L'intervista
Davide Casaleggio dopo lo show di Grillo: "M5s cambi nome, ha perso l'identità"
Davide Casaleggio, 47 anni, figlio di Gianroberto co-fondatore del Movimento Cinquestelle, ha visto Beppe Grillo da Fabio Fazio?
«Sì. Ha parlato un’ora in televisione, quello che ha detto l’hanno sentito tutti e io non so no solito interpretare il pensiero altrui».
Pensiero poco lusinghiero nei confronti del Movimento Cinquestelle guidato da Giuseppe Conte. Non crede?
«Mi sembra che le parole verso Conte non fossero tanto elogiative, poi ognuno le può ascoltare come ritiene. E chi vuol capire, capisce».
Tanti però lo stanno criticando, dicono che Grillo è un comico che non fa più ridere. Come sono oggi i rapporti tra voi?
«Ci sentiamo occasionalmente, da quando la Casaleggio Associati non è più legata al Movimento, qualcosa per forza di cose è cambiato».
Cosa pensa dell’attacco all’avvocato Giulia Bongiorno, legale della ragazza abusata, secondo l’accusa, da Ciro Grillo e dai suoi amici?
«È una vicenda molto delicata nella quale preferisco non entrare».
Veniamo ai Cinquestelle.
«Leggo i giornali e vedo i traguardi che non stanno più raggiungendo: in alcuni regioni l’1,8% rispetto all’11 che aveva prima quando lo seguivo direttamente, in pratica percentuali diviso dieci rispetto al passato e questo per me è un dispiacere, non lo nego».
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Si riferisce al crollo M5S alle ultime Amministrative. A cosa imputa questo flop?
«La colpa è di una gestione che, a mio avviso, non c’entra più niente con quella che avevamo pensato all’inizio, non è più il Movimento che aveva fondato mio padre basato sulla democrazia dal basso. Oggi il Movimento ha i piedi d’argilla, basti vedere come si è fatto eleggere Conte».
Come?
«Si è fatto votare come monocandidato. Una cosa che nessun partito ha mai fatto in Italia, ma neanche in Europa, quella di avere un unico candidato alla leadership. Significa che non c’è più partecipazione dal basso e il dramma è che si sta ripetendo. Ogni volta che per una regione si cala un nome dall’alto, buono o cattivo che sia, si sta dicendo che gli iscritti non devono più partecipare, non hanno voce».
Per le Regionali in Sardegna i Cinquestelle hanno incassato il via libera del Pd ad Alessandra Todde. Mentre in Piemonte la partita è aperta nel cosiddetto campo largo perché pare che la grillina Chiara Appendino non sia per candidare alla presidenza la dem Gribaudo...
«In realtà è un campo molto ristretto perché ormai sono poche persone che decidono chi deve essere candidato. Una volta erano migliaia le persone a decidere, oggi sono tre o quattro. Fra l’altro, nel caso Sardegna non si capisce il perché di queste scelte perché alle elezioni hanno sempre perso».
Sembra quasi che lo dica con compiacimento.
«No, è il contrario, mi dispiace molto. Ma constato che prima c’era la democrazia dal basso, che significa partecipazione. Adesso no e infatti lo si vede dai risultati. E a me la cosa che dispiace di più è l’astensione. Uno dei motivi per cui è nato il Movimento Cinquestelle era quello di portare la gente a votare e, soprattutto, di riportare a votare chi aveva disertato le urne. E invece...».
Alle Politiche del 2022 il Movimento ha perso 6 milioni di voti.
«Esatto. Sei milioni di voti che non sono proprio arrivati alle urne, gente delusa, disgustata come me».
Ha votato alle Politiche?
«No».
Però, il primo M5S ha portato in Parlamento chiunque, anche chi non aveva le competenze. Lo slogan dell’uno vale uno si è rivelato un boomerang. E poi le piattaforme del M5S erano controllate dall’alto. La democrazia era un’illusione?
«Non sono d’accordo. Io non conoscevo gli iscritti, né conoscevano Beppe, nessun amico d’infanzia, nessun nepotismo. Tutte le persone elette sono state veramente elette dal basso. Alle ultime Europee abbiamo avuto 5mila persone candidate e oltre 100mila persone che hanno deciso chi tra quelle 5mila si poteva candidare. Cittadini davvero scelti da altri cittadini. Ora questo non succede più».
È vero, come ha detto Grillo, che Luigi Di Maio ha pugnalato il Movimento?
«Ci sono state tante persone che hanno abbandonato il pensiero originale del Movimento soprattutto a causa della paura. La paura umana di sapere se ci fosse stata vita dopo il secondo mandato e non sto parlando solo di Luigi che ha tentato con un altro partito.
Ma anche la paura del fatto che la passione potesse venire meno nel sostenere gli impegni economici e gli impegni di assunzione all’interno del Movimento».
Sui soldi c’è stata una giravolta grillina: dal no ai fondi pubblici al sì al 2 per mille. Come se lo spiega?
«Il problema è che il 2 per mille non è una scelta dal basso perché è completamente diverso dal 5 per mille. Nel 2 per mille se io metto una crocetta, in realtà do i miei soldi, ma anche quelli delle persone che le crocette non le hanno messe, a differenza del 5 per mille. In Italia questa percentuale è altissima e infatti spesso non se ne parla perché non conviene farlo. Ma il 97% degli italiani non mette la crocetta per dare soldi ai partiti, cosa che è perfettamente in linea con il referendum che si è tenuto negli anni ’90. Quindi gli italiani non vogliono che questa cosa succeda. Noi con il M5S abbiamo dimostrato che si poteva andare al governo con il 32% anche senza soldi pubblici, oggi invece ci si sta ripiegando verso il finanziamento pubblico come ultima spiaggia perché non ci sono più volontari che appendono i volantini o vanno in giro o gestiscono le attività. Adesso sono tutti assunti. Bernie Sanders diceva: Revolution will not be staffed, la rivoluzione non può essere fatta da dipendenti».
È vero che è sempre in buoni rapporti con Alessandro Di Battista, un altro dei big M5S che ha lasciato?
«Certo, ci sentiamo spesso».
Nascerà qualcosa con lui? Lei, Casaleggio, scenderà in politica?
«Io mi sono sempre concentrato sulla creazione di piattaforme di partecipazione digitale. E tutte le volte che mi è stato offerto un posto, da consigliere a parlamentare a ministro, ho sempre rifiutato perché non volevo alcun conflitto d’interesse e non volevo fare come altre persone che hanno accomodato lo Statuto M5S a loro immagine pur di avere ruoli».
Ma?
«Ma vedremo cosa succederà in futuro. Oggi sono impegnato nella piattaforma Camelot (Camelot.vote che Casaleggio gestisce con la moglie Enrica Sabatini, mamma dei loro due gemellini, ndr) che si occupa di partecipazione in diversi ambiti, anche al di fuori della politica».
Movimento Cinquestelle è ancora un nome valido?
«Per i valori con cui l’avevamo costruito noi, sicuramente no. Oggi è un Movimento che si basa su piedi d’argilla, non ha più fondamenta, così non va da nessuna parte e avrebbe anche senso dargli un’identità».
La politica estera è un nervo scoperto dei grillini. Sono pacifisti o “pacifinti”?
«Guardi, io penso che per essere pacifisti bisogna votare per non mandare le armi in un territorio di guerra, cosa che non è successa. Quindi quando parliamo di credibilità, o di portare avanti delle battaglie, penso anche, e soprattutto, alla politica estera. Oggi i Cinquestelle dovrebbero darsi un’identità nuova e dare un nome nuovo a questa creatura».