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Dossieraggio, Laudati tace con i pm e tira in ballo De Raho
Federico Cafiero De Raho, all’epoca procuratore nazionale antimafia ed ora deputato grillino, è sempre stato al corrente di tutto ciò che accadeva nei prestigiosi uffici di via Giulia nel centro di Roma. Lo ha affermato il pm Antonio Laudati in una nota diffusa ieri alla stampa. Il magistrato, ex procuratore di Bari, è indagato dalla Procura di Perugia per rivelazione del segreto ed accesso abusivo a sistema informatico insieme al tenente della guardia di finanza Pasquale Striano. Quest’ultimo, in particolare, avrebbe effettuato circa 40mila accessi “illegali” presso la super banche dati dell’Antimafia e di cui si sono perse le tracce. I magistrati ipotizzano che possano essere serviti per una attività di dossieraggio. Accusa respinta al mittente da Laudati che ha più volte dichiarato di non aver «mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi». Laudati, a tal proposito, ha precisato di avere delegato quelle attività che ora gli vengono contestate dai pm di Perugia «sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia». Che all’epoca era proprio Cafiero De Raho, ora deputato del Movimento 5 stelle e componente della Commissione giustizia della Camera dove è in discussione in questi giorni, ironia della sorte, la riforma Nordio. Laudati, atteso ieri a Perugia per essere interrogato, ha però deciso all’ultimo momento di non presentarsi e di avvalersi della facoltà di non rispondere.
ATTIVITÀ D’INDAGINE
«Nei casi contestati nell’invito a comparire, mi sono limitato a delegare al gruppo Sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo», si legge nella nota di Laudati, difeso dall’avvocato Antonio Castaldo. E proprio quest’ultimo, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano quale fosse stato allora il ruolo di Cafiero De Raho, ha precisato che «il procuratore capo è il momento terminale di una serie d’attività d'impulso che poi vengono trasmesse alle procure competenti». Ed ogni caso, ha sottolinea invece Laudati, «tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell'ufficio e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiarle». Il magistrato ha anche preso le distanze da Striano, precisando che «non rientrava tra i miei compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati». Che lui non ha «mai effettuato», ha quindi ribadito . Così come «non ho mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati e non ho mai costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi».
POCA SERENITÀ
Perché allora avvalersi della facoltà di non rispondere? «Dopo la massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio, ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell'interrogatorio, peraltro ampiamente preannunciato dalla stampa, per esercitare concretamente il diritto di difesa e per fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti» ha spiegato il magistrato. «È molto provato» e si trova «in un momento particolare della sua carriera e della sua vita», ha poi aggiunto Castaldo, precisando, al fine di schivare eventuali strumentalizzazioni, che il suo assistito ha deciso di «non presentarsi per evitare il clamore mediatico». «Non c’è alcuna via di fuga - ha detto ancora -, non c'è alcuna dietrologia e al momento opportuno quando avremo finalmente accesso agli atti e li conosceremo potremo dare la nostra versione limpida e chiara per quanto riguarda la correttezza del suo operato». In altre parole, bisognerà attendere la fine delle indagini prima di conoscere la verità. Per la cronaca, anche Striano, molto loquace con i giornalisti in questi giorni, si era avvalso a Perugia della facoltà di non rispondere. Intanto il vicepresidente della commissione Antimafia, Mauro D’Attis, insiste: «È opportuno che il deputato M5S Cafiero De Raho si astenga dal partecipare ai lavori della commissione Antimafia».