Da Budapest

Ilaria Salis, l'ultima lettera dal carcere è un manifesto politico

Ancora una lettera, ma questa volta quella di Ilaria Salis ha il sapore del manifesto politico. Si avvicina l’udienza prevista per giovedì a Budapest, in Ungheria, in cui i legali della maestra detenuta da più di un anno nel paese magiaro per presunte lesioni personali aggravate ai danni di due neonazisti, chiederanno per la loro assistita gli arresti domiciliari in Ungheria. Il padre Roberto ha parlato al Tg3 dicendo che la richiesta “è solo un mezzo, il fine sono i domiciliari in Italia. È una situazione kafkiana in cui un oppositore politico, per tre motivi fondamentali, è donna, non è ungherese ed è antifascista, si trova coinvolta in questa situazione inaccettabile“.

Il padre crede anche che, all’udienza, la donna “sarà condotta ancora in catene. Gli ungheresi vorranno fare una dimostrazione di forza. Ci vorrebbero delle istituzioni italiane che hanno il polso per gestire la situazione”. E così in una nuova lettera scritta dal carcere di Budapest e mostrata proprio dal Tg3, Salis afferma: “A volte mi chiedo se questo pozzo abbia un fondo e se da qualche parte ci sia davvero un'uscita. Immagino di essere un piccolo geco, che nell'oscurità silente riesce a scalare le pareti. Già, devo scalare le pareti, ma qui purtroppo non ci sono i miei compagni di arrampicata e i legami di fiducia ben stretti sulla corda della sicura".

 

 

Poi aggiunge: "Chiudo gli occhi e lancio lo sguardo oltre le mura di questo cieco carcere: scorgo le vicende di uomini e donne come ricambi in tessuti su arazzi che raffigurano storie più ampie. Storie di popoli, di culture, di lingue e di religioni. Storia di sistemi economici, politici e giuridici. Storie di ricchezza e di miseria, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento. Storie di guerre e di eserciti. Storie di un mondo in cui ancora si uccidono bambini, in cui alle quarte d'Europa risuonano mitraglie che riecheggiano gli scempi del secolo scorso. Apro gli occhi e mi scorgono rannicchiata sulla grigia coperta, con lo sguardo fisso sulla porta di ferro della cella. Tutto mi appare semplice e lineare in queste vicende, come in molte altre, non può esserci alcun dubbio su quale sia la parte giusta della storia".