Capogruppo alla Camera

Riccardo Molinari, l'intervista: "Salvini non si discute. Alla Lega serve una linea più chiara"

Fabio Rubini

Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, non si è disperato quando il centrodestra ha perso le regionali in Sardegna e non si è esaltato dopo la vittoria in Abruzzo. Da buon piemontese è rimasto coi piedi ben piantati per terra a leggere dati e a fare analisi politiche. Eccole.

Onorevole, secondo i detrattori il Carroccio in Abruzzo sarebbe crollato, mentre secondo altri avrebbe ottenuto un buonissimo risultato. Lei che pensa?
«Parlare di tracollo è esagerato, ma non c’è nemmeno da festeggiare. Diciamo che il dato dell’Abruzzo è in linea con quello nazionale. È andata come doveva andare».

 

 

 

Però rispetto alle regionali di cinque anni fa...
«Ma quello è un paragone improponibile. È chiaro da tempo che la Lega non avrebbe tenuto quelle percentuali. È cambiato il mondo».

Cosa porta a casa la Lega dalle regionali abruzzesi?
«Il fatto di aver contribuito in maniera determinante alla vittoria del centrodestra. L’altro dato politico, poi, è la sconfitta del campo larghissimo».

Schlein e Conte ci credevano...
«Infatti per loro è stato un clamoroso autogol. Avevano alimentato questo clima da remuntada e invece gli si è ritorto contro».

In Sardegna però ha funzionato. Secondo lei perché?
«Fondamentalmente perché noi abbiamo sbagliato candidato e ad ammetterlo è stato lo stesso Truzzu. Prova ne è che anche sull’isola le liste di centrodestra hanno preso più voti di quelle del campo largo. Però, guardi, ricordiamoci che stiamo parlando di test locali».

A proposito di questo, a giugno con le Europee si vota anche nel suo Piemonte...
«Lì appoggeremo convintamente Cirio, che è di Forza Italia, che anche grazie ai sette assessori e ai 23 consiglierei regionali della Lega ha governato bene».

Lasciamo per un attimo il tema elettorale e trasferiamoci in Parlamento. Come sono i rapporti all’interno della maggioranza?
«In questa legislatura devo dire che la collaborazione è ottima. Le divisioni di cui si legge sono montate ad arte per cercare di farci litigare».

Beh, però ci sono temi sui quali state duellando...è fattuale.
«È ovvio che ci sono partite sulle quali la pensiamo in maniera differente, ma siamo sempre all’interno della normale dialettica politica».

Proviamo a vederli, questi temi. Sul terzo mandato cederete? Fratelli d’Italia al momento ha chiuso la porta, ma potrebbe riaprila dopo le Europee...
«Il terzo mandato per noi è importante, soprattutto da un punto di vista di visione politica. Il ragionamento è semplice: come puoi chiedere agli elettori di votare direttamente il premier che può restare in carica senza nessun limite di tempo, ma poi non gli consenti di confermare un sindaco o un presidente di regione che apprezzano? A me sembra che da parte di Fdi ci sia una chiusura più tattica che politica, che mira a cambiare i presidenti e i pesi attuali».

Ci sarebbe il tema della rappresentatività. Fratelli d’Italia al momento ha due soli governatori ed è il primo partito in Italia. Non crede che servirebbe un minimo di riequilibrio politico?
«Ma questo tema non verrà risolto rifiutandosi di concedere il terzo mandato».

In che senso?
«Ci sono regioni che sono e rimarranno leghiste. Le cito il Veneto che va tanto di moda in questo periodo. Noi vogliamo che Zaia possa fare il terzo mandato, ma se non ce ne sarà data la possibilità, rivendicheremo comunque il candidato governatore. A questo aggiungiamo che per noi la possibilità di ricandidare chi ha ben governato è una battaglia di democrazia che non vale solo per il Veneto».

 

 

 

Non pensa che queste fibrillazioni possano nuocere all’azione di governo?
«No. Ripeto, sono normali fibrillazioni che si hanno alla vigilia di un’elezione particolare come quella per il parlamento europeo. C’è il proporzionale ed è normale che i partiti parlino dei loro temi ai loro elettori per riuscire a prendere un voto in più dell’avversario, anche se quest’ultimo è un suo partner di governo. Però vedrete che alla fine della campagna elettorale, andremo dritti fino alla fine del mandato».

Molinari, lei è un leghista di lungo corso. Anche sul futuro della Lega si sta dicendo e scrivendo parecchio. Si parla di congresso federale e del ruolo di Salvini...
«Partiamo dal presupposto che il ruolo di Matteo non è in discussione. E di congresso io eviterei di parlare a tre mesi dalle elezioni europee. Poi la data e le modalità le deciderà il segretario. Non mi sembra questo il tema».

E qual è allora il tema prioritario verso le elezioni?
«Penso che prima delle Europee dobbiamo chiarirci bene sulla linea politica della Lega da spiegare alla gente. Noi dobbiamo avere un posizionamento politico chiaro e continuare ad essere il partito che parla alle imprese e ai lavoratori, che rappresenta il e punta a superare in tutto il Paese politiche parassitarie, che parla di pensioni e che ascoltai ceti produttivi. La Lega, insomma».

Qual è secondo lei il risultato superato il quale potrete dirvi soddisfatti?
«Non pongo nessuna asticella e non do percentuali. Questo è un modo sbagliato di ragionare. La Lega deve pensare ai suoi obiettivi. Penso all’Autonomia noi vogliamo approvarla definitivamente prima delle europee. Questo per noi è un tema prioritario, così come quello di difendere agricoltori e industrie dalle politiche green della Commissione Ue».