Operazione verità
Sciopero e trasparenza: i bilanci segreti dei sindacati italiani
I bilanci ci sono, almeno da qualche anno. Quello che manca sono numeri e informazioni aggiuntive. Perché ricostruire il fiume di denaro che entra nelle casse dei sindacati non è per niente semplice. Sul sito della Cgil, ad esempio, ci sono i prospetti contabili degli ultimi 13 anni. Ma il bilancio 2022 è piuttosto scarno: appena 65 pagine. E soprattutto si riferisce soltanto alla Confederazione e non alle sigle di categoria. Ma andiamo con ordine.
Ovviamente, stando a quanto riportato nei bilanci dei sindacati più grandi (Cgil, Cisl e Uil), la maggior parte dei fondi deriva dal tesseramento. Si tratta delle trattenute sindacali che si aggirano sull’1% (o meno, a seconda della sigla) dello stipendio mensile. Ebbene, a fronte di 5,16 milioni di iscritti, dei quali 2,5 milioni di pensionati, la Cgil dichiara di aver incassato l’anno scorso 21,73 milioni di euro. In sostanza, ogni iscritto paga in media 4,2 euro. Un po’ poco. E in effetti, come mostrato da un’inchiesta dell’Espresso di qualche anno fa, i conti non tornano.
LE QUOTE
Questo perché i numeri riportati dai sindacati si riferiscono solo alle quote trattenute dalla holding, ovvero, in questo caso, dalla Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil), mentre rimangono fuori gli incassi delle sigle di categoria, come la Fiom (metalmeccanici) o la Fp-Cgil (dipendenti pubblici), per fare qualche esempio. Si spiegano così i bassissimi contributi medi riportati a bilancio: 5,45 euro per i dipendenti e 4,17 euro per i pensionati. Cifre incompatibili con le trattenute sindacali che, come detto, si aggirano intorno all’1%. Aggiornando i calcoli fatti anni fa dall’Espresso, e considerando uno stipendio medio che, secondo l’Istat, è pari a 27mila euro annui, gli incassi per il sindacato guidato da Maurizio Landini dovrebbero attestarsi a oltre 680 milioni di euro solo per i versamenti effettuati dai 2,5 milioni di lavoratori iscritti (esclusi i pensionati dunque). Ben lontani dai ricavi totali quantificati nell’ultimo bilancio Cgil, pari a 23,22 milioni.
Stando ai numeri divulgati dal sindacato, oltre alle quote per il tesseramento, vanno considerati gli introiti da “attività accessorie”, che risultano pari a 895mila euro, gran parte dei quali (650mila euro) sono costituiti dagli incassi generati dai patronati. Ci sono infine 590mila euro di “proventi straordinari”. Per quanto riguarda le altre sigle, i conti sono simili. La Uil (2,3 milioni di iscritti, dei quali 566mila pensionati), sotto la voce “proventi di attività tipiche - tesseramento” dichiara di aver percepito, sempre nel 2022, 29,9 milioni di euro. Anche in questo caso, applicando l’aliquota dell’1% agli 1,45 milioni di lavoratori attivi, si sfonda quota 393 milioni di euro. L’anno scorso, invece, il sindacato guidato da Pierpaolo Bombardieri ha registrato ricavi per 43,6 milioni di euro, che comprendono, oltre alle tessere, anche “proventi vari” (11,88 milioni), mentre da attività accessorie e proventi finanziari derivano altri 1,8 milioni.
Passando alla Cisl (4,082 milioni di iscritti, dei quali 1,66 milioni di pensionati), le quote derivanti dalle tessere annuali sono pari a 20,36 milioni, mentre i proventi da “altre attività” si attestano a 3,73 milioni. Il bilancio 2022 del sindacato ha messo a segno ricavi per 27 milioni, chiudendo con un utile di 4,2 milioni. Sempre stimando gli incassi con l’aliquota dell’1%, i 2,42 milioni di lavoratori dovrebbero versare nelle casse Cisl ben 653,9 milioni di euro all’anno.
CAF E PATRONATI
Ma il meccanismo di finanziamento dei sindacati si basa anche sui Caf e i patronati, il cui compito è quello di assistere cittadini e pensionati nelle pratiche fiscali, attività lodevole, visto il caos normativo e regolamentare italiano, ma che ricevono ingenti fondi pubblici. Secondo un articolo del Sole 24 Ore del 2020, i Caf- che possono essere costituiti delle associazioni sindacali di categoria tra gli imprenditori o tra i lavoratori dipendenti - avevano ricevuto 237 milioni di euro di contributi per lo svolgimento delle loro attività.
Una cifra notevole ma inferiore rispetto a quanto lo Stato ha elargito ai patronati, emanazione dei sindacati. Stando ai calcoli del Sole 24 Ore - che si basa sulla legge 152 del 2001 che fissa un finanziamento pari allo 0,199% del gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate da Inps, Inail, Inpdap (dipendenti pubblici) e Ipsema (marittimi), questi ultimi due soppressi e confluti nell’Inps - gli incassi sono stimati in 420 milioni di euro. Guardando allo Stato di previsione del Ministero del Lavoro per il 2024-2026, cui spetta la vigilanza dei 23 patronati attualmente attivi, le cifre sono solo leggermente più alte. L’ultima Legge di bilancio ha infatti stanziato alla voce “Finanziamento e vigilanza degli istituti di patronato” 426 milioni e 575mila euro per il 2024 (escluse le spese per il personale, circa 467mila euro). Somme simili sono state appostate anche per i due anni successivi.