Amnesie
Giuseppe Conte, ecco i suoi impresentabili: cosa "scorda" il leader M5s
Tante maschere e pochi volti, direbbe Pirandello, commentandone l’ipocrisia quasi artistica. Tante maschere e pochi volti ha incontrato il Movimento Cinque Stelle, nel tragitto della sua breve vita. Prendete la “lettera aperta” diretta a Giorgia Meloni che Giuseppe Conte affida alle colonne di Repubblica. Lì, in una disamina che ripercorrerebbe «tutti i piccoli e grandi incidenti dell’esecutivo», in una missiva assai aulica, il Presidente M5S accusa la Premier di tutelare i suoi sodali a scapito dell’onore e del prestigio delle istituzioni: «(è) l’Italia di quelli che si sono sempre rimboccati le maniche ma sono stati puntualmente scavalcati da furbi e privilegiati, in una società nella quale per andare avanti dovevi soprattutto far parte del giro giusto».
Conte aggiunge che la Presidente ha a cuore gli «interessi di potenti, di colleghi di partito, di amici o parenti appartenenti a un cerchio magico». Inoltre, nella sua ammirevole foga etica, l’avvocato del popolo cita, uno ad uno, i meloniani da eliminare. Una Schindler’slist al contrario. C’è il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, rinviato a giudizio per la vicenda Cospito. «Ha utilizzato il suo ruolo» scrive l’uomo in pochette «per acquisire informazioni riservate, particolarmente sensibili per l’azione dello Stato contro mafia e terrorismo, per poi trasmetterle al suo coinquilino». C’è Daniela Santanchè, «la ministra ha preso in giro il Parlamento e i cittadini su molte circostanze contestate». C’è, ovviamente il trio Durigon-Sgarbi-Lollobrigida, finora rei- à- la carte, al centro soltanto di inchieste giornalistiche, audit interministeriali o semplici j’accuse per aver fermato un Frecciarossa causa ritardo nell’esercizio del proprio dovere.
Conte chiude con un appello: «Prenda, Meloni,finalmente decisioni chiare su questecondotte. Spetta a lei il compito di salvaguardare l’onore e il prestigio delle istituzioni. Se compirà la scelta giusta, anche la mia forza di opposizione riconoscerà la serietà di questo suo gesto di responsabilità politica». E fin qui lo sfogo ci potrebbe stare. Se fosse quello d’un comune cittadino fermamente – e magari ingenuamente - convinto che, in fondo gli eletti debbano essere eticamente superiori ai loro elettori. Comprenderei quest’impeto giustizialista anche per i 5 Stelle duri e puri della prim’ora, per i nostalgici di Mani Pulite, o per i lettori del Fatto Quotidiano.
GLI STATI GENERALI - Ma la cosa spiazzante è che qui la denuncia del «cerchio magico», di un feroce spoil system, della gogna per i parlamentari sospettati e indagati (neppure condannati); be’, tutto questo viene da Giuseppe Conte. Conte: uno, nessuno, centomila, il fu Mattia Pascal sopravvissuto a se stesso che tutti vorremmoessere.Conte, il più pirandelliano di tutti. Conte è colui il quale agli Stati Generali M5S («il primo vero congresso, da dove era uscita chiara l’indicazione: serve un organo collegiale e non un capo politico, poi si sarebbe trovato un ruolo a Conte…», rivela l’ex Dino Giarrusso) ha imposto emeriti sconosciuti come Gubitosi, Ricciardi, Turco. Pure se, democraticamente, nei voti degli iscritti prima arrivò Di Battista con 11mila preferenze, poi il Giarrusso con 8.500 e, staccato, Di Maio, con 4.500. E qui Giarrusso aggiunge: «Io, che volevo primarie interne, sono stato accusato di volere fare il presidente della Regione Sicilia e sono stato stoppato per incompatibilità di ruolo come europarlamentare. Peccato che il candidato di Conte, Floridia, abbia due ruoli, Senato e governo».
Conte, ragazzi. Conte è quello che ha fatto salire in carriera il sardo Ettore Licheri «sconfitto dappertutto» dalla presidenza della Commissione esteri alla candidatura come referente della Sardegna, facendo incazzare pure i sardi. Conte è quello che ha elevato ai cieli della politica Paola Taverna, detta “la zarina”, responsabile delle liste delle amministrative; e il Movimento 5 Stelle lì è sparito, veleggiando al 6%, in Sicilia laddove prima faceva il 40%. Tra l’altro, non ricandidabile, la Taverna pare sia ancora stipendiata come consulente del partito, assieme ad altri “fedelissimi” contiani anch’essi non ripresentabili. Ma sic transeat.
CAMBIO DI REGOLE - Conte, miodio. Conte è pure quello che inserì Giuseppe Digilio, imprenditore e politico lucano nella nuova squadra del grillino Domenico Bennardi, a Matera, con delega alle attività produttive, condannato alla restituzione di 20mila euro per lo stipendio percepito quando era consigliere di amministrazione di Ageforma, l’agenzia provinciale per l'istruzione e la formazione professionale.Conte è quello che ha cambiato le regoleinterneM5Sin corsa prima sugli avvisi di garanzia (meno male), e poi sulle sentenze di primo e secondo grado. Sennò oggi non sarebbe in Parlamento nelle fila pentastellate la pur brava Chiara Appendino, condannata in appello per i fatti di piazza San Carlo.
Conte è quello che ha negato la natura stessa delM5S piegandolo alla realpolitik; e cambiandone strutturalmente il Dna, dall’accesso ai soldi pubblici all’iscrizione nel registro dei partiti, dalla creazione di una miriade di organi statutari con cariche e prebende connesse alla caduta del divieto di alleanze con altri partiti. Conte è quello che conta. Conta sulla memoria da criceto degli italiani, soprattutto dei propri elettori troppo impegnati a stanare l’incoerenza degli altri per accorgersi delle propria. La maschera e il volto, appunto...