Il caso
Inchieste e manganelli, chi è davvero Ilaria Salis: perché il Pd sbaglia a beatificarla
Chi è Ilaria Salis? Perché il Partito Democratico ne sta facendo un’eroina? Ilaria Salis è un’attivista di estrema sinistra di 39 anni. È in carcere in Ungheria dal febbraio del 2023 perché è a processo con l’accusa di far parte di un commando internazionale antinazista che ha eseguito cinque attacchi «violenti e brutali» a Budapest contro esponenti dell’estrema destra, ferendone gravemente quattro e in maniera più leggera cinque. Gli attacchi sono stati fatti con manganelli, pugni di ferro, pallottole di gomma, spray urticanti.
Il Pd ne sposa la causa, tanto che girano perfino voci di una candidatura della donna alle prossime Europee nelle liste dem, perché Ilaria è in cella in Ungheria, ritenuta nazione amica del governo italiano di centrodestra e, in particolare di Giorgia Meloni. Il fatto che sia stata portata in tribunale in manette, legata con una catena a un’agente di polizia, pratica umiliante che da noi è stata abolita, ha fatto gridare allo scandalo qui in Italia. Il Pd sta cavalcando la vicenda, cercando di mettere in difficoltà la nostra premier con la richiesta irrealizzabile che il governo italiano faccia pressioni sulla magistratura ungherese perché la Salis sia messa agli arresti domiciliari o addirittura venga rimpatriata.
LA VICENDA - Per chiarire definitivamente la vicenda, occorre precisare che, stando alla ricostruzione dei pm magiari, Ilaria ha preso le ferie dall’asilo in cui fa la maestra per partecipare a una tre giorni squadrista dal tema “spacca la testa a un neonazista”. Dal 9 all’11 febbraio dell’anno scorso infatti, in Ungheria si celebrava “Il giorno dell’onore”, la data in cui Budapest è caduta dopo una strenua resistenza fino all’ultimo uomo all’Armata Rossa. In quei giorni si danno appuntamento nella capitale ungherese gruppi di estrema destra di mezza Europa. È tra questi che la squadraccia di cui la Salis è accusata di far parte composta da dodici tedeschi, tre italiani, un albanese e un siriano -, ha scelto le proprie vittime, accanendosi selvaggiamente anche su uno che passava di lì per caso ma agli aggressori, per aspetto e abbigliamento, era parso un neonazista. L’uomo, preso alle spalle con furia animale, non ha avuto modo di chiarire l’equivoco.
La Salis è stata arrestata con altre due persone perché ritenuta tra i leader del commando e perché è accusata di aver messo a rischio la vita delle persone che ha aggredito. Per questo il pm ha chiesto per lei undici annidi carcere. La donna si è sempre dichiarata innocente, e per questo ora è a processo, mentre i due tedeschi arrestati, che si sono dichiarati colpevoli, sono già rientrati in patria, patteggiando una pena di tre anni. Nei confronti degli altri due italiani del gruppo criminale, fermati uno a Berlino e l’altro a Milano, sono in corso le procedure per la richiesta d’estradizione.
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Per quanto riguarda il cosiddetto “guinzaglio”, la catena assicurata alle manette con la quale l’imputata è stata portata dalla polizia in tribunale, l’Ungheria si è sempre giustifica sostenendo che è una procedura in linea con la direttiva europea 343 del 2016, che consente la traduzione in aula in catene di imputati ritenuti pericolosi, per sé o per gli altri, e che la donna, una volta accomodatasi, sarebbe stata slegata. Budapest ha anche sempre sostenuto che le immagini della Salis in catene hanno potuto essere divulgate solo previo suo assenso, che è stato dato.
La posizione del governo ungherese nei riguardi dell’attivista di estrema sinistra italiana è piuttosto netta: non si può consentire a una sua estradizione perché il processo è in corso e riguarda fatti accaduti a Budapest e che interessano tante persone di nazionalità diversa, pertanto sarebbe impensabile che i giudici vagabondassero da un Paese all’altro per giudicare fatti accaduti in casa loro. Un’estradizione, secondo la magistratura magiara, sarebbe possibile solo dopo un’eventuale condanna. La giustizia ungherese poi ha sempre respinto al mittente le accuse di trattare male la Salis in carcere e di tenerla isolata dal mondo. La detenuta in un anno ha fatto 323 telefonate, tredici lunghe videochiamate e ha ricevuto sette volte la visita in carcere dei propri famigliari e avvocati e due quella di rappresentanti delle istituzioni italiane.
Allo stato delle cose, la posizione politica del Pd è grottesca e contraddittoria sotto vari aspetti. Da una parte i dem accusano il nostro governo di voler mettere sotto tutela la magistratura italiana, con l’introduzione dei test psicologici d’accesso e della separazione tra toghe giudicanti e toghe inquirenti. Dall’altra pretendono che il nostro premier faccia pressioni, dia disposizioni, di fatto impartisca ordini alla magistratura ungherese o faccia in modo che, grazie alla sua amicizia con il presidente Orbàn, l’esecutivo magiaro si imponga sui propri giudici, perché la Salis non sia chiamata a rispondere di quel che è accusata di aver fatto. Motivo? È una compagna e le vittime sono nazisti. Sembra di essere ripiombati indietro agli anni Settanta, quelli del Partito Comunista che giustificava i terroristi come compagni che sbagliano.
È la doppia morale della sinistra applicata al diritto e finanche alla Costituzione: la legge e i valori della Carta si rispettano quando ci fa comodo, si aggirano quando ci svantaggiano.
IDEA BALZANA - Tra i vari espedienti per fregarsene della legge, dei rapporti internazionali e anche delle martellate date sulla testa di gente innocente, ancorché di estrema destra, nel Pd avanza appunto anche la balzana idea di candidare la Salis a Bruxelles. La proposta è dei soliti intellettuali malpensanti che sono la dannazione del partito, ma la segretaria Elly Schlein, che dopo aver occupato il Pd non sa più come mandare a casa chi c’era prima di lei, ci sta facendo un pensierino. Gli europarlamentari uscenti sono indignati e la accusano di trattare l’assise Ue come l’isola dei famosi, piazzandoci Lucia Annunziata, Marco Tarquinio, forse la presunta teppista di Budapest e altri vip. Ma non è detto che la mossa possa piacere agli elettori. Si tratterebbe comunque di sdoganare la violenza come via d’accesso preferenziale all’Europarlamento, e un domani al Parlamento, al posto della politica, del sacrificio della vita di partito, dello spendersi per gli elettori. Una sorta di negazione di quelli che erano i principi cardine della sinistra. Peraltro probabilmente anche inutile, perché un’elezione non salva dal carcere in caso di colpevolezza per fatti violenti. Certo non in Ungheria, ma neppure nella repubblica delle banane italiche.
Che rispetto può avere per le istituzioni un partito che candida a rappresentare se stesso e i propri elettori una persona in cella per atti violenti? La signora Schlein pensa di fare una bella pubblicità all’Italia a Bruxelles con l’eurodeputata Salis? Pensa di fare così un danno alla Meloni? Lo farebbe a se stessa. Siamo convinti infatti che gli elettori dem siano migliori e più saggi e rispettosi della legge di chi li rappresenta indegnamente. Ove così non fosse, l’Italia sarebbe davvero nei guai.