Par condicio

Pd e M5s, il campo largo? Unito solo per restare padrone in Rai

Tommaso Montesano

Nel “campo largo” si litiga su tutto, tranne che sulla Rai. Pd e M5S sono ai ferri corti in Basilicata, Puglia e Piemonte, ma quando si tratta di sparare a cannonate su Viale Mazzini in nome del contrasto alla presunta “TeleMeloni”, i due partiti del centrosinistra ritrovano d’incanto l’armonia.

Sui social, Giuseppe Conte torna a denunciare addirittura il rischio che sta correndo la democrazia. «Il principio del pluralismo dell’informazione è uno dei capisaldi della democrazia, per questo i tentativi di Giorgia Meloni e dei suoi sodali di calpestarlo suona allarmante», scrive il leader del M5S. All’ex premier l’occasione per la sortita la offre il voto, previsto per oggi in commissione parlamentare di Vigilanza, sulla delibera relativa all’applicazione dellapar condicioin vista delle Europee di giugno. «Non possiamo permettere l’occupazione degli spazi televisivi della Rai da parte del governo», tuona Conte, «non è accettabile la possibilità di trasformare la Rai in un megafono dei comizi in diretta di Giorgia Meloni». Quindi l’avvertimento: «Faremo di tutto, dentro e fuori la commissione di Vigilanza, per impedire al governo e alla maggioranza di mettere in atto questo atto di insensibile arroganza».

 

 

A ruota è arrivato Sandro Ruotolo, responsabile per l’informazione del Pd. «Non solo hanno sei reti televisive che fanno riferimento al governo, poi hanno giornali, occupano le istituzioni culturali, adesso provano a calpestare anche le regole di correttezza e di terzietà che si approvano alla vigilia delle competizioni elettorali», è l’atto di accusa dell’ex inviato di Michele Santoro.

L’obiettivo sono le modifiche al regolamento presentate da Francesco Filini, di Fratelli d’Italia, che di fatto bloccano il contatore della par condicio quando in tv intervengono, su temi di carattere istituzionale, i rappresentanti del governo. Non è una novità: una delibera simile era stata prevista anche nel 2019 alle Europee sotto il “Conte 1”. Non solo: una distinzione tra interventi di natura politica e presenze in qualità di carica istituzionale è operata anche dall’Agcom. Insomma, paradossalmente il rischio è che in nome della par condicio si metta il bavaglio al governo.

 

 

Per l’opposizione, però, si tratta solo dell’ennesima forzatura del centrodestra «a uso e consumo di Meloni e della sua maggioranza» e vuole dare una “impunità” preventiva a chi la vìola», mettono a verbale in una nota Stefano Graziano (Pd), Dario Carotenuto (M5S), Maria Elena Boschi (Iv), Mariastella Gelmini (Azione), Angelo Bonelli e Peppe De Cristoforo (Avs).