Pollaio giallorosso

Elly Schlein, rissa con Conte: "Chi attacca noi e non Meloni è fuori strada"

Elisa Calessi

Aveva deciso, Elly Schlein, di non rispondere a Giuseppe Conte, come ha sempre fatto da quando è segretaria, nel tentativo di concentrarsi sui punti in comune, più che su quelli che dividono. «Siamo in fase Zen», dicevano ancora ieri mattina al Nazareno a chi chiedeva repliche dopo che, il giorno prima, alla presentazione del libro di Roberto Speranza, il presidente del M5S aveva maltrattato il Pd, prima accusandolo di essere «bellicista», poi ostentando indifferenza rispetto ad alleanze future. Il tutto alla presenza di Schlein, costretta ad aspettare 50 minuti prima di poter parlare. Un comportamento che aveva irritato molti nel Pd. Nell’area riformista, ma non solo. «Non possiamo sempre prendere schiaffi», mugugnavano, ieri, in Transatlantico, anche i suoi. «Soprattutto in presenza di elezioni proporzionali, è una tattica sbagliata. Il risultato è che loro crescono e noi no».

QUESTIONE TRICOLOGICA

L’uscita di Conte è stata la classica goccia che fa traboccare il vaso. E così era intervenuto Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa: a Conte si «drizzano i capelli» davanti a un Pd bellicista? «Non mi occupo di tricologia», ma «se fossi stato presente all’iniziativa gli avrei risposto, pacatamente, che il Pd è stato ed è dalla parte della difesa della libertà e della sovranità dell’Ucraina, dalla parte del diritto internazionale. Senza esitazioni o ambiguità». E aveva attaccato il leader del M5S, Matteo Orfini: «Sembra che Conte sia più attivo nell’opposizione al Pd che in quella al governo, a noi spetta il compito di rafforzare il Pd, tanto più alla vigilia di un voto proporzionale. Poi se matura una evoluzione del M5S ben venga, ma così è faticoso». Ragionamento condiviso, off the records, da tanti. Anche Andrea Orlando criticava Conte, che «ha una memoria selettiva e non ricorda che il primo invio di armi fu votato da tutto il governo nel quale sedevano anche ministri Cinque Stelle».

Così, a metà pomeriggio, Schlein decide di correggere il tiro. «Troppo spesso», dice in Transatlantico, «leggo di litigi tra Pd e M5s, per litigare bisogna essere in due. Mai ho lanciato una polemica strumentale verso un’altra forza di opposizione». Ma «se qualcuno pensa di attaccare o insultare il Pd invece del governo, sta sbagliando strada. Non siamo disponibili ad accettare costanti mistificazioni e attacchi che mirano al bersaglio sbagliato». Non siamo disponibili. Un tono fin qui inedito per Schlein.

 

 

 

Dunque, continuerà a «lavorare ogni giorno per esaltare le questioni su cui possiamo lavorare insieme alle altre opposizioni, sanità, casa, clima, scuola». Ma c’è un limite. E, d’ora in poi, non si supera. «Non si fa politica guardando lo specchietto retrovisore, perché non si fa fare un passo avanti al Paese. Certo che abbiamo le nostre differenze, ma la situazione ci richiede la disponibilità a lavorare su battaglie comuni, davanti a un governo che sta dividendo il Paese. Come io rispondo delle mie scelte ai miei elettori, altri rispondono ai loro elettori».

Schlein ha smesso la fase Zen? «Sono Zen e anche un po’ Zan», ha detto con una battuta alla presentazione del libro del deputato Alessandro Zan. Quindi ha aggiunto: «Non ho perso la calma, ma è giusto chiarire. Continueremo a lavorare in maniera unitaria ma esigiamo rispetto. Attacchi e mistificazioni non servono a costruire l’alternativa». Quanto al sit-in lanciato dal Pd davanti alla Rai il 7 febbraio, disertato dal M5S, «forse», ha detto Schlein, «non sentono come noi il problema e l’urgenza di intervenire rispetto all’uso propagandistico che il governo sta facendo del servizio pubblico». Un cambio di passo, insomma. Forse anche suggerito dai sondaggi che danno il M5S in crescita e il Pd fermo. La svolta, in ogni caso, piace ai dirigenti del Pd di tutte le aree.

 

 

 

APPROVAZIONE

«Ha fatto bene Elly Schlein a rispondere a Giuseppe Conte. Abbandonare l’Ucraina non porta la pace, ma la resa alla sopraffazione del bellicista vero, che è Putin. E sul Medio Oriente siamo stati i primi a chiedere il cessate il fuoco», ha scritto su X Peppe Provenzano. «Ogni secondo perso in un distinguo tra le forze di opposizione non è uno sgarbo tra potenziali alleati, ma un affronto a chi vede la propria quotidianità affossata dal governo Meloni. Non capirlo è da privilegiati che giocano alla politica e per se stessi», è il commento di Marco Furfaro, tra i primi a seguire Schlein. E anche Area Riformista approva. «La nostra responsabilità non può essere scambiata per arrendevolezza. Non accetteremo caricature e mistificazioni da parte di Conte. Bene ha fatto la segretaria Elly Schlein a ribadirlo», ha commentato a sera Alessandro Alfieri.