La ricostruzione
Giorgia Meloni, tutta la verità sulla telefonata con il finto africano
Altro che scherzo. Altro che comici. La questione è seria e merita di essere trattata come tale. Il 18 settembre, poco prima di andare a New York per l’Assemblea Generale dell’Onu, la Meloni parla al telefono con il presidente della Commissione dell’Unione africana. O meglio, crede di parlare con lui. Perché in realtà la conversazione è con un impostore che si spaccia per il leader africano. A organizzare lo scherzo, pare, sarebbero stati due comici russi. Una burla ben riuscita, quindi? Uno scherzo mediatico? Diciamo la verità, è difficile credere che le cose siano andate così. Arrivare a parlare al telefono con il presidente del Consiglio, facendogli credere che si tratta di una comunicazione ufficiale, non è semplice. Bisogna conoscere l’agenda del premier, sapere come funziona il protocollo, “bucare” le misure di sicurezza di Palazzo Chigi. Insomma, non è una cosa alla portata di tutti. Il sospetto è che dietro ci sia qualcosa di più, che ci possa essere direttamente la Russia con i suoi servizi segreti.
Alla “goliardata”, d’altra parte, non sembrano credere nemmeno le persone più vicine a Giorgia. «La propaganda russa è disperata per il catastrofico andamento della loro cosiddetta “operazione speciale” che si è tramutata in una continua sconfitta dell’esercito», ha osservato il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Che poi ha aggiunto: «La Meloni non cade nella trappola dei propagandisti russi e conferma la linea italiana di sostegno all’Ucraina e di rispetto del diritto internazionale».
I DUBBI
La conferma che qualcosa non ha funzionato ieri è arrivata direttamente dal governo. «L’Ufficio del Consigliere diplomatico del presidente del Consiglio dei ministri», spiegava una nota, «si rammarica per essere stato tratto in inganno da un impostore che si è spacciato per il presidente della Commissione dell’Unione africana e che è stato messo in contatto telefonico con il presidente Meloni». E ancora: l’episodio «è avvenuto il giorno 18 settembre nel contesto dell’intenso impegno sviluppato in quelle ore dal presidente Meloni per rafforzare i rapporti con i leader africani con i quali ha avuto importanti incontri a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu tra il 19 e il 21 settembre». Insomma, l’incidente c’è stato. Ma i dubbi su quella telefonata non sono di ieri. Anzi, già durante la conversazione la Meloni pare poco convinta.
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Nella discussione, va detto, non c’è niente di eclatante. Ma le domande dell’interlocutore non sembrano quelle di un leader africano preoccupato per la sua terra. A un certo punto, infatti, la persona con cui stava parlando il premier devia la discussione sulla presenza di ultra-nazionalisti in Ucraina. Secca la replica della Meloni: «No, non sono d’accordo. Io penso che il nazionalismo sia un problema che ha Putin». E dopo viene buttato lì pure il nome di Stepan Bandera, controverso eroe dell’estrema destra ucraina. Anche qui la risposta è chiara: «Non lo conosco. Penso che gli ucraini stiano facendo quello che devono fare e quello che è giusto fare e noi stiamo cercando di aiutarli». Due bucce di banana che potevano incrinare i rapporti tra l’Italia e l’Ucraina o magari a far passare la Meloni per fascista. Ma lei non c’è cascata. Poi, ieri, si è sfogata coi suoi: «Se l’ufficio diplomatico organizza una telefonata che mi passa il centralino di Chigi io devo darla per buona. Anche se al tempo avevo detto che secondo me qualcosa non funzionava perché i toni del mio interlocutore non erano consoni». «Nel merito», ha aggiunto, «ho ribadito la posizione che tutti conoscono: siamo con l’Ucraina, siamo consapevoli che l’opinione pubblica è provata dalle conseguenze del conflitto, cerchiamo una pace giusta. Sul resto bisognerà andare a fondo su come sia potuto accadere. Come si sa non sono stata la prima e forse non sarò l’ultima, ma non deve accadere di nuovo e non accadrà».
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LE “IENE”
La storia di Vovan e Lexus, al secolo Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov, inizia nel 2011. «E da allora ci dicono che siamo legati al Kgb», hanno spiegato i due alle agenzie italiane, «ma che interesse potrebbe avere il Cremlino a fare degli scherzi? Siamo solo due ragazzi che hanno trovato un sistema per arrivare a queste persone importanti». In realtà, come denunciato da un’inchiesta del magazine americano The Atlantic, i contatti con il Cremlino sono lampanti. I loro programmi sono andati in onda per anni su canali televisivi controllati dal governo. E arrivare di fronte a quelle telecamere senza appoggi politici a Mosca è praticamente impossibile. Insomma, fanno un po’ le “Iene”, ma in salsa putiniana...
Sempre all’Atlantic Vovan e Lexus avevano confermato di frequentare politici della Duma e di non sentirsi politicamente lontani dallo Zar. D’altronde i loro obiettivi sono sempre nemici del regime. Tanto per fare un esempio, si sono vantati di aver spiato per anni l’account Skype di Boris Berezovsky, oppositore del presidente russo. Ed è più facile capire, a questo punto, come abbiano fatto i due signori a procurarsi i numeri diretti e le informazioni necessarie per “agganciare” alcuni dei più importanti leader del pianeta. In effetti la loro carriera al telefono è iniziata con semplici star. Tra queste, Elton John, il principe Harry e J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, contattati rispettivamente da finti Vladimir Putin, Greta Thunberg e Volodymyr Zelensky. Sempre con la falsa voce di Greta era iniziata la corsa ai politici. A farne le spese è stato Justin Trudeau, presidente del Canada.
Tra i grandi, Vovan e Lexus avevano colpito anche Christine Lagarde, Angela Merkel, Recep Tayyip Erdogan. Oltre all’italiano David Sassoli, ex presidente del Parlamento europeo morto nel 2022. Tra i politici americani le vittime più note sono Henry Kissinger, Jerome Powell e il senatore John McCain, che aveva confessato che quelli con Trump erano stati gli anni più duri della sua carriera politica. Il tutto con un filo conduttore comune: carpire informazioni sulle sanzioni che strozzano la Russia e ridicolizzare l’interlocutore. Un’operazione che questa volta sembra fallita. Lo hanno detto anche i due “comici”: «Giorgia Meloni ci ha sorpreso. Perché nella maggior parte degli scherzi che abbiamo fatto a dei leader politici, loro ci hanno sempre risposto come se leggessero dei comunicati. Invece lei ci è sembrata avere le proprie idee».