comunque, irredimibili fascisti di tutto il mondo, sappiate che, se volete andare a fare i vostri comodi nel cimitero monumentale di Bergamo, non dovete fare altro che compilare un moduletto. Esattamente come facevano gli studenti di destra del mio liceo, quando volevano intervenire, in barba ai compagni. Cinquant’anni fa.

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