Come la mettiamo?
Soumahoro, quelli che a sinistra lo difendevano e accusavano noi
Il sospetto già c'era: la storia del "diritto all'eleganza" non pareva una linea difensiva solidissima per giustificare le spese della signora Liliane Murekatete, meglio nota agli appassionati di cronache giudiziarie come lady Soumahoro.
E così sono arrivate anche le manette a rendere ancor più imbarazzante la saga del parlamentare italo-ivoriano. I paladini dei migranti accusati di sfruttare i migranti. Vicenda incredibile, tanto che i soliti noti della sinistra non ci hanno proprio voluto credere e hanno accusato la stampa di destra di aver montato tutto ad arte. Roberto Saviano parlava di «lapidazione preventiva». Concita De Gregorio paragonava la Soumahoro a Chiara Ferragni per il suo gusto nel vestire, Rula Jebreal sentenziava «linciano lui per attaccare il movimento migrante». Laura Boldrini spiegava che le borsette di Louis Vuitton «potrebbero anche essere false». Per non parlare dei commentatori di Huffington Poste Unità, che chiedevano le scuse di chi, come Libero, ha raccontato tutta la vicenda.
Ora, riguardo alle indagini in corso non c’è dubbio su quale sia la linea da tenere: il garantismo vale anche per la famiglia dell’onorevole immigrato, innocente fino a prova contraria. Ma se la verità giudiziaria resta da appurare, quella politica è già scritta: una delle più grandi figure di melma della recente storia repubblicana. D’altra parte Soumahoro non ha mai negato le condizioni indecenti dei centri profughi di famiglia, ma ha cercato una avvilente presa di distanze da moglie e suocera, delle quali ha detto di non conoscere le attività (possibile non avesse mai visitato quelle strutture, considerando il lavoro che fa? Per non parlare della miseria umana: «Mia moglie? E chi la conosce quella», a proposito di diritto all’eleganza...).
Poi ci sono le raccolte fondi misteriose, ad esempio quelle per i bimbi migranti in centri dove di bimbi non ce n’erano. I rendiconti ballerini, con spese mai fino in fondo giustificate. I figuranti che dicevano di esser stati pagati per manifestare con lui di fronte alle favelas dei braccianti. Il giallo del libro: ha dichiarato di aver comprato casa grazie ai diritti d’autore, ma i conti non tornano minimamente rispetto alle spese effettuate in quello stesso periodo. La lista è sterminata, non vale la pena insistere. Si potrebbe dire che è una questione di eleganza, appunto, che in alcuni casi sarà anche un diritto, ma in altri è un dovere. Un dovere che nel caso di Soumahoro sarebbe giusto legare a una parola: dimissioni.