A mano armata

Il Pd vota, i sicari sparano: proiettili sulle primarie, nella Puglia di Emiliano

Daniele Capezzone

Regola aurea delle anime belle della sinistra: mai consentire alla dura realtà di sciupare una narrazione carina, autoconsolatoria, edificante, possibilmente colorata di rosso-rosé-arancione-fucsia. Ricapitoliamo: una decina di giorni fa, è stato reso noto l’accertamento disposto dal Viminale sul comune di Bari a seguito di una grave ed estesa inchiesta relativa ad alcuni esponenti politici pugliesi transitati da destra a sinistra e soprattutto a un’azienda municipalizzata – si teme – poderosamente infiltrata dalla criminalità organizzata.

In centinaia di altri casi, negli anni scorsi, era stata avviata una procedura del genere nei luoghi più diversi del territorio italiano, tra gli scroscianti applausi della sinistra. Ma stavolta – siccome a essere sfiorata è stata un’amministrazione progressista – si è scatenata una canea impressionante. 

E, come un sol uomo, i giornali giustizialisti (quelli che, in presenza di disgrazie altrui, recitavano lo scioglilingua “male non fare, paura non avere”) sono diventati tutti improvvisamente garantisti, e pure i grandi quotidiani cosiddetti indipendenti non hanno avuto un istante di esitazione nello sposare una linea di assalto contro il ministro degli Interni Piantedosi, improvvisamente catapultato – non si sa bene perché – su un metaforico banco degli accusati. Non solo: il carro di Tespi delle associazioni antimafia, delle personalità in lotta, cioè di coloro che di solito partecipano alla lapidazione dell’accusato (se “destro”), hanno immediatamente trattato il sindaco Antonio Decaro come una specie di madonna pellegrina, portandolo in processione tra piazze e studi televisivi, e presentandolo come una specie di martire.

E Decaro stesso ci ha messo del suo: strillando, sudando, agitandosi, lanciando invettive e improperi, sparacchiando bengala distraenti, mentre i mozzaorecchi di sempre gli lanciavano petali di rose, commossi ed estasiati. Senonché, a un certo punto, è entrato in campo Michele Emiliano, attuale governatore regionale e già sindaco di Bari, e prim’ancora magistrato. Tragicomicamente, Emiliano ha rievocato una sua presunta missione (insieme allo stesso Decaro: lui sindaco, e quest’ultimo assessore) a casa della sorella del boss Capriati per – non si capisce bene a che titolo – ottenere un clima non ostile rispetto al progetto di pedonalizzazione di quella zona di Bari. 

Circostanza imbarazzantissima: che vanno a fare un sindaco e il suo assessore a casa di una famiglia di mafiosi? Dopo ventiquattr’ore di silenzio, Decaro ha scaricato Emiliano, smentendo l’episodio. E di lì a poco sono venute fuori ben quattro versioni: dialogo con la sorella del boss, dialogo con il boss, nessun dialogo, dialogo in piazza con alcuni ragazzi. Diciamo che in tribunale un’eventuale testimonianza con quattro diverse versioni non avrebbe suscitato una buona impressione nei giudici. E ad aggravare le cose ci si mette il fatto che, in una trasmissione televisiva di qualche anno fa, Emiliano aveva raccontato la stessa storiella senza che Decaro avesse avvertito l’esigenza di negare o di correggerlo. Una figuraccia, a essere gentili.

Ma non divaghiamo e restiamo al punto. Nonostante queste capriole, i lanciatori di petali di rose non hanno smesso un solo minuto di inneggiare ai loro eroi Emiliano&Decaro. Di più: ci spiegavano come Bari fosse stata trasformata, la mafia battuta, niente più che un vecchio e lontano ricordo. Roba – adesso – da fare invidia a Copenaghen e Stoccolma.

Tutto bellissimo, tutto limpido, tutto trasparente. Ah sì? È stato sufficiente attendere qualche giorno per assistere – in Puglia – a tre episodi a dir poco raggelanti. Il primo, a Taranto, con una violentissima rissa in strada tra famiglie opposte: gli otto presunti responsabili – tutti già gravati da numerosi precedenti penali – sono stati raggiunti da un’accusa di rissa aggravata, con motivazioni ancora da chiarire.

Il secondo: l’omicidio, proprio a Bari, di Raffale Capriati detto Lello, cioè il nipote del vecchio capoclan. Si è trattato di un’autentica esecuzione da parte del killer: quattro colpi di pistola sparati da una moto, tre alla testa e uno alla spalla. Il giovane Capriati, che era stato scarcerato ad agosto 2022 (all’epoca c’erano stati festeggiamenti e fuochi d’artificio nel quartiere), è stato freddato nella zona di Torre a Mare. Il terzo: il fatto che in questo clima si terranno nel fine settimana le primarie baresi del Pd, di cui Annarita Digiorgio vi racconta tutto in modo scintillante nell’edizione di oggi di Libero.

Che dire? Se non parlassimo di cose maledettamente serie e preoccupanti, ci sarebbero valide ragioni per sganasciarsi dalle risate. Ma non c’è niente da ridere: perché la criminalità c’è ancora, le pallottole pure, e il gioco della sinistra (assegnare a se stessa patenti antimafiose e agli altri patenti d’infamia) appare semplicemente patetico. Intanto è tornato a parlare il sindaco Decaro: «È importante agire subito per bloccare qualsiasi potenziale recrudescenza». Osservazione sacrosanta e condivisibile: speriamo solo che a nessuno venga in mente di andare a fare due chiacchiere a casa di qualche boss o sottoboss.