Lo scontro
Vincenzo De Luca insulta Giorgia Meloni e il Pd tace
Dire che Vincenzo De Luca è un maleducato è riduttivo, finanche fuorviante. Il governatore della Regione Campania è prima di tutto un arruffapopolo, un magliaro, uno che punta sulla parlantina, sullo show, sempre più sboccato, per dissimulare la scarsa qualità della propria fattura. Ieri ha toccato il fondo ma c’è da scommetterci, da domani inizierà a scavare. A conclusione di una settimana iniziata accusando i governanti di «delinquenza politica» e continuata apostrofandoli come «farabutti», il cacicco (espressione evocata per lui dal suo capo, Elly Schlein) salernitano ha dato della «stronza» alla presidente del Consiglio. Cosa sarebbe successo se Zaia, Fontana, Cirio, uno qualsiasi dei presidenti regionali del centrodestra avessero apostrofato in tal modo la segretaria dem, ancorché non presidente del Consiglio?
Non lo sapremo mai con certezza, perché mai è accaduto e mai accadrà. Possiamo però ipotizzare, conoscendo i nostri polli, che si sarebbe levato un sinistro coro a chiederne le dimissioni, condito da inevitabili accuse di sessismo e dotte dissertazioni sul patriarcato. Chi conosce il governatore, scommette che non è una voce dal sen fuggita, un moto di rabbia non controllato ma un insulto premeditato. D’altronde De Luca è vittima della straordinaria imitazione che gli fa Crozza, capace di mettergli in bocca qualsiasi nefandezza. Il presidente campano è entrato in competizione con il suo alter ego grottesco e a ogni uscita pubblica cerca di surclassarlo.
IGNOBILE TEATRINO
Tutto nasce dalla gita romana di ieri del governatore, accompagnato da circa settecento tra politici e amministratori campani, per protestare contro l’autonomia e il mancato sblocco dei fondi di coesione per la sua Regione. Suona come iniziativa seria, in realtà è una piazzata pre-elettorale. De Luca si è presentato prima davanti al ministero degli Affari Europei, retto da Raffaele Fitto, dove si è scagliato contro le forze dell’ordine, che non lo facevano entrare, anche causa assenza del titolare del dicastero. Poi è andato direttamente davanti a Palazzo Chigi e, trovando il portone chiuso, ha attaccato la premier: «Chieda scusa perché sta bloccando risorse essenziali per creare lavoro, la dignità del Sud non è in vendita». Alla replica della Meloni, che lo invitava «per ottenere qualcosa in più a lavorare anziché manifestare», l’interessato ha risposto: «Per lavorare servono i soldi. Lavora tu, str...».
Un ignobile teatrino studiato a tavolino, con De Luca che vuol fare il paladino del Meridione e si presenta dal premier senza appuntamento e pretendendo di essere ricevuto ben sapendo che questi è in Calabria, proprio con Fitto, e proprio a sbloccare per quella regione, più a Sud della Campania, i fondi di coesione che lui rivendica. Al termine della recita, il gran mattatore e le sue comparse, hanno intonato “Bella ciao”, che non ci sta mai male quando vuoi che la gente di sinistra ti dia ragione senza approfondire. Vale invece proprio la pena di approfondire. De Luca accusa il pugliese Fitto di non sbloccare i sei miliardi di fondi di coesione per la Campania in quanto vuol nuocere al Mezzogiorno. La realtà è che il governo ha ribaltato i criteri di assegnazione del denaro, che per legge è tuttora destinato per l’80% alle regioni meridionali e per il restante 20 alle altre; tanto per fare un esempio, la Lombardia riceve un miliardo e il Veneto 750 milioni. Prima, si erogavano i soldi e poi si vedeva come erano stati spesi.
Oggi l’esecutivo pretende di concordare con i governatori i progetti da finanziare e stabilire un cronoprogramma degli stanziamenti in base al progredire dei lavori. È una regola che vale per tutti. Quattordici Regioni hanno già firmato, e tra queste la Calabria, dove ieri Fitto e Meloni si sono recati per sbloccare la situazione. Le altre verranno sistemate entro marzo, con l’eccezione della Sardegna, che ha subito un rallentamento dovuto alle imminenti elezioni. Solo De Luca si rifiuta pervicacemente di incontrare il governo per concordare gli stanziamenti, preferendo buttarla in rissa per intorbidire le acque. Peraltro, il curriculum del governatore in materia di fondi di coesione è da brivido, giacché la Campania ha utilizzato solo il 37% degli oltre 9 miliardi ottenuti tra il 2014 e il 2020. Per far partire l’ulteriore stanziamento, il governo pretende di verificare come sono stati usati i soldi dati precedentemente e perché non sono stati impiegati tutti ma il presidente non fornisce risposte, sfugge, fa l’anguilla, salvo presentarsi a Roma non invitato con la sua claque clientelare quando il premier non c’è. Ed è questo il punto. De Luca è sospettato, per dirla con delicatezza, di usare i fondi di coesione non per creare opere strutturali, come di dovrebbe, ma per finanziare la spesa corrente, ossia per mantenere le proprie clientele. Perciò la nuova metodologia, che gli impone di rendere conto di quel che ha speso e di dire come spenderà, lo manda nei matti.
BATTAGLIA PER IL POTERE
Nord e Sud non c’entrano nulla. Il cacicco campano vuole farsi paladino di tutto il Meridione come strategia elettorale. E insulta la Meloni, oltre che per il denaro, perché vorrebbe che sbloccasse la legge che autorizza il terzo mandato dei governatori e quindi gli consentirebbe di ricandidarsi, sfidando la Schlein, che non lo vuole assolutamente ma non avrebbe la forza di opporglisi. I 700 supporters che si è portato al seguito lo sostengono in questa battaglia per non perdere la loro linfa vitale. Questa è la situazione politica. Poi c’è quella istituzionale. De Luca, per i motivi sopra illustrati, è presidente di Regione, istituzione che concorre a eleggere il capo dello Stato e che è esaltata, contrariamente a quanto dice l’imitatore dell’imitazione di Crozza, dall’autonomia. Se si comporta come uno scugnizzo in un litigio al porto, per non dire come un capobanda, non umilia il presidente del Consiglio ma la propria Regione e i propri elettori. Normalmente, quando qualcuno del centrodestra dice una stupidaggine, da sinistra si leva un coro giudicante di intellettuali, politici e sitauzionisti vari che alza il dito e ammonisce severo: «Chieda scusa». In questo caso non ci illudiamo che la sinistra si scandalizzi a più voci né tantomeno che De Luca si scusi. Speriamo che lo faccia per lui Crozza, che dei due è senz’altro il più serio. Quanto al governatore, è triste doverlo assimilare al sindaco di Terni, Stefano Bandecchi, che una manciata di giorni fa si era dimesso per candidarsi alle Europee e oggi ha ritirato le dimissioni pur mantenendo la candidatura. Di lui si ricorda quando, per pronunciarsi contro le violenze sulle donne, disse in consiglio comunale come “alle donne si guarda il c... sedere, se ti piace ci provi e se non ci riesci te ne vai a casa”o quando attraverso la sala del municipio per aggredire un membro dell’opposizione, costringendo la polizia a intervenire per accompagnarlo fuori. Chi non vorrebbe lui come genero e De Luca come suocero...