L'intervista

Ettore Rosato contro Renzi: "La rottura con Calenda? Un tradimento"

Hoara Borselli

Ettore Rosato, classe 1968 (potremmo dire un “sessantottino”...) di origine democristiano di ferro. Prima nella Margherita, poi nel Pd, quindi segue Renzi passo passo. Lo segue anche nella scissione di Italia Viva. Poi succede qualcosa. E annuncia l’addio.

Perché ha lasciato Italia Viva? È stata una decisione maturata nel tempo o una decisione improvvisa....?
«Io non parlerò mai male di Matteo Renzi perché non ho nulla di male da dire».

Non le ho chiesto di parlar male di Renzi. Semplicemente le ho chiesto perché se ne è andato da Italia Viva.
«Iv è il partito di Matteo Renzi. La linea del partito è cambiata. Non è più quella che abbiamo concordato con due milioni di elettori: costruire un partito unico che desse la speranza di rompere il bipolarismo».

Che vuol dire un partito unico? Si riferisce all’accordo con Calenda?
«Esattamente. Una volta saltato questo accordo, e Matteo conosce bene le sue responsabilità, ho fatto un’altra scelta».

La spaccatura con Calenda è colpa di Renzi?
«Le responsabilità sono condivise, ma io mi aspettavo da Matteo, perché Iv era il mio partito, che tenesse il punto».

Come vi siete lasciati?
«Non sono serviti grandi discorsi da parte di nessuno anche perché le cause del dissenso a Renzi erano note e non riguardano solo il passato ma anche la prospettiva futura».

Secondo lei in Italia, con questo sistema politico, c’è lo spazio per il centro?
«C’è uno spazio che è molto più ampio di ciò che dicono i sondaggi. Un centro che parli a quell’elettorato che oggi si sente orfano. In questo spazio di centro ci vedo Forza Italia e quel pezzo riformista del Pd che oggi nel Pd non trova più casa».

Cosa vuole fare ora?
«Resterò nel Terzo polo, non farò cose solitarie ma nelle prossime giornate daremo conto di un’operazione politica e culturale che dia spazio a quelli che non si arrendono all’idea della parcellizzazione dei moderati».

Quindi entrerà in Azione?
«No. Resterò nel Terzo Polo, non entrerò in Azione ma lavorerò con Calenda e la Bonetti».

C’è all’orizzonte una idea di entrare in Forza Italia?
«Forza Italia è un partito di maggioranza. Apprezzo il lavoro che sta facendo Tajani all’interno del Ppe, ma io sono all’opposizione».

Ci parli di questo suo progetto politico.
«Ci vogliono riforme vere in molti campi, sulla linea di quelle impostate da Draghi nel Pnrr. E poi lavorare sulle priorità, dalla sanità all’impoverimento dei redditi degli italiani. C’è bisogno di una politica di contrasto all’inflazione che aumenti i salari, quelli bassi».

Salario minimo?
«Chiamiamolo come vogliamo ma il salario povero va combattuto. Dove non arriva la contrattazione arriva la legge. L’ha detto la Corte Costituzionale».

I 9 euro?
«Non facciamo la corsa fra i partiti a chi stabilisce l’importo. Ma facciamo la corsa nel dire che dobbiamo garantire un salario dignitoso».

Scusi ma perché se vi sta così a cuore questo problema, non lo avete affrontato negli anni scorsi quando la sinistra governava?
«Io non imputo i bassi salari alla Meloni, anzi penso che lei abbia fatto molto bene ad attivare un tavolo delle opposizioni facendosi carico di un problema. L’ultimo intervento serio fatto nel mercato del lavoro è stato il Jobs Act, fatto appunto da noi, dopo abbiamo visto solo derive al ribasso sfociate nel reddito di cittadinanza».

È preso di mira: i renziani non l’hanno presa bene. Arrivano insulti...
«Ho ricevuto centinaia di messaggi da dirigenti e iscritti di Iv con cui ho lavorato carichi di rammarico e amicizia. Sui social c’è un tifo organizzato».

Un tifo che ha un mandante?
«Un tifo organizzato».

Come è democristiano Rosato nelle sue risposte.
«Molto!».

Su, osi un po’ di più.
«Quando dico tifo organizzato penso di aver detto tutto. Non serve aggiungere altro».

Ha detto di immaginare un centro con Zaia, Fedriga e Guerini.
«Sì. Siamo nella fantapolitica, però ogni tanto ce lo possiamo permettere. Io apprezzo il pragmatismo, la misura nelle parole. Non ho votato Fedriga, ma gli riconosco moderazione, capacità di governo ed equilibrio e penso che in questo Paese piuttosto che alternare chi propone il blocco navale e chi propone di aprire le frontiere a tutti, ci vorrebbe per esempio chi governa i fenomeni dell’immigrazione con intelligenza».

Il governo punta sui flussi regolari e accordi con i paesi alla partenza.
«Lo faceva Minniti. Non ha inventato nulla Meloni».

Però Minniti sbaglio o ha portato risultati?
«Assolutamente sì. E la destra lo attaccava comunque».

Dopo Minniti sbaglio o è arrivata la sinistra che ha spalancato i porti senza alcuna regola?
«I flussi migratori erano più bassi di oggi. Sono cicli».

I decreti Salvini come li ha ritenuti?
«Inefficaci perché hanno aumentato la conflittualità con i nostri partner europei e non hanno fermato le partenze».

I numeri degli sbarchi dicono altro.
«I flussi sono calati con Salvini per situazioni geopolitiche non per i decreti. Come adesso che sono aumentati mica per colpa del governo Meloni».

Il Piano Mattei?
«Il Piano Mattei è un bel titolo. Una scatola e non sappiamo cosa c’è dentro».

Riconosce che c’è un’Italia che sta contando di più in Europa con questo governo?
«Quello che contava più di tutti era Mario Draghi. Ha rappresentato l’apice della riconoscibilità nel nostro Paese. Non ho un giudizio negativo sul lavoro istituzionale che sta facendo Meloni in Europa. Le sconsiglio vivamente di legarsi a filo doppio con chi in Europa conta poco. Da Le Pen a Orban. Le suggerirei di rompere l’asse franco-tedesco e di trasformarlo in un asse Italia-Francia-Germania».

Ma oggi abbiamo la Germania che finanzia Ong per mandarci migranti e la Francia non sembra che ci stia dando una mano.
«Gli emigrati in Germania e Francia sono più numerosi che in Italia. Dicono “prima i francesi” e “prima i tedeschi”, come da noi. Non trasformiamo un tema come quello dell’immigrazione nell’elemento che frena l’alleanza strategica con due grandi Paesi».