Il caso

Meloni, lo studente e il gesto della pistola: "Come chiuderò la lettera per il premier"

Adesso parla lo studente che in aula al Senato ha puntato le mani a forma di arma verso la premier: “Se avessi fatto il gesto del pugno chiuso forse tutto questo casino non sarebbe successo”, afferma a Repubblica. Intanto prova a correggere il tiro: "Puntavo verso Meloni? No, era verso l’alto. Le immagini e la prospettiva possono ingannare. Non ce l’ho con lei in particolare: questo non è un governo di santi e di bravi. E in Aula c’erano anche altri politici che in passato non hanno certo fatto il bene di studenti e cittadini. Pensiamo alla ‘Buona Scuola’”. Poi abbozza della scuse: "No, è stata una cavolata e lo riconosco. Non volevo minacciare nessuno, è un gesto che ha radici precise di lotta, ma oggi non ha un connotato violento come invece poteva averlo in passato. In generale, non mi pento di aver espresso il mio dissenso, avrei potuto farlo col pugno alzato e forse questo casino non sarebbe successo".

Ma arriva ugualmente l'affondo sul premier: "Mi scuserò? Sì con una lettera. Ma ripeto, non per arretrare sul dissenso, perché non cambio idea. Ma solo per il gesto in sé, che arriva dalla storia di Autonomia Operaia”.

 

 

Infine aggiunge: "In sintesi: mi scuso coi presenti per il mio gesto, che non voleva essere di minaccia o un richiamo alla violenza e riconosco che si è trattato di un gesto sbagliato per esprimere dissenso nei confronti dei presenti. Tutti: destra e sinistra. E l’ho chiusa a mio modo, per ricordare che non siamo dalla stessa parte. Con ‘cari saluti antifascisti’”.

 

 

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