Evviva
Bologna, il rettore leva il microfono ai pro-Gaza
Finalmente un po’ di coraggio all’università. Succede a Bologna dove il rettore, stanco degli insulti, toglie il microfono a qualche sciagurata che pensa che la Palestina si difenda offendendo il resto del mondo. Ma l’università deve restare un presidio di libertà e di rispetto. Non si può impunemente sparare a casaccio frasi tipo: «L’università di Bologna ha le mani sporche di sangue». E questo per mettere sempre in mezzo il governo, accusandolo di ogni scempio. Approfittando della presenza del ministro Annamaria Bernini, per l’inaugurazione dell’anno accademico, un gruppo di studentesse-attiviste hanno parlato prima della chiusura dell’evento, sventolando una bandiera palestinese: «Bernini rappresenta un governo sempre più schierato al fianco dell’entità genocida sionista, tanto da porsi in prima linea nella missione di guerra nel mar Rosso contro gli Houthi e il popolo yemenita che eroicamente sostiene la resistenza del popolo palestinese». Ma si sono beccate le contestazioni dell’uditorio proprio quando hanno detto che «l’Università di Bologna e il suo rettore hanno le mani sporche di sangue, tanto che quando a novembre gli è stato chiesto di pronunciarsi per un semplice cessate il fuoco a Gaza, si sono rifiutati di farlo, adducendo un’assurda pretesa di neutralità».
Quasi subito il rettore Giovanni Molari ha interrotto l’intervento. «Gli accordi si rispettano», ha detto, mentre le contestatrici replicavano: «Fuori degli studenti sono stati manganellati». Molari aveva introdotto l’intervento con un «ringraziamento a forze dell’ordine, prefetto, questore e a tutti quelli a cui spetta contemperare la manifestazione del legittimo dissenso col rispetto dell’ordine pubblico». Alla posizione sacrosanta del rettore, si associa quella di tutti i rettori italiani. Attraverso una nota del Crui, l’organo che li raduna. La Conferenza dei rettori «ribadisce che la violenza contraddice l’essenza stessa dell'università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui».
Dopo l’incontro con il Ministro Bernini, Crui, al termine della riunione di ieri, conferma «l’impegno ad adottare buone pratiche orientate alla preservazione del diritto di esprimere qualunque opinione all’interno degli spazi universitari, nel rispetto del confronto culturale, del vivere civile e dei valori fondanti della Costituzione della Repubblica». Dal canto suo, si fa sentire anche il ministro Bernini: «La riunione alla Conferenza dei rettori è andata molto bene. L’unico limite è la violenza. Massima libertà di espressione e di pensiero con il limite, ripeto, della violenza. A quel punto saranno i rettori, che hanno ringraziato le forze dell’ordine, a stabilire quando e dove chiederne l’intervento. Ho chiesto loro di continuare a incontrarci, non ci sono state lamentele, stiamo cercando gli strumenti».
«Ciascuno - ha proseguito la Bernini - ha portato la propria esperienza, per elaborare le buone pratiche. Si è deciso di chiamare le cose con il proprio nome: una cosa sono i manifestanti, una gli studenti. Stiamo trovando gli strumenti per frenare le frange violente e consentire agli studenti di fruire dell’università. Dico agli studenti di non sentirsi soli, l’università è per loro, è una dimensione umana collettiva, l’università ha le porte aperte. Chi vuole manifestare può farlo responsabilmente, qui non c’è un nemico, ma non bisogna mai travalicare nella violenza». Che la situazione sia tesa lo testimonia anche una lettera aperta al presidente del Consiglio e al ministro per l’Università e la Ricerca, promossa dall’associazione Setteottobre e firmata a oggi da oltre 130 universitari, che esprime «un gravissimo allarme per gli episodi di antisemitismo che costellano, dal 7 ottobre in poi, la vita delle università italiane». Nei luoghi del sapere e dell’apprendimento deve essere messa al bando ogni violenza. E anche ogni forma di intolleranza fondata su pregiudizi.
Leggi anche: Via i soldi alle Università che mettono il bavaglio