Presunte irregolarità

Soumahoro, indagine alla Camera: nel mirino anche l'uomo del Pd

Fausto Carioti

Ora sono in due a doversi preoccupare. Uno è Aboubakar Soumahoro. Che da quasi un anno è dovuto emigrare nel gruppo misto, ossia nella terra politica di nessuno, ma il 25 settembre del 2022 era stato eletto deputato perché candidato dall’Alleanza Verdi e Sinistra, la lista di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. I guai giudiziari della cooperativa della moglie e della suocera non sono i soli che lo accompagnano: il presidente della corte d’Appello di Bologna, Oliviero Drigami, ipotizza «gravi irregolarità» sulla rendicontazione dei fondi elettorali del deputato con gli stivali, e le ha segnalate alla presidenza della Camera. Oltre alla sanzione di 40mila euro già prevista dai magistrati, Soumahoro rischia ora di decadere dalla carica di parlamentare. L’altro protagonista di questa storia è un dirigente del Partito democratico di Modena: si chiama Stefano Manicardi ed è il mandatario elettorale che il Pd ha tirato fuori dal cilindro per aiutare Soumahoro. Un incarico che risulta essere stato formalizzato solo a gennaio di quest’anno, anziché prima delle elezioni, come prescritto dalla legge.

Ambedue saranno interrogati dalla giunta delle elezioni di Montecitorio, organismo composto da trenta deputati che ha l’incarico di controllare la regolarità dei titoli degli eletti. È stata messa in moto dai magistrati bolognesi e ora vuole andare a fondo nella vicenda delle spese elettorali di Soumahoro. È la novità contenuta nella lettera che i partiti di maggioranza hanno inviato nei giorni scorsi al presidente della giunta, il piddino Federico Fornaro: «Considerato che la vicenda ha sicuramente contorni poco chiari (...), Le chiediamo di aprire una istruttoria in merito e di disporre l’audizione dell’on. Aboubakar Soumahoro e del suo mandatario elettorale sig. Stefano Manicardi e di ogni altra persona che possa ritenersi utile». A firmare la richiesta sono i quattro capi gruppo del centrodestra in giunta: Luca Sbardella di Fdi, il leghista Stefano Candiani, il forzista Pietro Pittalis e Pino Bicchielli di Noi Moderati.

 

 

 

I magistrati ipotizzano la cessazione di Soumahoro dalla carica per irregolarità amministrative, cosa mai accaduta a nessun deputato nella storia della repubblica. E la legge stabilisce che spetta alla stessa Camera dichiararlo decaduto, con una propria delibera. Per compiere questo passo, la giunta ha deciso di aspettare l’eventuale condanna definitiva di Soumahoro, ossia il terzo grado di giudizio, che conoOld A scendo i tempi della giustizia italiana è parecchio lontano. L’organismo parlamentare vuole però usare questo tempo per capire, con tutti gli strumenti che ha a disposizione, cosa è successo in questa vicenda, in cui i punti oscuri abbondano. Perché Soumahoro risulta aver nominato così in ritardo, addirittura quattro mesi dopo le elezioni, il proprio mandatario elettorale, ossia colui che, secondo la legge, ha il compito di «registrare tutte le operazioni» di raccolta fondi, «avvalendosi a tal fine di un unico conto corrente bancario ed eventualmente anche di un unico conto corrente postale»? E perché il sindacalista di origini ivoriane non ha usato nessuno di questi due strumenti, ma una semplice carta Postepay? Come si spiegano le incongruenze tra le cifre in entrata e quelle in uscita?

 

 

 

DA ABOU AD ELLY

Per fare luce su questi ed al tri aspetti, la giunta aprirà un’istruttoria e interrogherà Soumahoro e Manicardi. E questo lavoro potrà essere utile per rispondere ad un’altra domanda, che non è giudiziaria, ma politica: perché il Pd ha chiesto ad un proprio esponentedi aiutare Soumahoro? Tan to più che il deputato non è sta to eletto in un collegio uninominale in cui il centro -sinistra ha presentato candidature co muni, ma nel collegio propor zionale di Modena, quindi come rivale dei candidati piddini. Perché quell’incarico non se lo è preso un dirigente locale di Fratoianni e Bonelli? Raccontano una storia, in Emilia. Che il candidato della società civile destinato a scontrarsi (e nelle previsioni delle oligarchie dem a perdere) con Stefano Bonaccini non avrebbe dovuto essere Elly Schlein, ma Soumahoro. Non iscritto al partito, e dunque sfidante perfetto per avvalorare l’immagine di un Pd che si apre a tutto il mondo della sinistra.

Proprio per rendere possibile questa operazione, la “ditta” avrebbe deciso di aiutare il sindacalista, mettendogli a disposizione Manicardi. Un uomo d’apparato che all’ultimo congresso – guarda caso – si è schierato dalla parte di Bonaccini. Una ricostruzione che spiegherebbe quello che anonimi esponenti del Pd emiliano hanno raccontato a novembre al Fatto quotidiano: «Ci hanno imposto da Roma», ossia dal partito nazionale, «di aiutarlo». Poi lo scandalo delle cooperative gestite da Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo, moglie e suocera di Soumahoro, avrebbe costretto il Pd a cambiare piani e rimpiazzare in corsa il deputato con la numero due della giunta regionale di Bonaccini, lasciando Manicardi col cerino acceso in mano. Fossero andate così le cose, Schlein dovrebbe la sua candidatura, e quindi la sua elezione a segretaria, al modo in cui le due signore hanno gestito il business dell’immigrazione.